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REVIEWSLE RECENSIONI
10/06/2025
Annie & The Caldwells
Can't Lose My (Soul)
Quello di Miss Annie e della sua straordinaria famiglia di musicisti è un segreto rimasto nascosto per lungo tempo, che oggi vede la luce con un disco che propone, attraverso sei splendide canzoni, un'anima gospel ibridata. ballabile e avvincente.

Ci sono storie di musica belle da raccontare, in cui è un colpo di fortuna o, se volete, il caso, a far emergere un talento che diversamente sarebbe rimasto semi nascosto, godimento di una nicchia di pochi fortunati.

A West Point, Mississippi, i Caldwell sono rimasti un segreto gelosamente custodito per oltre venticinque anni, avendo registrato solo due cd a distribuzione limitata per l'etichetta Ecko di Memphis (Answer Me nel 2013, We Made It cinque anni dopo), promossi in piccoli locali del sud-est americano. Mezzo secolo fa (era il 1974), tuttavia, Miss Annie faceva parte di un altro gruppo familiare, gli Staples Jr Singers, insieme ai suoi fratelli, ed è stato dopo che una copia del loro album di debutto, When Do We Get Paid, è arrivata, dopo un giro tortuoso, all'attenzione di David Byrne, che la storia ha iniziato a farsi interessante. Già, perché quando quel disco, grazie agli offici dell’ex Talking Heads, è stato ripubblicato da Luaka Bop nel 2022, la straordinaria cantante ha pensato bene di battere il ferro finchè caldo e di tornare a pubblicare qualcosa con in membri della sua seconda famiglia.

Ecco, allora, questo nuovo Can’t Lose My (Soul), che vede la titolare del progetto, con la sua voce impossibile, in prima linea, affiancata dalle figlie Deborah e Anjessica e dalla figlioccia Toni Rivers, tutte e tre ai cori, dal figlio maggiore Willie Jr al basso, vera spina dorsale dei brani con le sue linee elastiche, il fratello Abel, ritmica solida come la roccia alla batteria, e William Sr., marito di Annie, chitarrista dal tocco psichedelico, intriso di acidi e zolfo.

I sei brani presenti in scaletta arrivano dai due dischi pubblicati precedentemente fascinosi vademecum del genere gospel. Anche in Can’t Lose My (Soul) il gospel è preponderante, ma è evidente la volontà di ibridare il suono attingendo anche dal rock, dal funky e dal soul, dando vita a sei canzoni che nella loro fluida essenzialità citano Eddie Hazel, i Family Stone, Sam Cooke, Aretha Franklyn, Mavis Staples, solo per citarne alcuni.

L'etichetta ha allestito il proprio studio al Message Center, la chiesa di West Point dove Willie Sr suona la chitarra la domenica, e ha chiamato il produttore Ahmed Abdullahi Gallab, alias Sinkane, il quale ha adottato un approccio non invasivo. Gli arrangiamenti, infatti, sono ridotti all'essenziale, lasciando che l'essenza grezza affiori in superficie ed evocando la forza dei sentimenti che traspare dalle performance dal vivo della band. Che non punta alla perfezione, non prova alla nausea i brani, ma che si abbandona all’istinto, all’intuito famigliare (sulla logica ”basta uno sguardo”) e, ovviamente, alla strada indicata dal Signore.

Sei canzoni che sono autentiche perle, ancorate prevalentemente alla tradizione call and response, che ha le sue radici in Africa, ma aperte a incorporare, con semplice fluidità, elementi provenienti da altri rami della black music. Non stupisce, dunque, che l’apertura della scaletta sia affidata ai due minuti e mezzo di "Wrong", pura essenza funky disco, in cui un’indiavolata Annie trova un più morbido contrappunto nei cori delle figlie. Il gioco delle voci, il botta e risposta è l’anima della stupefacente title track, in cui una sinuosa linea di basso accompagna Annie in quella che è un’evidente improvvisazione gospel di dieci minuti, in cui la musica si gonfia di spiritualità ogni volta che il call e response si fa più intenso.

"I Made It" e "Dear Lord" viaggiano nuovamente su sonorità funky, la prima più spedita e pronta a scatenare il dancefloor, la seconda, più cadenzata e torbida, vede, invece, Annie cantare le lodi al Signore in un intreccio che sa di sacro e profano.

In scaletta altre due meraviglie: il groove turgido di "Don’t Hear Me Calling", che fonde mirabilmente gospel, blues e soul in un crescendo ipnotico corroborato nel finale da un assolo in acido di William Sr., e "I’m Going To Rise", un ballatone strappamutande che sembra riportare in vita il grande Isaac Hayes.

Miss Annie predica dal profondo della sua anima e ti chiede di seguirla sulla strada tracciata dal Signore, in un percorso spirituale che è salvezza e redenzione, lenimento ai mali del mondo, ascensore per il Paradiso. Non importa che tu ci creda o meno, basta ballare e inebriarsi di una musica bellissima, perché nulla al mondo avvicina a Dio più di questa sublime forma d’arte.