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REVIEWSLE RECENSIONI
19/02/2019
SWMRS
Berkeley’s On Fire
A volte quelli che ti cambiano la vita possono essere anche i film che vedi a scuola. In questo caso la colpa è tutta di School of Rock, che ha portato due ragazzini di Oakland, California, oggi ventitreenni, a formare una band che è già al quarto album, e che presto sarà in rotazione anche nelle nostre cuffie.

La decisione di formare una band porta con sé la necessità di prendere subito una serie di importanti decisioni. 1. Dividersi i ruoli: Cole Becker alla voce e chitarra e Joey Armstrong alla batteria. 2. Trovare i membri mancanti: dopo poche settimane il fratello di Cole, Max Becker, viene assoldato al basso (anche se dieci anni dopo passerà alla chitarra solista). 3. Trovare un nome, e qui le cose si fanno più complesse.

Il primo nome che adottarono fu The Raining Souls, sostituito dopo poco da The Clocks. A quanto pare, però, nel 2004 le band che avevano scelto il bizzarro nome di “Gli Orologi” erano più d’una, così iniziarono a chiamarsi Emily's Army, in onore della cugina di Max e Cole, Emily, che soffre di fibrosi cistica. Non limitandosi all’onorarla del solo nome, fecero anche della sua causa il loro primo obiettivo come band: raccogliere fondi e creare maggiore consapevolezza per la malattia di cui soffriva.

Il nuovo nome di SWMRS (pronunciato "swimmers", alzi la mano chi l’aveva indovinato!) arrivò solo nel settembre 2014, dopo 10 anni dalla formazione, 6 anni dalle prime canzoni postate su MySpace, 3 EP (Goody Two Shoes del 2009 e Broadcast This e Regan MacNeil del 2010) e 2 album (Don't Be a Dick del 2011 e Lost at Seventeen del 2013).

Se fate due conti, vedrete che ciò significa che hanno lavorato al loro primo album nel 2010, a soli 15 anni. Bizzarro? Lo diventa meno se sveliamo chi è il padre di Joey, colui il quale li ha aiutati a produrre quello che è diventato anche il suo primo album come produttore: Billie Joe Armstrong (sì, proprio lui, il leader dei Green Day). Dal 2011 hanno iniziato con i primi tour americani in West e East Coast, gli spettacoli underground e, dopo poco, anche i primi Vans Warped Tour (sì, al plurale).

Nel 2015 stavano già lavorando al terzo album, Drive North (2016), il primo con il nome di SWMRS, il primo prodotto da una persona differente (Zac Carper della punk band Fidlar), il primo per una label che non fosse quella del padre di Joey (l’Adeline Records) ma la loro etichetta indipendente, la Uncool Records. Un album che dopo pochi mesi è stato rimasterizzato per la rinomata Fueled By Ramen, per cui avevano da poco firmato.

Si arriva così a grandi balzi nel 2019 e all’uscita del nuovo, creativo e variegato Berkeley’s On Fire. Nonostante gli SWMRS vengano spesso descritti come una band punk-rock, il nuovo disco mostra un volto molto più sfaccettato di quanto non possa nascondersi dietro alla semplice etichetta di “punk”. Vi sono infatti influenze alternative rock e un’attenzione tutta contemporanea alla fusione di generi e ispirazioni che possono andare dai Pavement e Dinosaur Jr (alcune delle band preferite di Cole) agli Hives nella bella “Hellboy”. Una miscela frutto del duro lavoro dei ragazzi e della collaborazione con il produttore Rich Costey (Muse, Death Cab For Cutie), che nella primavera del 2018 li ha aiutati a perdersi nelle sfaccettature del rock.

Al primo ascolto di Berkeley’s On Fire si viene quasi travolti dalla quantità di influenze ed idee presenti, che possono cambiare rapidamente da una canzone all’altra senza preavviso, ma il mix che ne viene fuori (soprattutto se ascoltato in cuffia tutto d’un fiato) è assolutamente piacevole. Fatta salva la prima impressione di “caoticità”, si può solo che rimanere stupiti dalla loro versatilità, dalla loro fame di sperimentare, dal loro giocare con il sound, con la struttura della canzone, ma soprattutto con i loro limiti. Dall’ironia ad un approccio diretto e senza mezzi termini (nei testi e nell’atteggiamento), dal proporre una voce predominante, al saper giocare con le vocalità presenti, quelle dei due fratelli Becker, come per le ottime concatenazioni vocali della divertente “Trashbag Baby” (il cui video farà felici tutti gli appassionati di skateboarding). Oltre alle già citate e alle piccole chicche che lasceremo alla curiosità del lettore (come l’ottimo appetizer della title track “Berkeley’s On Fire”, la dolcissima “Bad Allergies” e la particolare closer track “Steve Got Robbed”), la menzione d’onore per la migliore traccia va data a “Lonely Ghosts”, densa di una sensualità ed un’eleganza tutta rock.

Vario, accessibile, creativo, melodico e sperimentale. Berkeley’s On Fire è un album fatto da ventenni per ventenni, permeato spesso di quella leggerezza e quella nostalgia impalpabile, intessuta del sapore degli attimi che stanno per svanire, ma capace di essere adatto anche per il grande pubblico, senza mostrarsi scontato o banale. Con questo lavoro gli SWMRS hanno nuotato ampiamente fuori dalla comfort zone delle loro origini pop-punk per diventare qualcosa di più: più maturi, più variegati, più liberi, ma soprattutto più personali. Ben fatto ragazzi.