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MAKING MOVIESAL CINEMA
Chiamami col tuo nome
Luca Guadagnino
2017  (Warner Bros Pictures)
DRAMMATICO
all MAKING MOVIES
01/02/2018
Luca Guadagnino
Chiamami col tuo nome
È l'estate di Elio, come sempre al presso della famiglia nella tenuta di campagna, dove non mancano le calde notti, le colazioni tardi, la frutta maturata al sole, il fiume in cui andare a rinfrescarsi con gli amici dell'estate, che crescono come lui.

Da qualche parte nel Nord Italia, 1983.
Un'estate di sole, di leggerezza, di primi amori e prime passioni.
Quelle estati capaci di segnare una vita, di essere indimenticabili.
È l'estate di Elio, come sempre al presso della famiglia nella tenuta di campagna, dove non mancano le calde notti, le colazioni tardi, la frutta maturata al sole, il fiume in cui andare a rinfrescarsi con gli amici dell'estate, che crescono come lui.
E uno studente, ogni anno diverso, chiamato dal padre-professore a trascorrere lì qualche settimana come un onore.
Quest'anno arriva Oliver.
Americano, bello, imponente, più grande di quello che i suoi 24 anni facevano pensare, ammirato da tutti, da tutti amato, e che trasuda vita, ad ogni dormita profonda, ad ogni pasto divorato, ad ogni bicchiere bevuto con sazietà.
Elio lo invidia.
Lo scruta.
E qualcosa si muove.
Ma può essere quel suo continuo allontanarsi, quel suo mostrarsi capace di inserirsi in ogni situazione  - che sia una partita a carte o di pallavolo, o un pranzo - un sintomo in realtà di timidezza? Di un muoversi simile, dentro?
Mentre Elio osserva, legge, suona e ascolta musica, lo insegue, gli lascia corda.
Chiariamo: nessun pruriginio, nessun nudo, niente di così esplicito, di così scabroso.
Non c'è il sesso de La vita di Adele, non ci sono manifesti di genere, ma c'è un racconto, una crescita, un amore e una passione, proprio come nell'altro film di Kechiche, Mektoub, My Love.
Nonostante l'età dei protagonisti (17-24 nella finzione, 22-31 nella realtà), nonostante il tema della scoperta del sesso, della propria sessualità, o semplicemente di chi può amarci e di chi possiamo amare davvero.
Ma c'è una delicatezza, un'intimità, nel racconto di questa, difficile da trovare e mantenere.
Certo, la passione si accende, eccede e coinvolge pure una pesca, ma certi sguardi, certe attese, certe notti e certi pianti, fatti di insicurezza e di dolore, non ce li si toglie più dalla testa.
Si respira vita, nel film di Guadagnino, si respira la stessa estate calda, appassionata, di A bigger splash, ma messi da parte il glamour e il giallo, qui c'è spazio solo per l'amore. Quello diverso solo di nome, con i nomi che per l'appunto cambiano, quello universale nel suo nascere, nel suo crescere, nel suo arrivare ad una fine.
Così, ci si ritrova nei dubbi, nella frenesia, nella scoperta di Elio e del piacere che non si sa contenere, ci si ritrova nella paura, nella responsabilità che si sente addosso Oliver, e che mette paletti, cerca di delineare confini.
Ci si ritrova nel racconto di un'estate piena di luce, di calore, di afa e corpi, ma che trova il suo habitat naturale al chiaror della luna, un contrasto che si ritrova in una colonna sonora che esplode piena di gioia invitando a ballare, ma che sa farsi più intima, più malinconica e più giusta, sulle note di Sufjans Stevens.
Come se quell'estate fosse già un ricordo, e scappasse via.
Ed è bello, poi, osservare come questo amore sia così universale da non spaventare troppo per quell'uguaglianza di sesso, che Oliver ed Elio non sentano il peso dei loro baci, non lo facciano sentire a noi, che quei genitori capiscano, e sostengano, con parole profonde, forse eccessive in una sceneggiatura che dà spazio ai silenzi, al sottinteso degli sguardi, ma che trova in quel padre saggio il giusto pensiero, la giusta via.
Mostra un'altra grande bellezza Guadagnino, facendoci girare per borghi e nature incantevoli, facendoci fare un tuffo in un passato non così remoto ma ricostruito nei minimi dettagli, tra costumi da paninaro a giornali e autobus, facendoci soprattutto sentire il calore della luce, dei corpi, la loro passione, il loro cercarsi.
È un lavoro fatto di intimità, fatto da due attori come Armie Hammer e Timothée Chalamet dall'alchimia perfetta che trovano qui, in un'Italia che li ha resi ancora più uniti, il ruolo di svolta della carriera.
È una bellezza nostalgica, in cui il profumo dell'estate che sta per finire, della gioventù presto chiamata ad affacciarsi a quel mondo corrotto che qua e là fa capolino, si sente, e si ama.
E chiama a sé, ai nostri ricordi, per non farsi dimenticare più.