Cerca

logo
Banner 2
REVIEWSLE RECENSIONI
28/11/2025
Twenty One Pilots
Breach
Breach chiude un’epoca iniziata più di dieci anni fa, permettendo ai Twenty One Pilots di lasciare andare una parte importante e appassionante del loro passato per potersi dedicare a tempo pieno al loro futuro. Non prima però di aver regalato ai fan il migliore album che erano in grado di donare loro, denso di tutto ciò che potevano sperare di trovare.

Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”. 

(Winston Churchill) 

 

Iniziare un nuovo cammino spaventa. Ma dopo ogni passo che percorriamo ci rendiamo conto di come era pericoloso rimanere fermi”. 

(Roberto Benigni) 

 

Quando l’anno scorso ci chiedevamo se quella di Clancy fosse davvero la fine dei Twenty One Pilots (e il duo ce l’ha messa davvero tutta per far sembrare fosse così), non ci aspettavamo di certo di vedere un nuovo album già dopo 16 mesi, soprattutto per una band che in genere lascia passare circa tre anni tra ogni LP. Tyler Joseph e Josh Dun, come esplica anche il titolo stesso del nuovo LP (Breach: violazione, rottura), “violano il contratto” (il primo singolo dell’album si chiama infatti “The Contract”) e stupiscono gli ascoltatori con nuovi brani, che altro non sono che una sorta di “parte due” al discorso iniziato con Clancy, un po’ come quando l’ultimo film di un’importante saga viene diviso in due parti.

Dopo una narrazione decennale i due non hanno resistito a mettere in atto un piccolo colpo di scena, realizzando quello che potremmo definire anzitutto un fan service: un addio e un grazie speciale ai fan più accaniti. Le nuove (bellissime) canzoni, infatti, più che concludere una saga a livello narrativo (i riferimenti e gli easter egg continuano comunque copiosi, non temete), è come se facessero piazza pulita dei fondi di magazzino, pubblicando e concludendo tutto ciò che poteva essere sospeso, in modo da poter tornare tra un po’ di tempo – si spera – considerando il capitolo precedente del tutto concluso. Pulizia, riordino, saluti e ci troveremo a vivere insieme le storie di un nuovo libro, iniziando insieme su una pagina intonsa.

 

Breach contiene tracce davvero notevoli, alcune molto belle, altre decisamente meravigliose. Il duo, d’altronde, ha classe da vendere e, nonostante la loro formula di synth pop elettronico, alternative ed emotivo sia stata ormai adottata da molti artisti e sia stata di ispirazione per molti altri (basti pensare che sono stati uno dei gruppi preferiti di Billie Eilish durante la sua formazione e che i Turnstile hanno ingaggiato Adam Hawkins, ingegnere dei Pilots, per lavorare ai loro dischi), i Twenty One Pilots sono stati i primi a coniarla, realizzando album che hanno sconvolto, affascinato e forgiato una generazione. Anzi, almeno un paio, visto che la fauna presente ai loro concerti rimane ancora molto giovane, nonostante i primi ad innamorarsi di loro abbiano ormai più di trent’anni.

Le canzoni presenti in Breach, quindi, saranno anche un minestrone svuota frigo, ma contengono la stessa bontà delle ricette della mamma o della nonna, quelle che nonostante ad un primo sguardo sembri che in dispensa non ci sia più nulla, chissà come realizzano un miracolo e mettono in tavola pietanze sopraffine, che evitano ogni spreco e deliziano il palato, quasi inconsapevoli del fatto che, con il loro incredibile gusto ed equilibrio, finiranno per deliziare anche i ricordi.

 

Come il suo predecessore, Breach contiene 13 tracce che consolidano l'ultimo capitolo della storia di Clancy, tra riferimenti di ogni genere (melodici, ritmici e testuali) e melodie che fondono elementi vecchi e nuovi, adatte ai fan di ogni epoca. Un grande riassunto frullato del meglio della storia dei Twenty One Pilots con qualche B side in più.

Le liriche di Tyler sono la guida, muovendosi senza timore nell’oscurità della battaglia per la propria salute mentale e contro le insicurezze, ma lasciando sempre spazio a barlumi di speranza, mentre la batteria di Josh dà una spinta alle canzoni, sostenendo per la prima volta l’amico non solo sul piano ritmico ed emotivo, ma anche dal punto di vista vocale, realizzando il primo contributo, atteso da anni dai fan.

 

“City Walls” è sia la traccia di apertura sia il culmine della storia dal punto di vista narrativo, ricollegandosi anche nel video all’ultima traccia di Clancy, “Paladin Strait”. Da un lato la conclusione del disco precedente con una sconfitta (apparente o parziale?), dall’altro l'occasione di una seconda possibilità di fronteggiare le proprie paure e insicurezze. “RAWFEAR”, con un bridge che simula un attacco di panico, rappresenta invece l'ansia e il controllo che questa può avere sul benessere di una persona. In risposta segue “Drum Show”, dove il compagno Josh Dun prende il controllo, tanto da cantare anche un piccolo pezzo di bridge, in cui dice “Sono sempre stato così, voglio cambiare”, cui segue la voce di Tyler che urla, sottolineandola, la parola “change”, con un effetto catartico. Che siano tutti piccoli segnali che non solo questa è la vera fine, ma il proseguo sarà diverso e, si spera, molto più liberatorio per il duo su ogni fronte?

“Garbage” non è forse la migliore canzone del lotto e si struttura sulla classica dicotomia “melodia allegra con testo disperatamente depresso – mi sento come spazzatura”, ma ci si può consolare subito dopo con il singolo principale “The Contract” e soprattutto con la seguente, meravigliosa, “Downstairs”. È qui infatti che si iniziano a giocare i veri assi e l’album inizia a far brillare il suo valore. Sicuramente la migliore traccia dell’album, “Downstairs” racconta di un metaforico “piano di sotto”, una cantina in cui il narratore nasconde le sue convinzioni e le sue emozioni agli altri e forse anche a se stesso, e ha una particolarissima genesi. Si tratta di una demo strumentale di 14 anni fa, apparsa per la prima volta in un video di un tour del 2012 e da allora conosciuta dai fan come “Korea”; è rimasta da allora sul computer di Josh, il quale in occasione dell’uscita di Breach ha chiesto all’amico: “E se finissimo la canzone?”. Tyler all’inizio non ne era persuaso, poi ha iniziato a lavorarci e si è reso conto di aver realizzato una canzone fantastica che, a parere di chi scrive, rischia addirittura di entrare a far parte delle migliori mai realizzate dalla band. Minimalista, sintetica e con un climax da brividi.

 

“Robot Voices” prosegue in parte le vibrazioni magiche, parlando della capacità di permettersi di innamorarsi nonostante la paura e il sentirsi indegni di farlo. Particolarità della traccia è il fatto che risulta a tutti gli effetti una collaborazione con i newyorkesi Blanket Approval, in quanto la canzone è stata originariamente composta da loro (“My Soft Spots My Robots”, nda), ma Tyler se n’è innamorato, l'adorava, ma avrebbe preferito che il bridge fosse il ritornello, per cui ha contattato la band e ha chiesto di poter modificare la canzone, dando vita a una collaborazione tra i due gruppi. Tyler ha inoltre dichiarato che la band avrebbe ricevuto una parte dei diritti del disco e li ha anche messi in contatto con un editore per la loro musica.

La seguente “Center Mass” presenta una clip audio di quello che i fan hanno definito “drumgate” (qualcuno che assisteva ad un loro concerto a Manchester ha portato a casa una delle batterie di Dun utilizzate durante la loro esibizione di “Trees”) e riflette sulla vulnerabilità, sulla perdita e sulla tendenza a rimpicciolirsi dinnanzi al dolore e alla pressione che in genere si sente nel petto in questi casi. Fragilità e resilienza.

Subito dopo, il tema del dolore prosegue con “Cottonwood”, un dolce tributo al nonno di Tyler, mancato all’inizio di quest’anno, ma si possono raccogliere anche alcuni dei versi migliori dell’album, quali: “Guardo indietro nel tempo attraverso un telescopio / Ho già catturato il mio riflesso che guarda”.

 

“One Way” riprende fortunatamente a risollevare morale ed energia con una linea di basso che invoglia alla danza, nonostante parli delle difficoltà nello stare lontano dalla famiglia durante i tour, pur apprezzando e ritenendo importanti entrambi. Ambizioni e limitazioni, dubbi e libertà, amore per due fattori che si intersecano ma portano anche gli uni lontani dagli altri. La fine della canzone presenta un messaggio vocale di Josh in cui chiede al suo compagno di band del bizzarro “cambiamento di atmosfera” nel mettere questa canzone subito prima di “Days Lie Dormant”, il brano successivo. La dolce traccia è parte della lunga sequela di canzoni dedicate all’amata moglie di Tyler, Jenna, con cui è sposato dal 2015 con tanto di figli al seguito. Qui Tyler racconta del suo desiderio essere a casa con lei e di come, senza di lei, i giorni siano quasi dormienti, perché ogni giorno senza poterle mostrare il suo amore e trascorrerlo con lei, è un giorno perso.

Con “Tally” si inizia a sentire l’odore della fine e la traccia è sibillina, a metà tra una dichiarazione al suo amico Josh e ai fan, dove si enuncia con forza la definitività di questa lunga saga della lotta tra Clancy e Dema, dove finzione e autobiografia, mitologia e esperienza vissuta, si sono sempre intrecciate indissolubilmente. Si arriva così alla conclusiva “Intentions”, che termina l’epopea sottolineando come alla fine ciò che conta sono le intenzioni con cui si affronta la vita, i suoi avvenimenti e le sue difficoltà. Si può solo cercare di imparare da quanto accade ad ognuno e cercare di essere sempre se stessi, non mollando mai, nemmeno di fronte all’inevitabilità di un’ulteriore caduta, perché saranno le intenzioni che muovono ognuno di noi a renderci liberi.

 

L’intenzione e l’augurio, a questo punto, è che i due compagni di avventure si prendano il tempo di godersi famiglie, compagne e figli (in arrivo anche per Josh) e possano poi tornare sulle scene con un nuovo progetto, un nuovo capitolo o nuova saga, o anche solo semplicemente nuova musica, realizzata come vorranno loro, perché non hanno più nulla da dimostrare, nessun senso di colpa da dover seguire e nessun filo pendente da dover tornare a intrecciare.

Sono ormai anni che stanno lasciando sottendere che non vedevano l’ora di poter cambiare, con questo ultimo lavoro l’hanno urlato, spiegato, hanno regalato ai fan tutti i giochi, riferimenti e suoni che potevano volere, e ora è il momento che voltino pagina e possano iniziare ad occuparsi non di qualcosa che parlava di un “loro” iniziato più di dieci anni fa, ma del loro adesso. Perché non c’è augurio migliore ad un artista che permettergli di essere libero di esprimersi a tutto tondo, nei modi e tempi che desidera, creando la sua arte libero da ogni condizionamento, anche da quelli creati da se stesso.