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REVIEWSLE RECENSIONI
06/11/2020
Samuele Bersani
Cinema Samuele
Cinema Samuele lo dovete ascoltare in solitario, cuffie sulle orecchie ed occhi chiusi, per far accendere il proiettore nella vostra mente e gustarvi questi dieci cortometraggi messi in forma di canzone. Sembra quasi un marziano, Bersani, nel panorama musicale italiano...

C’è chi nella difficoltà riesce a dare il meglio di sé, in campo artistico poi si sprecano gli esempi; la disperazione come fonte di ispirazione e spesso, come traguardo finale, la creazione di capolavori. C’è chi invece non riesce a cavare un ragno dal buco, una pagina che rimane bianca, il rimandare le cose da fare, il sentirsi inutile in un mondo dove tutti sanno e fanno di tutto, insomma un lento precipitare in un lungo oblio.

Le domande su cosa fosse accaduto e dove fosse finito Samuele Bersani a distanza di sette anni dalla pubblicazione del suo ultimo album, Nuvola Numero Nove, sono state finalmente fugate con l’uscita di Cinema Samuele ed hanno qualcosa in comune con quanto detto sopra. Sette anni di assenza dalle scene, causa crisi amorosa del nostro, sette anni dove l’artista di Cattolica è finito in una bolla fatta di vuoto e di blocco creativo, il cui unico merito, per assurdo, è stato quello di renderci un artista che una volta passata la crisi, si dimostra uno dei migliori, se non il migliore, autore di musica cantata in italiano.

Cinema Samuele lo dovete ascoltare in solitario, cuffie sulle orecchie ed occhi chiusi, per far accendere il proiettore nella vostra mente e gustarvi questi dieci cortometraggi messi in forma di canzone. Sembra quasi un marziano, Bersani, nel panorama musicale italiano, un artista, un autore che seguendo i dettami della moda potrà sembrare ai più come obsoleto, immersi come siamo tra trappettari e nuove sensazioni da talent show che durano lo spazio di un peto.

E fareste un errore madornale a passare oltre, giacché Cinema Samuele è forse, anzi, senza forse, uno degli ultimi capolavori della musica d’autore italiana.

Bersani mi ricorda quei vecchi cantastorie che giravano per le strade di Toscana quando da bambino andavo con mio babbo per le fiere paesane e rimanevo incantato ad ascoltare quei cantori che ti raccontavano in ottava rima di improbabili personaggi. C’è come una sorta di neorealismo nelle storie di Cinema Samuele, trasuda empatia e pathos con i vari protagonisti delle storie, raccontati con una precisione come poche volte mi è dato di ascoltare, tanto che il paragone più calzante lo trovo in un film come “Big Fish” di Tim Burton e dei suoi stranianti e strampalati freaks. Come il personaggio di “Harakiri”, brano che ha anticipato l’album, storia di un dropout e fantastico racconto di caduta e rinascita, o come la diversità raccontata ne “Le Abbagnale” narrazione di due ragazze dai caratteri opposti che si sono trovate a vivere insieme forse per casualità e che “quando l’inverno cala i propri assi/il loro modo per non congelare/è dirsi parolacce nelle orecchie/ma è meglio massaggiarsi così/il sangue si scalda/recupera scioltezza/pian piano quel massaggio/diventa una carezza”. Basterebbero queste rime per far capire la distanza che corre tra Bersani e il resto dei cantanti del suolo natio. Non solo: la canzone è rafforzata da una sezione fiati robusta e sorprendente in un pezzo di canzone d’autore.

Un altro pregio del disco è l’accuratezza dell’esposizione musicale, con arrangiamenti quanto mai accurati e che vedono una decisa evoluzione nella discografia del nostro; una ricchezza sonora che va di pari passo con i testi, e di questi tempi fatti di due note messe in croce c’è veramente da esserne soddisfatti.

Esplicativo è il brano iniziale “Pixel”, dove l’impiego massivo dell’elettronica fa da sfondo ad un frame di alienazione urbana, così come ne “Il Tiranno”, elettronica e chitarre nervose in un plot horror dove il protagonista, noi stessi, immagina di vendicarsi da tutti i torti subiti da politicanti senza scrupoli, altrove sono le chitarre r’n’r che accompagnano l’elettronica nella bella e urgente “Mezza Bugia” uno dei pezzi più immediati del lavoro.

Ma è con “Il Tuo Ricordo” che Cinema Samuele raggiunge il suo apice, una struggente melodia per delle struggenti parole sulla dannazione del passato, sui ricordi, su come troppo spesso riescono a prevaricare sul presente, come una lotta, un fantasma che ci cattura, il passato come “una droga che non ho più intenzione di prendere”; il passato che penetra facilmente nelle tue difese e prevarica su tutto.

Non manca la ballad tradizionale, la canzone d’amore mai banale di cui Bersani è maestro, questa volta tocca a “Con Te” impreziosita da una languida chitarra che accompagna il refrain. Un bel pezzo di atmosfera classica che non cede però alla stucchevolezza. Arrivati a questo punto cos’altro avrà da raccontarci Bersani? Da buon osservatore della società odierna, arrivano “Scorrimento verticale” dove si narrano le gesta di chi sta costantemente attaccato allo smartphone e “L’intervista” quanto mai esplicativo su come funzionano le redazioni dei giornali.

Il finale è affidato a “Distopici”, quanto mai centrato sul periodo che stiamo vivendo, tra lockdown e paure ancestrali, dove il pregio sta nel non doverlo mai rendere esplicito, e ti ritrovi catapultato in un incubo che ti attanaglia la notte e ti inchioda nel letto.

In conclusione un disco che non ho remore nel definirlo un capolavoro, la summa della carriera di Bersani e soprattutto il ritorno di un artista che viene a sollevarci il morale dalle miserie della musica pop italiana.


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