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REVIEWSLE RECENSIONI
Big Colors
Ryan Adams
2021  (Paxam Recording Comp)
ALTERNATIVE AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
7/10
all REVIEWS
07/07/2021
Ryan Adams
Big Colors
Sembra assurdo che siamo ancora qui a parlare di Ryan Adams ragionando sul solito e banale interrogativo se sia lecito “separare l'arte dall'artista”. Il politically correct ha rotto il cazzo.

Sembra assurdo che siamo ancora qui a parlare di Ryan Adams ragionando sul solito e banale interrogativo se sia lecito “separare l'arte dall'artista”. A scanso di equivoci, dico subito come la penso: ho letto sia “Bianco” di Bret Easton Ellis sia “L'era della suscettibilità” di Guia Soncini (chiedo perdono se accosto due testi, tra cui esiste una bella differenza qualitativa) e sono assolutamente d’accordo con le tesi espresse da entrambi. Il politically correct ha rotto il cazzo. E pazienza se qualcuno si indignerà a leggere queste affermazioni, vorrà dire che per una volta quello che scrivo riceverà un minimo di attenzione, visto che negli ultimi tempi sembra che se non fai polemica e non urli tu non abbia il diritto di esistere. 

Ma credo che qui il problema sia un attimo più serio: Ryan Adams non è una bella persona e credo che ci siano migliaia di episodi che stanno lì a dimostrarlo. Non da ultimo, quell'ultima volta che è venuto in Italia e ha fatto un concerto a Roma completamente scazzato (così mi dissero) mentre al Vittoriale si mise a bullizzare per qualche minuto un malcapitato spettatore della prima fila, reo di controllare il suo cellulare nella pausa tra un pezzo e l'altro (ero presente e, nonostante un po’ abbia goduto, perché io quelli che si fanno i cazzi loro ai concerti non li sopporto, ho pensato poi che magari quel poveretto si era distratto per mezzo secondo e proprio in quel mezzo secondo è stato beccato; avrebbe potuto succedere anche a me, insomma). 

Però attenzione. Tra il non essere una brava persona ed essere un molestatore seriale, un po’ ce ne corre. E nonostante le accuse che un paio di anni fa gli sono state mosse siano di una certa gravità, mi pare lecito far notare che nessuna di queste ha avuto poi un qualche riscontro, tanto che già lo scorso autunno il musicista del North Carolina era stato liberato da ogni imputazione. E quindi, direte voi, qual è il punto? Il punto è che non si può parlare dell'oggettività e dell'infallibilità della legge solo quando fa comodo. Non si può dire: “C’è stato un processo” solo quando hanno condannato un personaggio che ci stava antipatico. Lo ripeto per l’ennesima volta: Ryan Adams non è una brava persona, avrà sicuramente i suoi bei problemi di varia natura, si può arrivare anche a dire che sia un personaggio disgustoso ma nessun tribunale e ribadisco nessuno, lo ha mai condannato per stupro, molestie e reati affini. Insistere ancora su queste cose ogni volta che viene tirata in ballo la sua produzione musicale, mi sembra francamente inutile, oltre che particolarmente disonesto. 

Chiusa questa parte, parliamo di musica: la carriera di Ryan Adams, che dopo la bufera mediatica seguita alle dichiarazioni di Mandy Moore e Phoebe Bridgers ha rischiato seriamente di essere azzerata, pare finalmente essere ripartita in pieno. 

“Big Colors”, a giudicare dal titolo, è il disco che era stato pianificato per aprile 2019 e che era stato bloccato proprio in seguito a quei fatti. Sappiamo che in quell'anno sarebbero dovuti uscirne tre e in qualche modo adesso si sta recuperando, anche se ovviamente non possiamo sapere se qualcosa del progetto originale, soprattutto in termini di tracklist, sia poi stato mutato. Rispetto a “Wednesdays”, che aveva il fascino misterioso di un instant record ed era ammantato di un'urgenza comunicativa che ha colpito anche diversi di quelli che solo pochi mesi prima chiedevano la sua testa, quest’ultimo lavoro appare un po’ più ordinario. 

L'autore nelle note stampa che ha diffuso lo ha definito “la colonna sonora di un film del 1984 che esiste solo nella mia anima” ed ha insistito molto sul mood onirico che effettivamente ammanta queste canzoni. 

Prodotto, come il precedente, da un nome importante come Don Was, da Beatriz Artola e dallo stesso Adams, “Big Colors” è un po’ la summa di quello che il cantautore americano ha prodotto nel corso degli anni. Arrivato al diciottesimo lavoro in carriera, una certa ordinarietà nella proposta è in qualche modo fisiologica ma stupisce il vederlo così in forma e così solido nella scrittura. 

Queste dodici canzoni (quattordici se si conta il 7” “Anybody Evil/The Opposite of Love”) risultano nel complesso meno ispirate di quelle di “Wednesdays” ma ci restituiscono pur sempre l'immagine di un autore e musicista in grande spolvero, che gioca coi tipici elementi del rock americano, rimescolati e reinterpretati quanto si vuole ma sempre e comunque efficienti. 

È un disco più vario nell'impostazione generale, con canzoni più ritmate (la title track, “It's So Quiet, It's Loud” la cavalcata ultra distorta “Power”) alternate a ballate acustiche (“Fuck the Rain”, le splendide “Showtime” e “What Am I”) e tracce più suadenti con tastiere marcate ed un forte richiamo agli anni ‘80 (sicuramente il singolo “Do Not Disturb” ma anche “Manchester”, ottimamente costruita, brano migliore del disco oltre che tra le cose più belle pubblicate da lui pubblicate negli ultimi anni). 

Niente di nuovo, quindi, ma per uno con una carriera del genere non è necessario far gridare al miracolo ogni volta, dopotutto già un ritorno come quello del dicembre scorso è stato motivo di abbondante gioia. 

A questo punto attendiamo il terzo disco e speriamo di rivederlo presto in tour. Dalle nostre parti per ora non ci pensiamo neanche ma ci farebbe ugualmente felici vederlo sui palchi americani, in attesa poi che la situazione migliori. 


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