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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
30/06/2025
Live Report
CCCP Fedeli alla Linea, 27/06/2025, Auditorium Parco della Musica, Roma
Irregolari, imprevedibili, Intramontabili. I CCCP annunciano la loro “Ultima chiamata”, rifanno i conti con la loro storia e gettano il loro sguardo anche sul presente che capire non sappiamo.

I CCCP ci prendono ancora un volta in contropiede e, non appagati della reunion dello scorso anno, si lanciano in un nuovo minitour che ha il sapore del commiato. Il titolo-slogan è significativo: “Ultima chiamata”. Come se in qualche modo noi fossimo distratti la volta scorsa, come se non avessimo dato la giusta considerazione a questo fantasma che si aggira per l’Europa, di nuovo e non sappiamo ancora per quanto.

L’ensemble originario di Reggio Emilia e Berlino è sempre stato indefinbile (sì, è stato catalogato come punk emiliano melodico filosovietico, ma sappiamo che anche un’etichettatura più lunga non aiuterebbe a catagolare in maniera soddisfacente il materiale e l’immaginario del gruppo) e spesso si è distinto per gesti impredevedibili, scarti improvvisi, dichiarazioni spiazzanti. Parliamo del gruppo punk che in Italia tra i primi s’impegnò con una major (“fedeli alla lira” fu il commento di allora), quello che incise un singolo con Amanda Lear, quello che sfidò una sera Arezzo Wave con una performance inattesa con lo slogan “Arezzo mi attrezzo per il tuo disprezzo”.

Seguire la parabola artistica e del pensiero del leader Giovanni Lindo Ferretti in questi ultimi decenni, poi, è stato impegno non da poco. È un viaggiatore mistico in un tempo non suo. Piuttosto che fare il recap delle sue dichiarazioni, preferiamo andare a vedere cosa ci riserva la prima serata di questo tour, unendoci al pubblico che a Roma gremisce la Cavea dell’Auditorium.

 

Si inizia con “B.B.B” e “A ja ljublju SSSR”, il brano scandito sulle note del vecchio inno sovietico (che poi, come musica, è lo stesso della Russia di oggi). Mi ritornano in mente le parole del chitarrista Massimo Zamboni sul perché di questo inizio di scaletta: “Questo è un concerto dentro le rovine di imperi che pensano di poter dominare il mondo e in realtà si stanno sgretolando. E cosa c’era di più adatto dell’inno di un impero, quello dell’Urss, che si è sgretolato?” e ritrovo qui i CCCP con il loro sguardo obliquo sul mondo, con questi pensieri che non si possono catalogare ma che ti rimangono in testa.

Il live continua con “Rozzemilia” e “Tu menti”, il pubblico della platea non è comodamente seduto ai propri posti, ma si accalca sotto il palco e questi sono i brani che invitano al pogo più sfrenato. Il cielo fiammeggia con un lungo tramonto neanche a farlo apposta di un colore rosso acceso, che sfuma mentre una falce di luna fa capolino tra i contorni degli edifici dell’Auditorium.

La scaletta continua fino a toccare brani suggestivi come “Libera me domine” e “Madre”. Il Ferretti mistico, quello che con naturalezza e disincanto scriveva un brano dedicato alla Madonna e lo inseriva tra un’invettiva e un pezzo politico.

 

Ho la sensazione che il pubblico si faccia più presente e coinvolto quando la band si lancia nella lunga cavalcata di “Maciste contro tutti”, che dal vivo non può lasciare indifferenti. Ferretti e Zamboni sono sul palco con Ezio Bonicelli (chitarra e violino), Luca Rossi (basso), Simone Filippi (batteria), Gabriele Genta (percussioni), Simone Beneventi (percussioni e tastiere), alcuni di loro reduci degli Üstmamò.

I brani sono accompagnati come era alle origini della band dalle performance e dalle coreografie di due elementi orginari del gruppo: Danilo Fatur e Annarella Giudici. Erano la parte dei CCCP visibile solo nei concerti, che avvicinavano e avvicinano ancora oggi le esibizioni del gruppo a una performance multimediale. Di nuovo un elemento di unicità che li ha sempre contraddistinti.

I due si muovono sul palco amalgamandosi nei brani con le loro pose, i loro costumi, i loro oggetti di scena. Annarella si lancia in un applaudito liscio con Ferretti a metà di “Oh! Battagliero”. È l’anima emiliano-romagnola che emerge, e che trova l’acme in “Valium Tavor Serenase”, dove strofe di temi scabrosi e su accordi prettamente punk sfociano in un ritornello di puro liscio.

 

Ci riallacciamo al presente con “Radio Kabul” e “Punk Islam”. Due brani concepiti con un senso alla loro epoca, ma che sono stati riadattati all’oggi. Annarella si presenta sul palco ricoperta da un burqa. La strofa “All’erta sto come un russo nel Donbass / un armeno nel Nagorno-Karabakh” è stata aggiunta al primo brano, riportandoci con la mente alle zone di crisi di oggi. L’esplosione di Punk Islam è oggi priva (di proposito) del riferimento a Gheddafi.

È forse questo il momento più significativo del concerto. Al di là dell’enfasi sulle provocazioni, le polemiche e il contorno di cui i CCCP hanno punteggiato la loro carriera, il loro punto è sempre essere stati uno sguardo sul dettaglio sfuggito a molti, la visuale su qualcosa che noi non stavamo vedendo.

Ma sul palco c’è ancora un gruppo da seguire nel loro ultimo giro di giostra. “CCCP”, “Curami”, “Emilia Paranoica”. Come abbiamo fatto a dimenticarci che c’erano così tanti brani su cui pogare?

 

Nei bis, è il momento di sciorinare anche i brani di maggiore atmosfera e quelli più scanzonati. “Annarella”, “Io sto bene”, “Amandoti”. Per i saluti finali Annarella stessa si presenta con un cartello con su scritto “-6”. È il numero di concerti che mancano all’epilogo dei CCCP. Era stata lei a dire qualche giorno prima: “ci siamo ritrovati rispettando la nostra storia”.

Tramontare lentamente vuol dire accettare che non suonerò più queste canzoni con loro”, ha aggiunto Massimo Zamboni.

Direi che è stato un commiato all’altezza della storia. Nel caso però ci fosse una “Ultimissima chiamata”, noi  ci saremo.