Ridendo e scherzando, ho realizzato che non vedo Any Other dal vivo dal 2019. E considerato che si trattava di una sorta di performance in studio per realizzare dei video in collaborazione con Spotify (e di non ricordo quale marca di automobile) direi che per trovare un loro concerto con me presente in sala bisogna andare all'anno precedente. Il motivo di questa latitanza, per me che tendo a seguire con regolarità gli artisti che mi piacciono, è abbastanza inspiegabile; tanto più che ho sempre scritto dei lavori che Adele Altro ha fatto uscire nel frattempo, fosse col monicker della sua band o frutto di altri progetti più o meno estemporanei.
A questo punto sarebbe stato per me impensabile non approfittare di questo ultimo giro di live che la cantautrice originaria di Verona ha deciso di concedersi prima di prendersi una pausa, e che fanno da logica appendice a Per te che non ci sarai più, l'EP di quattro pezzi pubblicato questa primavera. Un lavoro significativo, per quanto breve, probabilmente di passaggio ma anche possibile porta verso nuovi orizzonti, con l'introduzione dell'italiano nei testi (ma c'è anche un brano in giapponese) ed una scrittura a tratti più sofisticata, grazie anche all'utilizzo di pattern ritmici inusitati.
Sei date, dunque, da metà settembre ad inizio novembre, due in solitaria, uno con la formazione che la accompagna di solito, e le restanti tre in un assetto speciale a due batterie: Nicholas Remondino ed Alessandro Cau, musicisti di enorme talento e molto attivi nella scena italiana degli ultimi anni. A completare il quadro, Giulio Stermieri a piano e Synth, e ovviamente Marco Giudici, partner artistico da sempre, che in queste occasioni si limiterà a suonare il basso.
Uno dei concerti con questo assetto è di scena all'Arci Bellezza, a cui ritorno per la prima volta dopo l'estate e che ha appena inaugurato una nuova stagione installando l'aria condizionata, una novità che siamo certi ci farà godere ancora di più una programmazione davvero di altissimo livello (e in effetti già ieri abbiamo notato la differenza, in termini di comfort!).
Nessun artista in apertura e sala bella piena quando, poco prima delle 22, i cinque si presentano sul palco. Si inizia con "Per te che non ci sarai più", brano sofferto sulla fine di una relazione e sulla necessità di ricominciare e di aprire una nuova fase nella propria vita. La voce di Adele è sicura ed espressiva come e forse più del solito, l'italiano per certi versi valorizza maggiormente il suo timbro e l'auspicio è quello che in futuro possa continuare su questa strada, magari alternando gli idiomi. Le successive "Walkthrough" e "Zoe's Seeds" vivono di contrasti, con la prima caratterizzata da suggestioni Alt Folk ed incentrata su una prova vocale sentita e drammatica, e la seconda che invece porta sugli scudi la band, che si esprime attraverso incastri ritmici non scontati e di grande pregio.
Adele è concentrata ed anche un po' in tensione, dice scherzando (ma forse neanche troppo) che per lei suonare a Milano è sempre fonte di ansia, e viene immediatamente investita dal calore del pubblico. Se c'è un elemento che mi ha impressionato, di questo concerto, è stata proprio l'incredibile sinergia che si è creata sopra e sotto il palco. Si è avuta la netta impressione che tutti i presenti fossero lì non solo per ascoltare la musica di Any Other, ma anche perché volevano bene ad Adele e desideravano abbracciarla, anche solo metaforicamente. Lei e i suoi compagni di avventura lo hanno capito e si sono lasciati andare ad una performance di incredibile bellezza, dove lo splendore delle melodie ha interagito con disinvoltura con un virtuosismo strumentale mai però fine a se stesso e sempre al servizio dei brani.
Il tutto è stato seguito in un silenzio carico di ammirazione e sospensione, con l'apice raggiunto durante la breve sezione in cui Adele ha suonato da sola, non prima di avere pronunciato qualche parola (intelligente e misurata, occorre dire, in un periodo in cui l'indubbia bontà della causa è spesso rovinata da tonalità accese e dense di odio) sulla tragedia di Gaza, testimoniata anche dalla bandiera palestinese appesa al piano elettrico di Stermieri. I brani proposti alla chitarra acustica sono due, la vecchia "Mother Goose" (dal secondo disco Two, Geography) e l'inedito "Unfold", suonato qui per la primissima volta ("La cosa positiva è che se sbaglio non se ne accorge nessuno!"), un pezzo dall'atmosfera struggente, con una linea melodica splendida ed interpretata magnificamente. Non vediamo l'ora di ascoltarlo in versione da studio.
È tutto un susseguirsi di emozioni, dalla delicata "Awful Thread", con i ricami di piano che si incastrano alla perfezione con i fraseggi di chitarra acustica, a "Lazy", un altro estratto dall'EP, ballata intensa ed insolitamente romantica; ci sono poi momenti dove le fughe e le invenzioni strumentali alterano la personalità dei brani, innestandovi fantasiose dosi di Jazz contemporaneo: è il caso di "Stay Hydrated!", preceduta da un'improvvisazione minimale e con un ottimo fraseggio di Gibson nella parte centrale, oppure di "Second Thought", eseguita a cappella nella parte iniziale e poi riempita gradualmente, così come "Geography", dominata da un crescendo di intensità, oppure "Stillness, Stop", con Adele che rinuncia alla chitarra e le due batterie che rendono ancora più piacevoli le irregolarità ritmiche all'interno del pezzo. E poi "Distratta", altro pezzo significativo sulla perdita e sullo sforzo che essa chiede per superarla, dove gli strumenti si esibiscono in un gioco di alternanze dagli esiti quasi rumoristici.
Concerto strepitoso, che certifica Any Other come una delle più belle realtà musicali italiane, un livello artistico assolutamente all'altezza di quanto espresso, nell'ambito dello stesso genere, dai più blasonati nomi stranieri, e senza dubbio meritevole di platee più larghe.
Speriamo che la pausa non duri troppo, ho bisogno di recuperare il tempo perduto...