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REVIEWSLE RECENSIONI
Concorde
Le Couleur
2020  (Lisbon Lux Records)
IL DISCO DELLA SETTIMANA ELETTRONICA BLACK/SOUL/R'N'B/FUNK POP
8/10
all REVIEWS
21/09/2020
Le Couleur
Concorde
Le Couleur rendono omaggio con il loro disco ad una icona di quegli anni, il Concorde, aereo supersonico simbolo di quella indimenticabile stagione che consentiva di portarti in tre ore allo Studio 54 di New York dopo esserti fatto un aperitivo sugli Champs-Elysées in quel di Parigi.

Immaginate: arriva il giorno della dipartita, ti ritrovi distaccato dal tuo corpo, sospeso in una zona d’ombra e all’improvviso senti una voce che ti chiede in quale epoca vorresti passare la tua vita ultraterrena, invisibile agli altri (esclusi i gatti, ovvio) ma interagendo con tutto quello che troverai. Io una idea ce l’avrei, come penso la avrebbero i tre componenti della crew franco-canadese dei Le Couleur. Sì, io vorrei tornare negli anni ‘70 del secolo scorso e lì rimanerci, quei bastardi, violenti, infami, vitali, meravigliosi anni ‘70.

Per adesso mi accontento di ascoltare “Concorde” nuovo concept album del trio di Montreal, fresco arrivo nella mia dimora, che mi riporta a quel decennio se non con il corpo almeno con la memoria.

Estetica che attinge al pop e alla disco funk più elegante che abbiate mai potuto ascoltare, con le intriganti linee di basso di Patrick Basselin, dalla precisa batteria di Steeven Chouinard, accompagnate con dosi massicce di synth e dalla morbida voce della cantante Laurence Giroux-Do, il tutto filtrato con la sensibilità da XXI secolo, evitando fortunatamente di essere un clone di quel periodo storico e riuscendo altresì nell’impresa di suonare moderno.

Cosa da rimarcare e che dà valore all’opera è che ci troviamo davanti a delle canzoni vere nel senso che i tre rendono onore ad un’arte che va scomparendo, immersa com’è in una appiccicosa marmellata di suoni e melodie scarnificate e da parole pensate e scritte male.

Anni ‘70, dicevamo, e Le Couleur rendono omaggio con il loro disco ad una icona di quegli anni, il Concorde, aereo supersonico simbolo di quella indimenticabile stagione che consentiva di portarti in tre ore allo Studio 54 di New York dopo esserti fatto un aperitivo sugli Champs-Elysées in quel di Parigi. Il pezzo che da titolo all’album ricorda la tragedia accaduta il 25 luglio del 2000, dove un incendio al motore ne provocò l’esplosione dopo due minuti e tredici secondi dal decollo schiantandosi contro un hotel e uccidendo sul colpo tutti i passeggeri nonché quattro malcapitati ospiti dell’albergo. Data che secondo il trio canadese sigilla in un certo qual modo un’epoca e uno stile di vita.

Ma in tutto il disco si respira il simbolismo e la convinzione di essere nella decade giusta al momento giusto, ricordando le ipotetiche storie dei passeggeri che si servirono del Concorde per i loro viaggi, sia per lavoro che per piacere. Non è solo il pop più forbito - e la disco più elegante - il tratto saliente del lavoro; in “Desert”, ad esempio, gli ultimi due minuti del brano omaggiano i Pink Floyd di “The Dark Side of The Moon” e ci regalano un bel solo di chitarra elettrica in stile Gilmour, altrove echeggia l’aura di Giorgio Moroder, mentre lo strumentale “Vol d’Apres-midi” è una ipotetica colonna sonora di un film di genere italiano.

Le Couleur si confermano dei grandi artigiani del pop, il cantato in francese aggiunge venustà alle canzoni ma soprattutto sono capaci nello spazio dei trentotto minuti quanto dura il disco di riportarti nei seventies, e io che c’ero posso assicurarvi che così è, rimandando, si spera ancora per molto, il momento dell’eventuale scelta post-mortem.


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