Nel viaggio verso l'anfiteatro, ho incontrato una bella coppia di Monaco di Baviera, un po’ confusa nell’interpretare i messaggi sulla banchina del treno per Ostia Antica. Mi hanno chiesto se parlavo inglese e abbiamo scoperto poco dopo che stavamo andando a vedere tutti Bill Callahan: Michel e Simona, due ex ragazzi con lo spirito da avventurieri della musica. Per fortuna arriviamo puntuali, dopo tanta incertezza. Ci si è augurati reciprocamente buon concerto, con la promessa di un passaggio alla fine del live con la macchina di Matteo, il nostro fotografo, perché altrimenti tornare a Roma diventa un’impresa complicata.
Si alza un vento ciclonico verso sera, mentre il sole al tramonto incendia il cielo verso il mare, e pennella i pini marittimi sullo sfondo del palco. Accidenti, penso, chissà cosa si prova a suonare circondati da tanta bellezza. Con il forte vento e il rombo dei motori degli aerei che atterrano a Fiumicino quasi sopra la nostra testa, la musica del pre concerto a momenti viene quasi coperta e preoccupa il fatto che ogni tre minuti circa ci sia un squarcio sonoro nella tranquillità dell’aria. Chiedo ai fonici se la playlist in ascolto è un desiderio dell’artista. No, nessuna richiesta, solo una indicazione, di una semplicità disarmante: musica soft.
Poco prima del tramonto entra sulla scena un ragazzo maturo che armeggia con la chitarra, troppo elegante nella sua camicia maniche lunghe e pantalone per essere un semplice roadie. Si tratta infatti di Jerry David DeCicca, cantautore statunitense dall'inconfondibile voce baritonale, che apre la serata con un ingresso senza applausi. In compagnia di un calice di vino rosso su un tavolino a lato, senza indugio inizia a suonare.
Dopo il primo brano, seguito immediatamente da meritati applausi, dalle casse del fonico, lasciate evidentemente con il volume del sound check, quando insomma bisogna parlare tra la regia sul palco e la regia sugli spalti, viene sparato ad un volume molto alto: “Mamma mia ma questo c’ha un chitarrone da paura!”. E in effetti, al commento, diversi spettatori hanno annuito compiaciuti e divertiti, approvando questo bel commento sincero: magia dei live.
Jerry conquista applausi sempre più convinti dagli spettatori, che pian piano riempiono i gradoni in pietra del teatro. Dopo una manciata di brani folk cantautorali, tutti basati su un delicato equilibrio di voce, armonica e chitarra acustica, Jerry finisce il rosso e saluta.
Tra un set e l’altro parte il mio trip sulla sociologia del cuscino, ovvero quanti stati di gomma piuma, offerti gratuitamente dal festival, occorrono per ogni sederino presente. Sociologia tra accaparramento e frugalità, ovvero la natura umana dei singoli tra condivisione responsabile e lusso.
Chiedo ai fonici come è stato il check sound di Bill: molto veloce e semplice, rispondono, la voce senza effetti, né riverbero né delay, tutto naturale. La chitarra, elettrica, giusto con qualche effetto.
Ecco Bill Callahan al centro del palco, set essenziale con bass box a pedale, charleston, chitarra e voce, nulla di più. Qualche parola di benvenuto e si inzia subito con "Jim Cain", dal secondo album da solista dopo l’esordio come SMOG, Sometimes I Wish We Were An Eagle del 2009. Un viaggio nell’intimità dei sentimenti più profondi.
"I started out in search of ordinary things
How much of a tree bends in the wind
I started telling the story without knowing the end
I used to be darker, then I got lighter, then I got dark again…"
Un bel biglietto da visita.
La sua voce, così potente, profonda e calda, avvolge tutto immediatamente e apre un cordone ombelicale emotivo con ciascuno dei presenti. Bill è lì e ti parla, cantando come se fossi seduto con lui in una stanza vuota, occhi negli occhi, condividendo il respiro dell’emozione. Non cerca la precisione quando suona, a volte sembra addirittura fuori tempo con la sezione ritmica che lui stesso produce. Non è importante, sono dettagli marginali quando scavi nell’anima o quando racconti il dolore esistenziale, quando la morte ti tocca in sogno ("Eid Ma Clack Shaw").
Le parole sono lo scheletro e l’essenza dell’arte di Callahan, la musica c’è, ma è come il ghiaccio nel bicchiere di bourbon: importante, ma alla fine di una degustazione non ricorderai il cubetto.
Noi, ancora orfani della voce di Mark Lanegan, forse abbiamo trovato balsamo per la nostra anima ferita. Magari i due non si saranno mai incrociati, quando Mark era ancora in vita, ma nella voce di Bill, ascoltando ad occhi chiusi, sembra di cogliere vibrazioni della stessa intensità.
"747", in tema con il traffico aereo che preoccupa Bill, tanto da augurarsi uno stop dei continui atterraggi, racconta: "I woke up on a 747 / Flying through some stock footage of heaven". Un brano sulla purezza della luce alla nascita di un essere umano, tra nuvole ed aerei.
Callahan trova la temperatura della serata ottimale, poi riceve un “Bill we love you!” da una signorina del pubblico e lui ricambia con “I love you too”, semplice semplice.
Il concerto si snocciola alternando brani del passato come SMOG, la sua avventura artistica tra il 1990 e il 2005 e poi come Bill Callahan dal 2007 in poi, fino a concludere il concerto con "In the Pines", un omaggio alle origine del blues di Lead Belly (conosciuta anche come "Where did you sleep last night", celebre cover dei Nirvana nell'MTV Unplugged a New York).
Breve pausa e poi di nuovo sul palco a chiedere al pubblico un paio di canzoni da eseguire: parte un coro indistinguibile e Bill coglie qualche suggerimento dalle prime file ed esegue "Let me see the colts" dal suo repertorio come Smog e "Too many birds" da quello solista.
Ora il concerto è finito davvero, Bill si avvicina veloce al bordo del palco, regala la scaletta a uno spettatore, due rapidi ringraziamenti ed esce. Semplice e brutale, come la natura.
Scaletta:
Jim Cain
Eid Ma Clack Shaw
747
Cold Blooded Old Times (Smog)
Riding for the Feeling
Sycamore
River Guard (Smog)
Coyotes
Teenage Spaceship (Smog)
Cowboy
Partition
Natural Information
Drover
Say Valley Maker (Smog)
The Well (Smog)
In the Pines (Cover)
Encore:
Let me see the colts (Smog)
Too many birds
Le fotografie della serata, a cura di Matteo Nasi
Bill Callahan
Jerry David DeCicca
Per la gallery completa: https://flic.kr/s/aHBqjCmGhZ