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REVIEWSLE RECENSIONI
13/10/2022
Death Cab for Cutie
Asphalt Meadows
Con “Asphalt Meadows” i Death Cab for Cutie inaugurano ufficialmente la terza fase della loro carriera. Il risultato è un album in un certo senso sorprendente, dove questa “nuova” incarnazione della band svela finalmente tutte le sue potenzialità.

Virtualmente, la terza fase dei Death Cab for Cutie è iniziata quattro anni fa con Thank You for Today, il primo album inciso dalla formazione di Seattle senza il chitarrista e produttore Chris Walla, sostituito da Dave Depper. Quel lavoro, però, nonostante fosse il primo registrato dalla nuova line-up che include anche il tastierista e chitarrista Zac Rae, si poneva ancora in diretta continuità con il precedente Kintsugi e vedeva la band proseguire nella ricerca di un suono alternative rock fin troppo radiofonico per coloro che avevano amato i Death Cab for Cutie degli esordi sotto l’etichetta Barsuk o magari li avevano conosciuti dopo il successo di Transatlanticism.

Il vero punto di rottura è arrivato finalmente con questo nuovo Asphalt Meadows, un disco per il quale la band ha deciso di modificare l’ormai consolidato modus operandi in favore di un approccio più collaborativo e – per certi versi – più creativo. Se prima il canovaccio prevedeva che Benjamin Gibbard componesse in solitaria e solo in un secondo momento condividesse il materiale con la band, per Asphalt Meadow la prassi si è ribaltata, con la band questa volta impegnata a scambiarsi dei file musicali sui quali tutti, a turno, hanno potuto lavorare liberamente. Il risultato è un disco che si inscrive perfettamente nella migliore tradizione  della band – competendo ad armi pari con dischi molto amati come Plans e Narrow Stairs –, ma allo stesso tempo sfrutta compiutamente tutte le potenzialità di una formazione che solo dal vivo si è potuta esprimere in piena libertà.

Esclusa la bellissima “Foxglove Through the Clearcut”, scovata da Gibbard in un vecchio hard disk durante la quarantena e la cui musica risale al 1998, e una manciata di altre canzoni, la maggior parte dell’album è stato quindi scritto con il contributo di tutta la band. Tra i più prolifici, i due nuovi entrati (sorvoliamo sul fatto che suonano con Gibbard, Nick Hamer e Jason McGerr dal 2015), Dave Depper, a cui si devono due dei pezzi più rock del disco come “Rand Mcnally” e “I Miss Strangers”, e Zac Rae. Ed è proprio lui l’MVP del disco, dal momento che come autore firma metà album e come strumentista lascia la sua firma in gran parte dell'album, vedi il vellutato tappeto di tastiere di “Fragments from the Decad”, il riff di chitarra alla Cure di “Here to Forever” oppure l’assolo post rock del finale di “Foxglove Through the Clearcut”.

Prodotto da John Congleton  (già al lavoro con St. Vincent, Sharon Van Etten e Angel Olsen, tra l’altro coinvolto su intuizione proprio di Rae) e registrato nella natia Seattle dopo tre dischi consecutivi realizzati a Los Angeles (sarà un segno?), con questo decimo album i Death Cab for Cutie non solo ci regalano il miglior lavoro dai tempi di Narrow Stairs, ma – sulla scorta della conclusiva ed elettronica “I’ll Never Give Up on You” – ci rassicurano sul loro futuro, che sarà sicuramente ricco di piacevoli sorprese e artisticamente ancora molto creativo.