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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
30/11/2017
Sun Ra
Appunti per una discografia
La produzione del tastierista “jazz” Herman Poole Blount, in arte Sun Ra, è uno dei più colossali, profondi ed imperscrutabili labirinti discografici del '900

"Un labirinto è un edificio costruito per confondere gli uomini; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine"  (J. Borges)

 

La produzione del tastierista “jazz” Herman Poole Blount, in arte Sun Ra, è uno dei più colossali, profondi ed imperscrutabili labirinti discografici del '900.

Un' eredità mastodontica che ha scaraventato ispirazione e meraviglia negli angoli più disparati della musica popolare e colta, da MC5 a Hawkwind dal Kraut-rock ad Ornette Coleman, da George Clinton all’Art Ensemble of Chicago, dai Grateful Dead alla musica noise ed industriale.

Pretendere di censire il suo lascito è un po' come cercare di contare le stelle ad occhio nudo, puntando l'indice in alto, in una notte di mezza luna. Il mio indice scorre lungo le pagine redatte da Martin Strong in The Great Rock Discography. Arrivo a contare oltre ottanta uscite discografiche. Su internet i numeri variano (pur sempre oltre il 200…), ma restano comunque qualcosa di difficilmente quantificabile e i conti sembrano non tornare mai, come in un rompicapo orientale. E se agli album ufficiali si sommano i live, i singoli, i bootleg, le ristampe e le compilation, questa galassia musicale diventa realmente non misurabile.

Da metà anni ‘50, ininterrottamente fino ai primi ‘90, la parabola di Sun Ra e della sua Arkestra, ha attraversato le strade dell'avanguardia più sfuggente ed inclassificabile. Un “unicum” spaventoso, una creatura dalle mille teste e dai mille corpi, che finisce per non trovare mai spazio, per uno o per altro motivo, tanto nei cataloghi jazz, quanto in quelli rock o addirittura "classici". Equidistante com'è da ogni facile standardizzazione, l'astronave di Blount ha veleggiato col vento in poppa, quasi di nascosto anche agli iniziati, tanto che viene il dubbio che fosse veramente un vascello alieno in visita alla musica terrestre.

Lungi dal tentare di fare quadrare certi numeri, basterebbe qui gettare le basi per una discografia di massima che tenga conto almeno dei capisaldi che hanno sempre retto la Visione di Ra – perché qui di VISIONE realmente si tratta -  e, che in maniera certo assai generica, possono essere sintetizzati in:

Cosmo: inteso come spazio a cui ambire e da cui tutto deriva

Spiritualità: intesa come metodo di vita

Autonomia: come forma, perché no? Espressiva

Sono anni che ascolto dischi di Sun Ra ogni qual volta mi è possibile. Ogni volta che c’è occasione di reperirne qualcuno in negozio (rarissimo), nelle biblioteche (capita, a volte) sul web (meno raro ma comunque arduo) oppure via stream o con altri metodi più o meno legali. Vista però l’eccentricità della conduzione discografica dell’Arkestra, l’eterogeneità totale delle compilation e dei live, la quasi impossibilità di distinguere le edizioni ufficiali da quelle non, ho imparato a diffidare di archivi zip stracolmi di mp3 di dubbia provenienza e anche dei brani qua e là vaganti su Youtube. Per gli interessati, sono circa un centinaio i titoli di Sun Ra presenti su Google Play, ma per la maggior parte si tratta versioni differenti delle stesse raccolte.

Gli album che verranno presentati in questi post sono dunque tutti, o almeno la stragrande maggioranza, derivati da un ascolto “fisico”.

Per quello che riguarda le fonti di informazione “non musicale”, ci sono svariate pagine di Wikipedia su Sun Ra e sulla sua discografia… che come tutte le pagine della stessa sono poi derivate da altro. Quindi tanto vale rivolgersi direttamente alle fonti primarie:

- La discografia curata da Robert L. Campbell disponibile (chissà ancora per quanto…) (https://web.archive.org/web/20130114012656/http:/web.archive.org/web/20110720062824/http:/homepage.uab.edu/moudry/discintr.htm)

- La discografia curata da Suso Navarrete disponibile (http://www.the-temple.net/sunradisco/)

- La pagina di Sun Ra e la sua Arkestra su Discogs, che resta sempre una delle più funzionali per ottenere informazioni sui supporti (vinile, CD, cassette…) più che sulla musica.

E poi, per chi se ne fosse scordato, non esiste solo il web! Quindi:

- la già citata (sintetica) discografia di Martin C. Strong sul volume “The Great Rock Discography”

- “Space is the place. La vita e la musica di Sun Ra” di John F. Szwed, testo “fondamentale” disponibile anche in traduzione italiana su Amazon

- I vari booklet dei CD o le copertine dei vinili, che sono sempre fonte interessante di notizie.

Queste pagine, queste fonti, sono già talmente complete ed esaurienti che non c’è assolutamente bisogno di crearne inopportune derivazioni anche su questo blog. Qui si procederà al contrario ad un “accesso casuale”, in maniera più aleatoria, estemporanea ed “emozionale”.

Così, procedendo senza troppo metodo nel labirinto, cominciamo col buttare giù 3 titoli, certo tra quelli più noti, e ciò nonostante ancora tutti da scoprire e divulgare. Sono una triade appartenente a quel “periodo newyorkese” di pura evoluzione cosmica di fine anni ‘60, in cui l’artista prende sempre più le distanze dalle forme “chiuse” da classica big band, in favore di un esplicito approccio spaziale ed epico ad una musica che è jazz nell’esteriorità e nella forma, ma puro rituale sonoro - quindi, nell’idea di Ra, religioso - nella sostanza.

 

The Magic City

Saturn Research ‎– LPB711

Anno: 1966

 

 

A1 The Magic City 27:22             

B1 The Shadow World   10:55   

B2 Abstract Eye 2:51    

B3 Abstract "I"  4:08

 

Tutte le tracce registrate nel 1965 a New York

Ristampato nel 1969 dalla remota Thoth Intergalactic, di nuovo dalla El Saturn nel 1969, edizioni non sempre di facile reperibilità. La più abbordabile è l’uscita in CD della Evidence ECD 22069-2, che dovrebbe costare attorno alla quindicina di euro.  Presente anche su Spotify.

Dominato dalla title-track, ambiguo omaggio alla città natale di Blount, Birmingham in Alabama, una dilatato viaggio di 27 minuti percorso da correnti elettriche di clavinet, fiati profondi e rituali, prima di degenerare in uno sfrenato barrage free-form.

Più tetro, anche se più convenzionale, “The Shadow World”, tribalismo per percussioni lente e barriti africani che lascia spazio ad una psicotica orchestrina di swing dispersa in uno spartito che non appare mai del tutto “scritto”. Le due brevi tracce di chiusura sono bozzetti astratti per percussioni libere.

 

 

The Heliocentric Worlds Of Sun Ra, Volume 2

ESP Disk 1017

Anno: 1966

 

 

The Sun Myth   17:20   

A House Of Beauty         5:10     

Cosmic Chaos    14:15   

 

Registrato a New York nel Novembre 1965

Ristampe da subito numerose per quello che diventerà un classico (uno dei pochi) dell’Arkestra. In Inghilterra uscì per la Fontana. Reperibilissimo in Italia viste anche le ristampe Get Back e ESP/Abraxas. In CD per la ESP (ESP 1017) dal 1992.

Tre soli brani, quasi 40 minuti di musica veramente libera e a suo modo mastodontica.

“The Sun Myth” è un’epopea variegatissima e complessa, timbricamente mutevole, dalle linee profonde del contrabbasso ad arco, alle sfuriate percussive, alle liberissime vibrazioni “free” del leader. Una meditazione sull'abisso del cosmo. “A House Of Beauty”, divagazione per gruppo ristretto, fugge senza meta ma con accenti da incantatori orientali presto riscritti da un pianoforte liquido e notturno in qualche fumoso locale all'approdo di Deep Space Nine. Titolo programmatico quello di “Cosmic Chaos”, per un pezzo da pieno d'orchestra con fiati scatenati, assoli a raffica di Gilmore, Allen e Miller e srotolamenti poliritmici in quello che sarà poi il miglior marchio di fabbrica dell’ Art Enseble of Chicago.

 

Atlantis

Saturn Research ‎– ESR507

Anno: 1969

 

 

A1 Mu  4:30     

A2 Lemuria         5:02     

A3 Yucatan         5:27     

A4 Bimini             5:45     

B1 Atlantis          21:51

 

Tutte le tracce registrate a New York tra il 1967 e il 1969. La traccia “Atlantis” fu registrata in concerto nel 1967.

La prima stampa in vinile fu della Saturn (presumibilmente) nel 1969; nel 1973 la ristampa Impulse! con una differente versione di Yucatan. Album tutto sommato ancora oggi ben reperibile. In CD per la Evidence (ECD 22067) nel 1993

Pivotale, forse non solo del periodo newyorchese, Atlantis  - “interstellar space travel in sound”, come recita il sottotitolo – è un “concept” sui continenti immaginari dei popoli antichi: Atlantide, Lemuria, Mu… Un LP pieno zeppo di vibrazioni elettriche come la colonna sonora di un Pianeta Proibito del III millennio, un proto-funk rallentato nell’assenza di gravità di qualche astro ignoto (“Mu” e “Lemuria”, su tutto). Ma anche riflessi di un Monk disperso ad esplorare l’Africa equatoriale, qualche accenno post-cool di un Lester Young immaginato, il brivido dell’avanguardia.

A chiudere, i 20 minuti apocalittici di “Atlantis”. Elettronica, elettricità, frastuono, riverbero, rumore, robotica dove ancora sconvolge il tremendo monologo “a-solo” dell’organo di Ra: una Messa Glagolitica per altre galassie, che potrebbe riassumere anni interi del miglior Kraut-Rock.

In attesa che accada la stessa cosa per altri bulimici estremisti della registrazione come Haino, Jim O'Rourke o K.K. Null - personaggi dalle discografie non facilmente circoscrivibili - Spotify regala numerose soddisfazioni con il beneamato Herman Poole Blount in arte Sun Ra. Occorre ringraziare la Enterplanetary Koncepts, etichetta che sta pubblicando parte del catalogo di Ra in versione digitale rimasterizzata (http://soundcolourvibration.com/2014/05/20/sun-ra-remasters).

Thanks!

Di seguito una prima ricognizione minimamente ragionata di ascolti liberi, tra riconosciuti capisaldi ed oscure uscite tutte da indagare, in ordine meravigliosamente casuale.

 

My Brother The Wind, Vol I

Saturn Research ESR521

1970

 

 

A1 My Brother The Wind

A2 Intergalactic II

A3 To Nature's God

B1 The Code Of Interdependence

BONUS Space Probe

Alto Saxophone, Clarinet – Danny Davis; Oboe, Piccolo Flute, Flute – Marshall Allen; Synthesizer – Sun Ra; Tenor Saxophone, Percussion – John Gilmore

Apre uno sketch per percussioni filtrate e Moog che introduce il barrage free caotico di “Intergalactic II”: jazz a codice binario per un'Arkestra qui sintetizzata a semplice quartetto con strumenti invertiti. “To Nature's God” riallaccia il duetto Ra – Gilmore iniziato nel brano di apertura e pare una meditazione buddhista per l'era tecnologica.

“The Code Of Interdependence” occupa tutto il lato B con i suoi 16 minuti di soliloquio al Minimoog, appena variato dalle percussioni di Gilmore e dai respiri incoerenti di Marshall Allen. Notevole, pur nella sua scheletrica concezione e nello sperimentalismo spinto.

“Space Probe” è una bonus track imponente, di valore storico in quanto, assieme a “The Code...”, rappresenta il primo “studio” di Blount al Moog (siamo nel '69). Sarà stampata solo nel '74 nel LP omonimo.

Periodo ultrafreak di Ra, caratterizzato dai primi esperimenti al minimoog.

 

Continuation Vol. 1

El Saturn Records ‎– ESR 520

1970

 

 

A1 Biosphere Blues

A2 Intergalactic Research

A3 Earth Primitive Earth

A4 New Planet

B1 Continuation To

B2 Jupiter Festival

Alto Saxophone, Clarinet, Percussion – Danny Davis; Alto Saxophone, Oboe, Percussion –Marshall Allen; Baritone Saxophone, Clarinet, Percussion – Pat Patrick; Bass – Ronnie Boykins; Bass Clarinet – Robert Cummings; Keyboards – Sun Ra; Drums, Percussion – Tommy Hunter; Tenor; Saxophone, Clarinet, Percussion – John Gilmore; Trombone – Ali Hasaan; Trumpet – Walter Miller Vocals, Percussion – Art Jenkins

Struttura comune per gli LP di Ra di quell'epoca, con un unico brano monstrum ad occupare tutto il lato B; anche qui, come in altre occasioni, un live: questa volta al Choreographer's Workshop (nel 1968?). Nel concreto una pièce free ben condotta del leader, nello stesso solco di una Atlantis meno elettrica e più convenzionale. Sull'album la traccia appare divisa in due solo per l'interruzione del nastro del registratore.

Disco spurio quindi, in quanto il lato A risale al '63 e al primo periodo newyorkese di Blount. Arkestra al gran completo e strutture ancora “formali” in “Biosphere Blue”s e nella bella “New Planet”, bizzarrie e primitivismi assortiti in “Intergalactic Research”, atmosfere di flauti esotoci in “Earth Primitive Earth”.

 

Solo Piano

El Saturn Records

1977

 

 

1 Free Improvisation

2 Blues

3 Love In Outer Space

4 Outer Spaceways Inc.

5 Take The "A" Train

6 St Louis Blues

7 Penthouse Serenade

8 Angel Race

9 Free Improvisation

10 Honeysuckle Rose

11 Friendly Galaxy / Spontaneous Simplicity

 

Pianoforte - Sun Ra

 

Live emerso in anni recenti col titolo Piano Recital e tracklist appena rimaneggiata, trattasi di una registrazione del 24 Novembre 1977 al Teatro La Fenice di Venezia. Uscì a suo tempo per la El Saturn in una versione ancora più spartana e limitata del solito, di fatto un bootleg.

Sul palco il solo Blount al pianoforte. In scaletta alcuni vecchi standard da Big Band e numerose improvvisazioni free ma ispirate da un mood rilassato, pieno di gusto per la decorazione, addirittura “classico”, jazzisticamente parlando, pur sempre obliquo e personalissimo, più vicino ad un Duke Ellington in acido che al rigore minimale di un Monk. Da manuale l'ostinata figura ritmica in “Love In Outer Space”.

Un'altra faccia di Sun Ra, che dimostra tuta la sua perizia tecnica, scevro dalle ingombranti sovrastrutture cosmografiche e spaziali. Ottimo sound.

 

Sub Undergound

(Temple U)

(Cosmo Earth Fantasy)

El Saturn Records ‎– LP-92 074

1974

 

 

A Cosmo-Earth Fantasy

B1 Love Is For Always

B2 The Song Of Drums

B3 The World Of Africa

1: Cosmo Earth Fantasy

Sun Ra – Hohner Clavinet, Piano Strings; Marshall Allen – Oboe, Flute, Strings; Danny Davis - Flute, Strings; John Gilmore – Strings; Pat Patrick – Strings; Ronnie Boykins – Bass; Unidentified – Xylophone

2: Love Is For Always

Sun Ra – Piano; John Gilmore – Tenor Saxophone; Thomas Hunter – Drums; Danny Ray Thompson – Bongos; Atakatune – Congas

3: The Song of Drums

Sun Ra – Rocksichord; Akh Tal Ebah – Vocals; Eddie Thomas – Vocals; Danny Ray Thompson – Bongos; Atakatune – Congas

4: The World of Africa

Sun Ra – Hohner Clavinet; June Tyson – Vocals; John Gilmore – Percussion, Vocals; Marshall Allen – Percussion, Vocals; Nimrod Hunt – Percussion, Vocals; Others Arkestrans may be present.

Vari titoli e varie copertina per queste session live registrate in parte alla Temple University di Philadelphia il 20 settembre 1974, in parte risalenti a rehearsal del periodo '67/'68. È il caso della pièce di apertura, sinfonia free di 20 minuti tipica dell'ultima fase newyorkese; in questo caso un'escursione dal sapore orientale, minimalista e tutta timbrica: di fatto una piatta successione di monologhi che trova vigore nella coda finale. “Love Is For Always” e “The Song Of Drums” , i brani del '74, sono ben più strutturati: l'uno saldamente condotto dal pianoforte di Ra che duetta con un Gilmore quanto mai melodico e “post-cool”, l'altro un bel barrage ritmico da Africa nera, appena modernizzato dal piano elettrico.

“The World Of Africa” è un frammento di funky corale che torna alla fine degli anni '60. Album discontinuo.

 

Voice Of The Eternal Tomorrow

(The Rose Hue Mansions of the Sun)

El Saturn Records ‎– 9178

1980

 

A1 Voice Of The Eternal Tomorrow

A2 Approach Of The Eternal Tomorrow

B The Rose Hue Mansions Of The Sun

Ra-syn, org; Curt Pulliam-tp; Walter Miller-tp; Michael Ray-tp; Craig Harris-tb; Tony Bethel-tb; Vincent Chancey-frh; Marshall Allen-as, ob; Noel Scott-bs, as; John Gilmore-ts; Danny Ray Thompson-bs; James Jacson-bsn, perc; Eloe Omoe-bcl; Kenny Williams-ts, bs; Hutch Jones-as, reeds; Sylvester Baton-reeds; Steve Clarke-eb; poss. Hayes Burnett or Richard Williams-b; Damon Choice-vib; Harry Wilson-vib; Luqman Ali-d; Reg McDonald-d.

Tre lunghi brani incisi allo Squat Theatre di New York nel settembre 1980; album noto anche col titolo dell'ultimo grande pezzo, “The Rose Hue Mansions Of The Sun”: venti minuti di pure improvvisazioni free jazz per grande orchestra, impressionante nei momenti di pieno. Un'Arkestra qui quanto mai “complessa” e doppia in quasi ogni elemento, per un sound ricco negli assieme, nelle parti parti in unisono, e inquietante nei profondi abissi di dissonanza, rumorismo e soliloqui alla Braxton.

Un Ra senza controllo, che dal synth può cavare fuori ciò che vuole: tra l'industriale, l'astratto e il caotico.

Abbastanza estremo, anche per un sonoro non certo eccellente.

 

Art Forms Of Dimensions Tomorrow

Saturn LP 9956

1965

 

 

A1 Cluster Of Galaxies

A2 Ankh

A3 Solar Drums

A4 The Outer Heavens

B1 Infinity Of The Universe

B2 Lights On A Satellite

B3 Kosmos In Blue

A1 Cluster Of Galaxies

Bandura, Percussion, Gong – Sun Ra; Drums – Pat Patrick, Tommy Hunter

A2 Ankh

Alto Saxophone – Marshall Allen; Baritone Saxophone, Soloist – Pat Patrick; Bass – Ronnie Boykins; Percussion – C. Scoby Stroman; Piano, Soloist – Sun Ra; Tenor Saxophone – John Gilmore; Trombone, Soloist – Ali Hassan

A3 Solar Drums

Bandura [Sun Harp], Piano, Drums – Sun Ra; Bass – Ronnie Boykins; Bells – Marshall Allen

Drums – John Gilmore; Percussion – C. Scoby Stroman

A4 The Outer Heavens

Alto Saxophone, Soloist – Marshall Allen; Bass – Ronnie Boykins; Clarinet, Soloist – Pat Patrick

Piano, Soloist – Sun Ra; Tenor Saxophone, Soloist – John Gilmore; Trumpet, Soloist – Manny Smith

B1 Infinity Of The Universe

Bass – Ronnie Boykins; Drums – Pat Patrick; Drums, Bass Clarinet – John Gilmore; Percussion – Clifford Jarvis; Percussion, Drums – Marshall Allen; Piano, Percussion, Soloist – Sun Ra; Trumpet – Clifford Thornton

B2 Lights On A Satellite

Baritone Saxophone – Pat Patrick; Bass – John Ore, Ronnie Boykins; Percussion – C. Scoby Stroman; Piano, Soloist – Sun Ra; Tenor Saxophone, Soloist – John Gilmore

B3 Kosmos In Blue

Bass, Soloist [1st Solo] – Ronnie Boykins; Bass, Soloist [2nd Solo] – John Ore; Percussion – C. Scoby Stroman; Piano, Soloist – Sun Ra; Tenor Saxophone, Soloist – John Gilmore

Album quanto mai omogeneo per gli standard di Ra; pubblicato nel 1965 con materiale inciso tra la fine del 1961 e l'inizio del 1962 presso il Choreographers' Workshop di New York, agli albori della Solar Arkestra in versione “spaziale”. Brani piuttosto concisi che ruotano attorno al formidabile quartetto Ra, Boykins, Allen e Gilmore, eclettici al punto da dividersi tra la percussiva esplorazione sonora del cosmo (“Cluster Of Galaxies”, “Solar Drums”, “Infinity Of The Universe”) e la pregevole ed educata reinterpretazione di un jazz più tradizionale (“Ankh”, “Lights On A Satellite”). Il meglio sta nel mezzo: “The Outer Heavens” è un brano formidabile.

Ristampato in CD dalla Evidence in anni recenti, testimonianza interessante della primissima fase del periodo newyorkese e anche buon punto d'inserzione per cominciare l'esplorazione del catalogo di Ra.

 

Other Planes Of There

El Saturn Records ‎– KH-98766

1966

 

 

1 Other Planes Of There 22:01

2 Sound Spectra / Spec Sket 7:39

3 Sketch 4:46

4 Pleasure 3:10

5 Spiral Galaxy 10:01

Alto Saxophone, Flute – Danny Davis; Alto Saxophone, Oboe, Flute – Marshall Allen; Baritone Saxophone – Pat Patrick; Bass – Ronnie Boykins; Bass Clarinet – Ronnie Cummings; Drums – Lex Humphries, Roger Blank; Piano – Sun Ra; Tenor Saxophone – John Gilmore; Trombone – Ali Hassan, Teddy Nance; Trombone – Bernard Pettaway; Trumpet – Walter Miller

Uno delle gemme nascoste tra le seconde linee della discografia di Blount, assolutamente da riscoprire, non fosse altro che, inciso nel 1964, segna l'inizio dello zenith spaziale durante il periodo nella Grande Mela, che culminerà i due anni seguenti con le incisioni per la ESP-Disk.

La scaletta presenta in apertura il consueto esteso brano di improvvisazione collettiva (oltre 22 minuti), qui ancora piuttosto controllata e ben variata tra parti soliste (alcune assai ispirate) sostenute da percussioni minimali e momenti di assieme legati dall'intenso lavoro del leader al pianoforte; una maratona “space cool”, spesso distesa, fumosa, varia e fantasiosa, in zona Magic City.

Un altro lungo brano chiude il lato B, “Spiral Galaxy”: propulso da figure ritmiche marziali, è risolto dagli intrecci liberi dei fiati.

 

Some Blues But Not The Kind That's Blue

El Saturn Records ‎– 747

1977

 

 

1 Some Blues But Not The Kind Thats Blue

2 I'll Get By

3 My Favorite Things

4 Untitled

5 Nature Boy

6 Tenderly

7 Black Magic

8 I'll Get By [Alternate Take]

9 I'll Get By [Alternate Take]

Bass – Richard Williams (tracks: 1), Ronnie Boykins (tracks: 8, 9); Bassoon – James Jacson (tracks: 1 to 7); Clarinet – Eloe Omoe (tracks: 1 to 7); Congas – Atakatune (tracks: 1 to 7); Drums – Luqman Ali (tracks: 1 to 7); Flugelhorn – Akh Tal Ebah (tracks: 8); Flute – Danny Davis (tracks: 1 to 7), James Jacson (tracks: 1 to 7); Organ – Sun Ra (tracks: 8, 9); Piano – Sun Ra (tracks: 1 to 7); Saxophone – John Gilmore (tracks: 1 to 7, 9); Marshall Allen (tracks: 1 to 7); Trumpet – Akh Tal Ebah (tracks: 1 to 7)

Una raccolta di più e meno noti standard, edita nel 1977, e ottimamente incisa nello stesso periodo. Una band controllatissima e sempre musicale, che propone romanze estroverse e non troppo bizzarre. Per chi non conoscesse l'epopea di Ra potrebbe sembrare un combo di ragazzacci che si divertono a manipolare qualche mostro sacro della tradizione.

Un ascolto “facile facile”.

 

Astro Black

Impulse! ‎– AS-9255

1973

 

 

A1 Astro Black 10:59

A2 Discipline "99" 4:47

A3 Hidden Spheres 7:04

B The Cosmo-Fire

Ba Part 1 6:59

Bb Part 2 7:04

Bc Part 3 4:25

Alto Saxophone – Danny Davis, Marshall Allen; Baritone Saxophone – Danny Thompson; Bass – Ronnie Boykins; Bass Clarinet – Eloe Omoe; Clarinet – Pat Patrick; Congas – Atakatun, Chiea, Odun; Keyboards, Synthesizer, Vibraphone – Sun Ra; Percussion – Tommy Hunter; Tenor Saxophone, Percussion – John Gilmore; Trombone – Charles Stephens; Trumpet – Akh Tal Ebah, Lamont McClamb; Violin, Viola – Alzo Wright; Vocals [Word-melody] – June Tyson; Voice [Space Ethnic] – Ruth Wright

Pubblicato dalla Impulse nel '73 (appena dopo la ristampa di Atlantis) e inciso l'anno prima a Chicago, ben prodotto da Alton Abraham (che già aveva lavorato, indovina un po', per Atlantis) e Ed Michel: entrambi poi presenti sul manifesto Space Is The Place.

Bastano queste poche note a margine per capire che si tratta di uno dei grandi album “dimenticati” della discografia di Ra. I toni sono davvero progressivi, cosmici, le sperimentazioni di Ra con strumenti elettronici disparati appaiono mature, ben oliate; l'aggiunta di “voci recitanti” aggiunge un tono ritualistico e religioso, mentre i bordoni bassi danno una profondità davvero tridimensionale all'Arkestra, che qui annovera anche la viola di Alzo Wright: questo è il primo brano, “Astro Black”. Che addirittura ruba la scena alla grande suite tripartita “The Cosmo-Fire” (preceduta dallo scatenato jazz funk di Boykins su “Hidden Spheres”): una sarabanda free form impeccabile in cui l'organo di Ra si diverte (nella parte I) a disegnare grandi pannelli su cui i solisti incidono i loro graffiti, dà libero sfogo di effetti ed elettronica nella parte II e conduce tutta l'Arkestra ad un notturno per vibrafono nella terza parte.

Come se Blount, storicamente “primo staffettista”, riprendesse idealmente il testimone dai Corrieri Cosmici del kraut-rock, all'epoca sul ciglio del declino.

Sapendo bene che in realtà l'influenza di Ra sulla scena europea è tutta da verificare (e probabilmente nulla...).

 

Strange Strings

Saturn Research ‎– LPSRES502H

1966

 

 

A1 Worlds Approaching

A2 Strings Strange

B1 Strange Strange

 Baritone Saxophone, Strings – Pat Patrick; Bass – Ronnie Boykins; Bass Clarinet, Strings – Robert Cummings; Drums, Strings – James Jacson; Electric Piano, Drum, Strings – Sun Ra; Flute, Strings – Danny Davis; Oboe, Strings – Marshall Allen; Percussion – Clifford Jarvis; Strings – Carl Nimrod; Tenor Saxophone, Strings – John Gilmore; Trombone, Strings – Ali Hassan; Voice, Strings – Arthur Jenkins

 

“Album esperimento”, più che sperimentale, inciso tra '66 e '67, con l'Arkestra alle prese con disparati strumenti a corda orientali di cui nessun musicista aveva esperienza. Approccio un po' surrealista, aleatorio e certo improvvisato, da cui scaturisce una musica per bordoni minimalisti, come se Tony Conrad facesse da spalla ad un quartetto elettrico di Ornette Coleman.

I tre brani sono davvero maratone (“Strange Strange” arriva ai 20 minuti), durando il disco circa 45 minuti, e spesso richiamano alla mente certe collaborazioni di Braxton con Derek Bailey, con l'aggiunta del solito arsenale percussivo, oltre che di voci salmodianti filtrate ed incomprensibili.

Il risultato alla fine è notevole, si fregia di un sound davvero particolare, con grandi inserti"concreti", che porta con sé altissimi livelli di tensione e potrebbe essere colonna sonora di un thriller futurista perso nella Tangeri di Burroughs: questo sarebbe un vero manifesto psichedelico della sua epoca, altro che Sgt. Pepper o Are You Experienced!

Meno spaziale della media di Ra, ma un ascolto davvero molto intenso.

Alla scaletta originale, Spotify aggiunge ben tre bonus (di cui due di oltre 10 minuti) di tracce etichettate come “previously unreleased”: fidarsi è bene...