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REVIEWSLE RECENSIONI
11/04/2024
Mildlife
Chorus
"Chorus" risulta il lavoro più nitido degli australiani Mildlife e conferma l’amore della band per la soft fusion e il modo di suonare i synth degli anni 70.

Il culto di cui sono oggetto le sonorità tipiche dell’ultimo scorcio del secolo scorso, ad opera dei musicisti di oggi, non smetterà mai di sorprendermi. Ad averlo saputo prima, mi sarei trattenuto dal considerare spazzatura o, peggio, dal mostrarmi completamente indifferente al cospetto di certi dischi che non avrei conservato nella mia collezione nemmeno me li avessero regalati. 

Il punto è che se oramai di quei decenni (in particolare settanta e ottanta) è stata conferita dignità praticamente a tutto, un motivo ci sarà. Ora, non è possibile che un’intera generazione si sia rincitrullita e, a furia di scavare nelle discariche del trash musicale, rigorosamente come posa e con uno spirito totalmente acritico, si sia ritrovata nell’emisfero agli antipodi, quello dei capolavori.

Prendete il genere che fanno i Mildlife e lasciate perdere il fatto che vengono dallo stesso continente di Tame Impala, con cui condividono dichiaratamente la matrice. I loro brani (perdonate la banalizzazione) sono a cavallo tra gli Steely Dan e quei sottofondi da film alla cui colonna sonora non abbiamo mai fatto caso perché, nelle immagini, c’era qualcuno che ci dava dentro. Si, insomma, le musiche dei film a luci rosse dell’era precedente a Pornhub, nelle scene in cui due o più persone trombano, una tipologia di soundtrack oggetto di ristampa già dai tempi in cui è stata conferita dignità alla musica da ascensore e i suoi derivati. 

Una sottocategoria della fusion che, però, quando la fusion era appannaggio dei jazzisti più nerd (stavo per scrivere più sfigati), a nessuno sarebbe mai venuto in mente di mettersi a suonare. Ma la storia funziona così, e sono certo che, da come siamo messi, poteva andare anche peggio. Non dimentichiamo che i sintetizzatori d’epoca e il vocoder ci sembrano familiari grazie soprattutto agli Air a cui, band come i Mildlife o, dalle nostre parti, i Nu Genea, pagano un grosso tributo. Cambia l’approccio: gli Air risultavano raffinati devoti studiosi di filologia, le nuove generazioni (cresciute con il digitale) irriconoscenti destrutturatori di linguaggi altrui.

 

Ma di tutto ciò, detto tra noi, chi se ne importa. I Mildlife sono un piacere all’ascolto. L’introvabile Phase e, soprattutto, il capolavoro Automatic sono esercizi di stile. Musica che nasce per non essere oggetto di attenzione a cui l’ascolto forzato imposto dal tipo di proposta (una band che fa canzoni e che pubblica un disco e che quindi chiede di essere ascoltata e analizzata come sto facendo io qui) rende necessario dedicare attenzione. Allora si apprezza la fattura, la composizione, l’arrangiamento, la scelta timbrica, gli effetti, la tecnica, persino (roba da tastieristi) il tripudio di glissati, di portamento, di arpeggiatori e di inviluppi nei synth.

Chorus, il terzo album dei Mildlife, risulta in perfetta linea con i suoi predecessori anche se, considerata la natura stessa dell’idea di base, comunque decisamente originale, alla lunga forse occorrerebbe cambiare qualcosina. Nel nuovo lavoro si può trovare qualche elemento di rottura, a partire dall’italo disco di “Musica”, qualche rimando ai fasti del jazz elettrico anni ottanta, come nella title track, e un sommesso ammiccamento ai Rockets, il titolo “Return To Centaurus” non lascia dubbi. Però, ecco, anche la fedeltà alla linea risulta encomiabile, e ci lascia intendere che, del loro progetto, i Mildlife siano stoicamente convinti. 

 

Non possiamo quindi che sfoggiare questo ascolto in pubblico proponendo una doppia lettura: a volume sommesso, tale da farsi cogliere negli interstizi delle conversazioni di una cena, in quei momenti in cui i commensali portano il calice verso le labbra simultaneamente e c’è qualcuno che si abbandona a un movimento con la testa indotto dal ritmo, riflesso di un veloce e distratto estraniamento dalla compagnia. Oppure a volume alto, tra amici nerd (stavo per scrivere sfigati) come me e appassionati del genere, in una gara a chi trova più rimandi e citazioni, che è poi un po’ quello che ho tentato di riportare qui.