“Immagino che chi avesse ascoltato il mio ultimo album dopo avere già avuto dimestichezza con i primi due, si sia trovato parecchio spiazzato” afferma Anna divertita durante uno dei suoi primi interventi parlati all’interno del concerto. Potrebbe infatti apparire strano, continua, sentirla cantare in maniera così convinta ed entusiasta le gioie del rapporto di coppia, quando nelle sue prime uscite non aveva fatto altro che difendere la sua scelta di rimanere single. Niente di contraddittorio però, conclude tra le risate del pubblico: non è che in passato non fosse contenta, ma quando si incontra la persona giusta è normale che tutto cambi.
In effetti You & i are Earth, terzo lavoro dell’artista originaria di Londra, ha rappresentato un bel salto, rispetto alle sue uscite precedenti (ne avevamo parlato già in sede di recensione): il trasferimento in Irlanda, quattro anni fa, e l’incontro con quello che è il suo attuale compagno di vita, hanno contribuito non poco a modificare la sua percezione del mondo. Innamoratasi di un paese nuovo che è stato per lei fonte di numerose scoperte, felice ed appagata dal punto di vista affettivo, ha scritto canzoni più aperte, solari e anche più lineari nella struttura, lontane dalla cupa introspezione che caratterizzava parecchio del materiale del precedente in//FLUX.
Quella milanese è l’ultima data di questo tour europeo ed è bello vedere l’Arci Bellezza quasi pieno, segno che si tratta di un nome che sembra ormai avere attecchito anche dalle nostre parti (del resto, già il tour passato aveva fatto tappa all’Estragon di Bologna).
Rispetto al set in apertura a St. Vincent dello scorso inverno, quando si era presentata da sola, qui c’è una band a supportarla: Peter Darlington (basso), Genevieve Dawson (tastiere e chitarra) e Joe Taylor (batteria), non sono solamente ottimi musicisti ma anche grandi amici, lo si capisce dalle parole affettuose che Anna ha per loro tra una canzone e l’altra, da come si dice triste di doversene separare momentaneamente adesso che il tour è finito, dall’abbraccio intenso che si regalano a fine concerto.
Un’intesa che impatta direttamente su come le canzoni vengono presentate dal vivo, e lo si vede sin dalle battute iniziali: la vecchia “Corncrackers” viene impreziosita da affascinanti armonizzazioni vocali e da una seconda parte progressivamente accelerata, grazie ad un gran lavoro della sezione ritmica.
È interessante notare come l’apporto dei musicisti si muova sostanzialmente in due direzioni: da una parte c’è il minimalismo di una batteria appena accennata, o di Genevieve Dawson che ora arricchisce coi suoi fraseggi la chitarra ritmica di Anna, ora preferisce utilizzare la tastiera, sempre con parti discrete, a totale servizio del brano; dall’altra, c’è l’interazione del gruppo al completo, che stravolge l’intenzione iniziale dei pezzi e dona loro nuove sfumature e chiavi di lettura: è il caso soprattutto di “Pavlov’s Dog”, che assume un’andatura quasi Jazz, grazie al drumming fantasioso di Taylor, oppure di “A Common Tern”, che trasforma l’originale mood a la Joni Mitchell in una danza solare e ricca di groove. O ancora, in//FLUX, se pure non dissimile dalla versione in studio, diventa ancora più esplosiva grazie all’interazione tra beat e batteria analogica.
Per quanto riguarda il resto del repertorio, sono soprattutto gli episodi del nuovo disco a godere maggiormente dell’essenzialità acustica degli arrangiamenti, e sono anche quelli dove l’intensità e la precisione della prova vocale di Anna (al limite della perfezione, direi) ha modo di dispiegarsi in pieno: “Talk to Me” (che lei stessa ha introdotto definendola ideale ponte tra il vecchio e il nuovo materiale), “You & i are Earth”, “Lighthouse”, “Mo cheol Thú” (preceduta dall’ormai famoso racconto di come abbia scoperto che in gaelico “Ti amo” suona più o meno come “Tu sei la mia musica” e, affascinata, abbia deciso di scriverci sopra una canzone) sono esecuzioni dense di fulgida bellezza, con la voce ad un’intensità sconvolgente che viaggia leggera sui preziosi ricami della chitarra e degli altri strumenti.
Finale dedicato a “The Orange”, da in//FLUX, descritta più o meno come “la prima canzone del mio repertorio a non essere del tutto negativa”, un brano dedicato agli affetti, siano essi quelli degli amici, dei famigliari, del proprio partner; versione scarna, essenziale, ovviamente bellissima, accolta da un silenzio denso di concentrazione e commozione.
Che Anna B Savage fosse una delle voci e delle penne più brillanti uscite dal calderone musicale indipendente negli ultimi anni, personalmente non avevo dubbi già dopo A Common Turn. Averla vista per la prima volta dal vivo in una situazione adeguata, non ha fatto altro che rendere ancora più granitica questa condizione.