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REVIEWSLE RECENSIONI
12/09/2025
Ganser
Animal Hospital
La vita è piena di contraddizioni e i Ganser confermano di avere idee molto chiare sul modo più efficace di esorcizzarle.

I Ganser sono di Chicago e praticano un raffinato e scomodo art-punk, risultato di una formula in perfetto equilibrio tra credibile sperimentazione e ispirata poesia. Graffianti al punto giusto e mai sopra le righe, il loro sound sa spingersi sempre al limite, un passo prima di risultare artificiosamente e inutilmente disturbante. Le loro canzoni, un compendio di pulsazioni serrate, distorsioni generose e melodie tentacolari, sono autenticamente trasgressive e trascinanti. Per farla breve, tra le band statunitensi underground contemporanee (e poco seguite, almeno da queste parti), si distinguono per la classe con cui suonano un genere in cui il rischio di apparire già sentiti, derivativi e superflui è dietro l’angolo.

Come se non bastasse, il trio composto da Alicia Gaines (basso e voce), Brian Cundiff (chitarra) e Sophie Sputnik (chitarra e voce) - giunto al terzo album - si trova in un magico stato di maturità e perfezione compositiva. Il rigore dei canoni imposti dal noise rock di cui i precedenti lavori Odd Talk (2018) e il sorprendente Just Look At The Sky (2020) erano saturi, oggi lascia il posto a una disinvolta varietà di interpretazioni dello stile alternative che la band professa con autorevolezza.

 

Animal Hospital, il nuovo disco prodotto da Angus Andrew dei Liars lungo i primi mesi del 2025, è un album fresco e di urgente immediatezza. Nelle dodici tracce di cui è composto ci sono alcuni aspetti che colpiscono per la convincente originalità. Le parti di chitarra, per iniziare. Tra riff portanti e ricami sottopelle, l’apporto di Brian Cundiff è una presenza costante nelle trame compositive dei Ganser. È protagonista multiforme nei brani più tirati, come la potente opener “Black Sand” o la cupissima e rumorosa “Ten Miles Tall” e crudele evocatore di reminiscenze grunge e stoner in “Half Plastic”, spinte poco dopo al massimo nella strepitosa “Creature Habits”, nel punk-funk di “Lounger” e nel vortice caotico e senza ritorno di “Plato”.

Ci sono poi tracce di rottura con il resto dell’album, una sorta di eccezione a conferma della regola, nelle quali la band, muovendo i registri del proprio stile, offre il meglio di tutte le sfaccettature con cui sa dimostrarsi abile nel rendere in musica un talento artistico non comune. “Dig Until I Reach The Moon” non sfigurerebbe come ghost track di Kid A, “Grounding Exercise” riporta in auge il trip-hop più feroce degli Archive, allo stesso modo in cui “Speaking Of The Future”, bisticciando con il titolo, rimanda ad atmosfere retrò. Non sono da meno “Stripe”, riesumata da una demo degli albori della band, e l’altrettanto accomodante “Discount Diamonds”. “Left To Chance”, il brano dei saluti finali, è una sintesi di quanto ascoltato fino a quel punto e risolve in un folle climax tutte le tensioni accumulate nel corso del disco.

 

Non passa inosservata, infine, la sublime sfrontatezza delle due cantanti. Alicia Gaines e Sophie Sputnik si alternano con decisione dietro al microfono e alla guida dei brani. È proprio grazie alle loro personalità, disegnate su misura per i pezzi, che l’intero album gronda di potenza. I testi, un cinico quadro dell’umanità contemporanea tracciato tra volti e maschere difficilmente distinguibili nella folla postmoderna, conducono alla riuscita del disco, prestandosi ai colpi di scena, ai contrasti e alle vertiginose dinamiche che non danno tregua all’ascoltatore.

I Ganser dimostrano di essere pienamente all’altezza degli artisti con cui hanno condiviso il palco durante i tour degli ultimi mesi, come Idles, Amyl & The Sniffers, Bikini Kill e Viagra Boys. Esperienze che, messe a frutto in studio, hanno sicuramente contribuito alla realizzazione di un album così inquietante da risultare straordinario, al momento l’opera più riuscita di una band convintamente viscerale.