Con molta meno importanza ma è la mia sensazione e penso che sbagliare questa volta sia davvero difficile. Se ancora non vi fosse capitato di incrociare la chitarra talentuosa e la voce bagnata da tutto il whiskey che ancora non ha fatto a tempo a bere di Marcus King, beh con Carolina Confessions il ragazzo di Greenville, South Carolina, vi condurrà verso un potente soul blues, quel soul blues che fa sbattere i piedi in terra e, pochi secondi dopo, piangere dall'emozione.
Lontano da metafore ardite infatti, Carolina Confessions vive proprio di questo contrasto. Così vi troverete a ballare senza freni in "How Long", in cui la sua Gibson ES-335 sembra nascondersi a favore del groove primitivo della band e poi, senza accorgervene, piangerete commossi sulle note di "Goodbye Carolina", un brano che raramente si ha la fortuna di ascoltare.
Se Marcus King, appena ventiduenne, è il re assoluto della formazione, i suoi sodali non sono da meno: la sezione ritmica composta da Jack Ryan (strepitosa la sua prova dietro le pelli della batteria) e dal bassista Stephen Campbell è senza ombra di dubbio degna di nota, così come l'eccelso lavoro all'Hammond di Deshawn Alexander. E poi c'è la sezione fiati, senza i quali la Marcus King Band sarebbe qualcosa di parziale.
In Carolina Confessions c'è la musica, quella con la "M" maiuscola che abbiamo ormai dimenticato. In "Confessions" i fantasmi del Joe Cocker di Mad Dogs & Englishman entrano prepotenti nelle casse, anche se l'assolo finale riporta tutto nello stile della TMKB. "Side Door", incredibile a dirsi, si aggira dalle parti di Mavis Staples, ed il soul pervade qualsiasi nota. Anche l'opener "When I'm Headed", che apre le danze con un pop/soul che parte acustico per ingrandirsi con il passare dei minuti ricorda tanto i momenti più felici della Tedeschi Trucks Band, quella freschezza difficile da trovare quando si propone una musica così ricca di sfumature ma allo stesso tempo così devota alle radici. In "Remember" Marcus si fa storyteller, mentre in "8 a.m." il riff viene lasciato agli ottoni.
Quella band che solo due anni fa mostrava i muscoli in un album che non abbiamo esitato ad amare, oggi è un combo di classe sopraffina ma, allo stesso tempo, è diventata sublime nello scrivere grandi canzoni e nell'arrangiarle, quasi ci trovassimo di fronte ad una attempata banda di acclamati musicisti ultracinquantenni. Non è così, per nostra fortuna, ed allora non mi resta che consigliarvi di uscire di casa e correre a prendere una copia di Carolina Confessions, come si faceva una volta, andando al negozio di dischi in centro città ed assaporando le canzoni una dopo l'altra. Tra qualche anno rimarrà una delle pietre miliari di questo decennio. E non dite che non ve l'avevamo detto.