La gente seria la trovi a sudare sul palco, senza trucchi o facili scorciatoie. La verità spesso è così diretta e sempre, alla fine. E questi rockers inglesi che infiammano i cuori romantici del rock più soffuso e intenso, potrebbero anche tirare i remi musicali in barca e fare il minimo indispensabile, dopo quarant’anni di storia e almeno un paio di capolavori in studio.
E invece no, gli FM te li ritrovi al Frontiers Rock Festival a Trezzo Sull’Adda nella primavera del 2025, come una delle realtà più fresche e sincere, con un set acustico acclamato e ricco di autentico soul urbano e un concerto elettrico che va raccontato con una certa perfidia, ma non diretta verso di loro.
Si sa ma non si dice, che tante band odierne e anche qualcuna storica, usi diverse basi strumentali e vocali in concerto, sui cui poter performare in tutta sicurezza. Questi suoni sontuosi e perfetti non si sentono per nulla negli FM, che trattano il palco come se fosse il luogo che amano di più, dove divertirsi e divertire. No basi, no trick magici, sono tanta passione e un mestiere leggendario che viene usato al meglio, sempre.
E se si becca una serata storta, oppure qualcuno fa un errore, ci pensano i fan a cantare e battere le mani, perché non è una questione di essere impeccabili, ma di emozionarsi. Questi signori attempati ma sorridenti sono poi guidati da un cantante che non ha eguali in questo genere, per mille deliziosi motivi diversi.
Steve Overland è una voce tutta soul e prestata al rock melodico, come se Michael Bolton non si fosse dedicato al pop di plastica e avesse proseguito verso l’eccellenza dei suoi primi lavori, ma siamo anche oltre. C’è quel velo di semplicità quotidiana nei gesti di Steve che quasi disarma, in cui la sua voce crea sempre qualcosa di diverso e la tecnica vocale si tuffa nel cuore di una notte calda, in cui ci si sente un po' meno soli.
Se dal vivo gli FM si distinguono tra mille, la band dopo la reunion del 2007 ci ha regalato un serie di album sempre solidi e sicuri. Tu sai che loro daranno sempre tutto e che le canzoni che ascolterai saranno il meglio di quello che l’ispirazione porterà in quel determinato momento storico.
La sorpresa è che questo Brotherhood, album numero quindici della discografia, è ancora meglio del previsto. Saranno state le acclamazioni dei fan nei concerti oppure qualche nuovo amore, ma le undici tracce dell’album sono una lezione magistrale di rock melodico fatto con anima e ispirazione massima, grazie anxora a una varietà mai banale e sempre “urgente” come dovrebbe essere. Le note sono sempre quelle ma c’è qualcosa nel suono che le rende nuove e diverse.
Certamente il merito è anche di una produzione incredibilmente “calda” e vibrante, dove la chitarra di Jim Kirkpatrick cesella e non mostra i muscoli tanto per farlo. Eleganza, freschezza e un senso della misura che asciuga tutto e si concentra solo sulla bellezza purissima delle melodie.
Su Steve Overland non possiamo davvero aggiungere altro che stupore per un timbro che regala autenticità e un senso di intimità mai lezioso o finto. Sono i piccoli tocchi che rendono i brani così speciali, dal tocco soul dell’iniziale “Do You Mean It”, alla coralità gospel della densissima ballata “Just Walk Away”, alla sinuosità bonjoviana di “Raised On The Wrong Side” e si può anche deviare leggermente la rotta, verso un pop leggermente più moderno ma sempre struggente, come nella malinconica “Because Of You”.
Brotherhood è un lavoro che profuma di verità e che narra di sentimenti semplici e autentici. Una sorta di racconto quotidiano di come noi viviamo, fatichiamo e ci innamoriamo.