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REVIEWSLE RECENSIONI
13/12/2022
Larkin Poe
Blood Harmony
Sesto album per il progetto musicale creato dalle sorelle Rebecca e Megan Lovell, che si muove con straordinaria efficacia tra territori roots, mescolando rock, blues e soul.

Dopo due acclamati album, Venom & Faith e Self Made Man, che hanno implementato la loro rilevanza mediatica, ottenendo anche ottimi riscontri di vendite, le Larkin Poe, ovvero le sorelle Rebecca e Megan Lovell, duo roots rock con sede a Nashville, pubblicano Blood Harmony, un disco che nasce come tributo alla loro identità sudista (sono originarie di Atlanta, Georgia) e che dispiega uno scintillante armamentario musicale composto di blues, rock e southern. Un lavoro, questo, che impone, ancor più di prima, le Larkin Poe come una realtà potente nel panorama rock blues contemporaneo, e che sprigiona tutta la loro forza di donne indipendenti e consapevoli, cantanti, cantautrici e musiciste di grandissimo talento.

Entrambe polistrumentiste, Rebecca e Megan Lovell hanno creato un meccanismo perfettamente sincronizzato, in cui la prima è la voce solista e si cimenta anche alla chitarra e alle tastiere, mentre la seconda, che si dedica alle armonie, suona sia la lap steel che la resofonica, dando alle canzoni un tocco roots inconfondibile. Coprodotto dalle due ragazze insieme al chitarrista texano Tyler Bryant (Tyler Bryant & the Shakedown), che è anche il marito di Rebecca, Blood Harmony, si avvale del contributo di un’ottima backing band (il batterista Kevin McGowan e il bassista Tarka Layman) e, come accennato, indirizza la propria narrazione sul legame fra le due ragazze e la loro terra, gli affetti e le relazioni famigliari.

Brave a maneggiare le radici blues, utilizzando con sapienza gli strumenti della tradizione, Rebecca e Megan aggiungono alla ricetta anche uno spigliato approccio rock, un’inevitabile tocco southern e, all’occorrenza, un pizzico di soul, facendo leva su ottimi intrecci vocali e un senso del ritmo irresistibile.

Appare chiaro, fin dall’opener "Deep Stays Down", che le ragazze abbiamo lavorato molto bene anche sul songwriting, oggi più efficace che mai. L’inizio è folgorante e mette subito le carte in tavola: un inquietante ritmo blues, che pur nella sua semplicità crea immediatamente una grande atmosfera, portando l’ascoltatore alle radici del suono, fra scenari paludosi, e una storia di assassinio e dannazione (“There's a bullet in the gun, The gun went missing, Suspicion blew up like a shotgun shell, Zipping your lips. Keep the truth in prison…”).

Le medesime atmosfere gotiche avvolgono Bad Spell, un grintoso blues rock che piacerebbe tanto a Jack White, e che suona cupo, intenso, riuscendo a far convivere contemporaneamente la ferocia con un irresistibile appeal di ascolto.

Il disco, poi, prende altre direzioni, abbracciando la ballata soul in "Might As Well Be Me", o il country rock radiofonico di "Georgia Off My Mind", una vera e propria lettera d’amore alla terra natia, abbandonata dalle due ragazze per inseguire i loro sogni di musiciste, in cui la slide serpeggia sorniona fra splendide armonie.

Quando, poi, Rebecca e Megan mostrano i muscoli, il risultato è davvero sorprendente, ed è una goduria lasciarsi strattonare da brani come "Strike Gold", canzone che è un vademecum su come le Larkin Poe sappiano scrivere canzoni che si piantano in testa alla velocità della luce: una tagliente lap steel, un irresistibile groove, sincronizzati fraseggi vocali e una sezione ritmica potente e serrata.

Tutto funziona davvero bene in una scaletta che non lascia spazio a filler, sia quando nella title track si evoca un assolato immaginario sudista, sia quando, come in "Summertime Sunset" la potenza espressiva delle due ragazze lambisce territori contigui all’hard rock. Il disco termina esattamente come è iniziato, con il blues, questa volta scarno, di "Lips As Cold As Diamonds", un altro brano attraversato da atmosfere gotiche, in cui i riferimenti alla morte si muovono attraverso un’ossatura malinconica, in cui si intrecciano chitarre acustiche ed evocativa pedal steel.

Non vi è dubbio che le Larkin Poe siano maturate tantissimo e che oggi abbiano un’esperienza alle spalle che consente loro di muoversi attraverso sonorità roots con grande autorevolezza. E ben venga anche quel filo di furbizia melodica con cui riescono ad accostarsi anche a orecchie meno allenate al genere: Blood Harmony è un ascolto che conquista dalla prima all’ultima traccia, un gran disco, direi il migliore della loro, ancor breve, ma entusiasmante carriera. Raccomandato.