Cerca

logo
REVIEWSLE RECENSIONI
20/06/2025
Nicolò Carnesi
Ananke
Nicolò Carnesi è uno dei segreti meglio custoditi del cantautorato italiano. Per chi ama l'immediatezza pop ma ritiene irrinunciabile sia abbinata ad un linguaggio mai superficiale, il nuovo Ananke potrebbe rivelarsi una meravigliosa sorpresa.

Per quale motivo Nicolò Carnesi non sia annoverato tra i migliori cantautori italiani degli ultimi quindici anni, è un interrogativo facilmente spiegabile col fatto che la sua immediatezza Pop non ha mai coinciso con una superficialità di linguaggio; un peccato imperdonabile, tanto più ora che regnano gli algoritmi e che agli artisti è richiesto di trasformarsi in social media manager, piuttosto che di fare il mestiere per cui dovrebbero essere pagati.

E quindi, un po’ per questo, un po’ per quei meccanismi casuali che sempre giocano un ruolo importante quando si parla di popolarità raggiunta, Nicolò Carnesi rimane tuttora un segreto molto ben custodito, nonostante una carriera ultradecennale e capolavori come Gli eroi non escono il sabato, Ho una galassia nell’armadio e Bellissima noia (ma potremmo anche citarli tutti, non farebbe differenza).

 

Negli ultimi anni sembrava essersi un po’ perso: il Covid aveva tagliato le gambe a Ho bisogno di dirti domani, uscito giusto pochi mesi prima dello scoppio della pandemia, un disco bellissimo che avrebbe però avuto bisogno di essere spinto a dovere.

Il ritorno alla normalità lo ha trovato, prima di scrivere canzoni nuove, nel rileggere quelle del suo primo album, chiamando a raccolta vecchi amici come una bella occasione per fare festa.

Lo scorso anno c’è stato il tour con Colapesce e Dimartino, con cui è amico da sempre, oltre a condividere le origini siciliane: ha suonato la chitarra e ha fatto i cori in una band stellare che includeva anche Adele Altro, Angelo Trabace, Enrico Gabrielli e Giordano Colombo, dando il suo prezioso contributo per farla suonare ancora meglio di come avrebbe fatto senza di lui.

Adesso, finalmente, è venuto il momento di tornare a pubblicare musica: Ananke è il frutto di lunghe sessioni notturne in solitaria, in cui ha improvvisato con chitarra e Synth, annotando di volta in volta le cose interessanti che venivano fuori. E poi c’è la mitologia greca: un amore già coltivato in precedenza (basti pensare ad una canzone come “Penelope spara!” scritta assieme a Dimartino) e approfondito durante la frequentazione dell’università (filosofia) durante il periodo di inattività forzata.

 

Ananke (che è il nome del principio divino con cui i Greci identificano il Fato, la Necessità) si presenta dunque come un concept album a tema mitologico: non tanto perché racconta un’unica storia, quanto perché si muove lungo la suggestione che le principali divinità olimpiche esercitano tuttora sul nostro presente. Dalla tecnica che migliora la qualità della vita ma è anche foriera di distruzione (“Prometeo”) all’arte che sfida la morte col proprio desiderio di eternità (“Orfeo”), passando per l’egoriferimento malato di questi nostri tempi (“Narciso”), alla nostalgia di un amore puro che possa identificarsi col divino (“Amore e Psiche”).

Il tutto raccontato con un linguaggio nuovo, diverso dalla solita forma canzone su cui si muovevano i dischi precedenti. Il modello, generalizzando, è un po’ quello del battistiano Anima latina: i brani legati insieme come in un’unica suite, pochissimi ritornelli, tante parti strumentali, un senso generale di continuo mutamento ed evoluzione.

Utilizzeremmo l’espressione “Progressive”, se non temessimo di esagerare o, peggio, di provocare rifiuti pregiudiziali in chi a quest’etichetta ha sempre associato l’orrore musicale senza fine; vero però che, stringi stringi, ci si muove su quei binari fatti propri a suo tempo da Andrea Laszlo De Simone, Iosonouncane, Giorgio Poi e anche lo stesso Carnesi, che in alcuni episodi di Bellissima noia aveva dimostrato quanto gli piacessero le forme dilatate.

 

Bordoni di Synth, chitarre, cambi di tempo e di atmosfere come negli otto minuti iniziali di “Prometeo”, vero e proprio manifesto di un lavoro che occorre meditare appieno prima di inquadrare con facili giudizi. La giusta dose di elettronica, campionamenti (c’è addirittura il verso di una balena aggiustato con l’autotune) e melodie vocali che, seppure annegate in un mare di suggestioni strumentali, sanno ancora andare dritte al cuore di chi cerca la massima sintesi tra profondità e fruibilità (in questo senso, la scelta di fare uscire “Orfeo” come singolo si è rivelata pienamente azzeccata).

La seconda parte vive quasi tutta di suggestioni strumentali, come se il filo descrittivo portato avanti da Nicolò si sfaldasse a poco a poco, rinunciando alla verbalizzazione e vivendo soprattutto di schizzi e appunti visivi. Del resto basterebbe l’ascolto della sola “Amore e Psiche” per farci capire come l’artista palermitano abbia davvero ritrovato il gusto di fare musica, libero da qualunque struttura e influenza.

Nicolò Carnesi è tornato e l’ha fatto nel modo migliore possibile. Speriamo solo che se ne accorga più gente rispetto all’ultima volta.