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REVIEWSLE RECENSIONI
18/11/2020
Elasi
Campi Elasi
“Campi Elasi” è un Ep di sei pezzi e dura 18 minuti ma non formalizziamoci troppo: nell'era della inesorabile parcellizzazione dell’ascolto e del singolo padre e padrone, con gli stessi album che spesso non arrivano a durare più di mezz'ora, avere tutte queste canzoni insieme è manna dal cielo, facciamocelo bastare.

Quello che il pubblico recepisce semplicemente come “il disco d’esordio”, per un artista è spesso e volentieri frutto di un lungo cammino, quasi sempre difficile e poco lineare. Il caso di Elasi è da questo punto di vista emblematico: Elisa Massara, che è originaria di Alessandria ma che vive da qualche anno a Milano, aveva già alle spalle una lunga gavetta come musicista e cantante quando, con il monicker Elasi, ha iniziato la sua avventura discografica sotto l'egida di Costello's. “Benessere”, il primo singolo, è uscito esattamente due anni fa, ottobre 2018. Un brano accattivante, con un bel ritmo Dance, un timbro vocale caldo e funzionale al mood, una produzione tamarra al punto giusto e, dulcis in fundo, un video che più che da semplice accompagnamento funzionava come un vero e proprio strumento per andare più a fondo del concept narrato. 

Il gennaio successivo è uscito “Vivo di vividi dubbi”, un brano molto diverso per intenzioni che tuttavia ha confermato le potenzialità dell'autrice e aumentato le aspettative per ciò che sarebbe seguito. Se n'è accorta anche la Sugar, che l’ha presa sotto le sue ali protettrici e l’ha fatta lavorare con diversi produttori della sua scuderia. Sono usciti altri due singoli, “Si salvi chi può” e “Continenti” ma nel frattempo non tutto ha funzionato come avrebbe dovuto, c’è stato il divorzio da Costello's e la Sugar non pareva così pronta ad investire nel progetto. Questa fastidiosa fase di stallo (un'insidia notevole per ogni artista agli esordi, lo abbiamo visto più volte in passato) si è per fortuna risolta con l'ingresso nel roster di Neverending Mina, neonata etichetta gravitante sempre nella galassia Sugar e l'uscita del tanto atteso debutto di lunga durata. 

“Campi Elasi” è un Ep di sei pezzi e dura 18 minuti ma non formalizziamoci troppo: nell'era della inesorabile parcellizzazione dell’ascolto e del singolo padre e padrone, con gli stessi album che spesso non arrivano a durare più di mezz'ora, avere tutte queste canzoni insieme è manna dal cielo, facciamocelo bastare. 

“Campi Elasi” è al contempo un disco nuovo e un compendio della prima fase dell'artista piemontese: dei brani in scaletta, quattro (i singoli” Valanghe” ed “Esplodigodi”, “Sentimentale anarchia”, e “Voli pindarici”), seppure radicalmente riveduti e corretti, provengono da una session romana con Fabio Grande e Pietro Paroletti e costituivano già l'ossatura dei live che abbiamo visto in questi anni. I restanti due, “Souvenir” e “Supererrore” sono invece del tutto inediti e frutto del lavoro recente in casa Sugar. 

Il risultato comunque è omogeneo: i numerosi contributi esterni, il fatto di aver assemblato questi brani in studio, cucendo loro addosso varie componenti, affidandoli a produttori diversi e interagendo a distanza con musicisti di tutto il mondo, non ha impedito che passasse la linea di fondo: “Campi Elasi”, come fa intuire l'ironico gioco di parole del titolo, ha a che fare con la beatitudine e la liberazione, è uno spazio di gioia e condivisione al termine di un lungo cammino fatto anche di giorni bui e di sofferenza. Ci sono dentro le difficoltà personali di quando alcuni di questi episodi sono nati, c’è tutto il travaglio di un percorso fruttuoso ma anche ricco di fermate e ripartenze; c’è, ed è l'aspetto in assoluto più importante, la musica come linguaggio universale, come antidoto per tutti i mali, come mezzo privilegiato per esprimere quel che si custodisce nell'anima. 

Ed Elasi è davvero un'artista completa: ha la preparazione musicale che occorre per concepire brani che non si esauriscano solo in un beat immediato e in un ritornello facile da canticchiare, ha la voce per poterli cantare ed interpretare, la presenza scenica e il carisma per poterli fornire di una parte visiva che li riesca a completare idealmente. Non ci si stupisca dunque se questo lotto di canzoni si muove costantemente tra leggerezza e profondità, utilizzando prevalentemente il linguaggio della Dance e dell'elettronica, con la sezione ritmica in primo piano e la melodia di facile presa a farle da padrone, ma allo stesso tempo presenta arrangiamenti complessi e stratificati, fatti anche di numerose incursioni nella World Music, con la partecipazione di artisti provenienti da diversi angoli del mondo (Elisa è sempre stata chiara nell'affermare che la musica non può esaurirsi nella sola proposta del canone occidentale, per quanto a noi più familiare). 

Si parte con “Supererrore”, aperta dalla balalaika di Domenico Cambareri, che dà un tocco inusuale ad un brano che flirta quasi subito con sonorità Trap, grazie ai Beat di Mastermaind e alla coproduzione di Stabber. C’è un bel ritornello in cassa dritta e in generale il tiro è notevole, l’ideale per incominciare. La successiva “Esplodigodi”, è altrettanto valida, lenta e sensuale nell'andamento, tenuta su da un gran lavoro di percussioni e alla presenza del duduk, uno strumento tradizionale armeno suonato da Mekhak Torosian (aggiungo che, in un momento così drammatico per la storia di questo popolo, questa canzone potrebbe anche servire a lanciare un messaggio di speranza). Atmosfera che cambia completamente con “Supererrore”, altro brano dall'impronta elettronica molto forte, atmosfera ironica e giocosa, frutto di una session in totale libertà assieme a Federico Secondomè, che ha improvvisato tantissimo e ha sostanzialmente utilizzato tutto quello che c'era in studio per dare corpo ad un brano che ha un tocco di meraviglioso nonsense. 

“Sentimentale anarchia” è forse l’episodio più immediato dei sei, quello che gioca maggiormente col Pop e che spinge sin dall’inizio, con un irresistibile uptempo che parla il linguaggio della Disco Funk. Il testo esprime l'idea di usare a proprio vantaggio le ferite che la vita infligge e il mood generale ne dà piena conferma, con la produzione di Frank Carozza e la preziosa partecipazione del balaphon di Zam (il musicista maliano Moustapha Dembelè). 

“Valanghe” era quella che conoscevamo meglio, visto che ha anticipato di alcune settimane l'intero lavoro. Curiosa intro con chitarra e vocoder, poi il solito Stabber dà inizio alla festa, dando corpo ad un messaggio molto semplice, che vivere fuori dagli schemi e uscire dai sentieri tracciati in precedenza può sortire anche effetti di inaspettata costruttività. Molto interessante la partecipazione del musicista indiano Kamod Raj che interviene con la tabla e con un canto della tradizione sufi. Impressionante notare come elementi culturali così diversi possano stare insieme a meraviglia. 

La chiusura con “Voli pindarici” è poi quanto di meglio ci potessimo aspettare: un altro pezzo trascinante e immediato, un tiro pazzesco e un ritornello che esplode sopra un'intricata tessitura strumentale, tenuta insieme magnificamente da un trio di produzione formato da Golden Years, Fabio Grande e Simone Manzotti (già con gli After Salsa e compagno fedele di Elisa in tutti i live svolti sin qui). Ad impreziosire il tutto, lo Zhongruan (uno strumento cinese a corde) suonato dal musicista di Singapore  Sulwyn Lok e le percussioni del brasiliano Bela Couy. 

“Campi Elasi” è un lavoro ispirato e poliedrico, che rappresenta la summa della prima fase del percorso artistico di Elasi ma anche il punto di partenza per ulteriori evoluzioni e conquiste. Siamo davvero curiosi di scoprire quel che succederà. 


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