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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
27/02/2023
Francoise Hardy
Clair-obscur
Canzoni pop gentili e sentimentali, alcuni duetti inaspettati come quello con Iggy Pop, e una manciata di brani tormentati e tristi. Clair-obscur viene pubblicato all’inizio di questo secolo, il tempo è volato, ma rimane un disco da riascoltare e riscoprire.

In fondo la vita è fatta di luce e oscurità, come evocato dal titolo e come vissuto in prima persona, durante l’esistenza e il percorso musicale, da Françoise Hardy, il cui nome è ancora legato profondamente a una canzone immortale, “Tous les garcons et les filles”, e a un periodo, i rimpianti anni Sessanta. Clair-obscur ci dimostra ancora una volta la raffinatezza e l’intensità di questa interprete, la quale già con il rispettabile precedente Le Danger (1996), a tratti dalle venature hard rock, si stacca dalla produzione desultoria degli anni Ottanta, e crea la prospettiva per planare sui territori a lei più consoni del french pop. Il suo tragitto artistico riprende dunque credibilità, con un disco che riporta l’autrice, scrittrice, attrice e astrologa francese all’interno delle coordinate musicali che stanno maggiormente nelle proprie corde.

 

Simbolo della generazione yé-yé, desiderosa di dimenticare un’infanzia infelice e con una carriera spesso legata al Belpaese, tra una comparsata a Sanremo insieme a Edoardo Vianello, le versioni in italiano delle sue canzoni d’oltralpe e la cover di uno dei brani più celebri di Celentano, ossia “Il ragazzo della via Gluck”, la Hardy ottiene un altro successo fragoroso nel 1969 con la famosa “Comment te dire adieu” (ripresa due decadi dopo anche da Jimmy Somerville), traduzione da parte di Serge Gainsbourg di “It Hurts to Say Goodbye”.

I Settanta ci regalano l’interessante concept album Entr'acte, una manciata di 45 giri di successo e, sul finire, una pregiata collaborazione (la partnership si protrae in totale per ben 5 LP) con un gigante delle colonne sonore, il libanese Gabriel Yared, che in Italia ricordiamo grazie alla pubblicità della Stefanel: la sua bellissima "C'Est le Vent, Betty", dal film Betty Blue (1985), colora di nostalgia uno degli spot più indovinati di quel periodo. Così, dopo l’oblio già accennato degli eighties, illuminato solo dal lampo di Décalages (1988), restano da rammentare nei Novanta le collaborazioni con Blur e Air, prima di tornare a Clair-obscur, che le vale il GrandPrix della SACEM e due nominations alle Victoires de la musique, oltre a venir certificato disco d'oro dal Syndicat national de l'édition phonographique (SNEP), a dimostrazione del riconoscimento della bontà dell’opera, almeno a livello nazionale.

 

L’iniziale "Puisque vous partez en voyage" diventa la hit principale della raccolta, è un duetto con il marito (sono separati, ma si frequentano regolarmente e risultano tuttora sposati) Jacques Dutronc, affermato songwriter, attore e compositore e vede la partecipazione pure del loro unico figlio Thomas, raffinato chitarrista jazz. Rispetto alla versione originale del 1935, cantata da Mireille e Jean Sablon, i ruoli sono invertiti e il vocabolario obsoleto delle parti parlate è stato aggiornato dalla coppia. Una caratteristica che contraddistingue il disco è infatti quella di essere composto sia da nuove creazioni, sia da adattamenti o cover in francese e in inglese, realizzati come solista o in duo. In generale il dialogo tra testi e impasti sonori risulta continuo, equilibrato e la voce, così naturale, minimale e affascinante, non viene per nulla sacrificata, con le sue belle e pulite linee melodiche che si sposano con una musicalità sognante, piena di immagini, invenzioni e colpi di scena.

Tra le rivisitazioni, con aggiunta o modifica di liriche, spiccano anche la ripresa di "Tears", di Django Reinhardt et le Quintette du Hot Club de France avec Stéphan Grappelli, siamo ancora negli anni Trenta, che diventa "Tous mes souvenirs me fuent", la riscrittura di "Un homme est mort", nata dalla collaborazione con Josè Maria Cano dei Mecano, e la sorprendente "Contre vents et marées", costruita sul languido strumentale "Theme From a Movie That Never Happened", di Eric Clapton. In particolare, quest’ultima prova mostra l’alto livello di performance vocale raggiunto dalla Hardy e viene inclusa come sigla in Tide of Life (“Cap des Pins”), discussa soap opera francese.

Piacciono le sensuali autografe "Tu ressembles à tous ceux qui ont eu du chagrin" e "La Saison des pluies", ove si evidenzia tutta la classe dell’artista francese; soprattutto nella prima traccia citata, già incisa nel 1970 in Soleil, ora ripescata dal proprio repertorio, si strizza l’occhio al pop dolcemente perverso di Gainsbourg senza cadere mai nella banalità, ma la vera gemma è la title song, "Clair-obscur", struggente acquerello intinto dei colori forti del blues, eppure lì in un angolino del disco, sospesa, eterea, letteralmente abbracciata da un canto malinconico, come un tramonto purpureo che si affaccia su un lago dopo una tempesta.

 

Passager clandestin
D'un rêve incertain
Je sais qu'il ne va pas vraiment bien

Je n'attends rien
Je lui tends juste la main
IL a fermé à double tour
Pour pas souffrir, pour pas pleurer
Car il croit que l'amour peut tuer

Clair-obscur Je n'aime rien tant que la blessure

 

Un clandestino di un sogno incerto, so che non se la passa bene. Non mi aspetto nulla, mi sono solo avvicinata a lui. È chiuso a chiave così non soffre, così non piange, perché pensa che l'amore possa uccidere. Chiaro-scuro, non amo nulla quanto la ferita.

 

"Senza la melodia non ci possono essere parole, ma ho anche bisogno di un’altra sonorità, di quel suono poetico che le liriche producono quando si combinano con la melodia. Questa è sempre stata la mia ossessione. Ritengo di essere molto limitata dal punto di vista vocale, ma so anche perché sono ancora qui: è solo perché sono così selettiva nel trovare le armonie".

 

Umile, ma mai doma e fortemente convinta delle sue potenzialità, Françoise Hardy intriga pure in un sospirato “trittico” di canzoni, "Duck’s Blues", "La Pleine lune" e "La Vérité des choses", scritte a quattro mani con il compianto Alain Lubrano, cantautore, polistrumentista e produttore, già presente in Le Danger, amico per cui infrange anche la promessa di non esibirsi più in pubblico.

Meritano una menzione speciale i restanti duetti, tutti sui generis, dal classico degli Everly Brothers, "So Sad", interpretato in maniera commovente, molto toccante, insieme a Étienne Daho, cantante compaesano dalla voce bassa e sussurrata alla Leonard Cohen, a "Celui que tu veux" con l’autore Olivier Ngog, in arte Ol. Ma niente sarà più come prima dopo aver ascoltato la Hardy cimentarsi con l’Iguana del Rock in un classico senza tempo, "I’ll Be Seeing You", una delle canzoni più popolari riguardo alla perdita dell’amato: certamente sopraggiungono alla memoria la prima esecuzione in Right This Way, un musical di Broadway, le leggendarie riletture di Bing Crosby, Frank Sinatra e Billie Holiday, persino la toccante versione di Brenda Lee e quella recentissima di Norah Jones, nelle quali non sono mai mancati pathos, nostalgia e tormento interiore, tuttavia emerge l’unicità di questa esecuzione. L’incontro con una “santità” del punk rock crea una zona, parafrasando il titolo dell’opera, di chiaroscuro, e la canzone diventa quasi teatrale, generando un cortocircuito tra le attitudini di Iggy Pop e la recita di Françoise, in modo tale da emozionare l’ascoltatore nel profondo dell’animo.

 

La Regina della Malinconia, soprannominata anche Regina di Ghiaccio, sull’onda del successo di Clair-obscur pubblica altri lavori, ricevendo nel 2006 la Grande médaille de la chanson française, in onore della sua carriera; in particolare è da ricordare L’Amour fou (2012) che coincide con i cinquant’anni dall’esordio ed è occasione per la realizzazione della sua prima novella, dallo stesso titolo. Nonostante le venga diagnosticato un cancro alla laringe e annunci il ritiro dalle scene, nel 2018 arriva a sorpresa l’interessante Personne d’autre.

Recentemente purtroppo l’artista ha dichiarato di non poter più cantare a causa delle terapie per contenere la malattia. Non è difficile, però, visto il suo smisurato amore per la musica e lo spettacolo, immaginarla nella sua stanza, con gli occhi chiusi e la mano che traccia un arco ripetuto nell'aria, a enunciare ogni parola di una delle sue canzoni come se insegnasse a un allievo, o recitasse la sua parte a teatro.

 

“Scrivere o interpretare versi seducenti è l’elemento sfuggente che apprezzo più di ogni altra cosa nell’Arte e nella Vita”.