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MAKING MOVIESAL CINEMA
Crossing the bridge - The sound of Istanbul
Fatih Akin
2005  (Mubi)
DOCUMENTARIO
6,5/10
all MAKING MOVIES
09/10/2025
Fatih Akin
Crossing the bridge - The sound of Istanbul
Fatih Akin esplora l'anima musicale di Istanbul, un'anima fatta di contaminazioni, modernità e tradizione, accompagnato da un ospite d'eccezione: Alexander Hacke, storico bassista degli Einstürzende Neubauten.

Ci sono città che vivono su un confine, altre che sono il confine. Istanbul è una di queste: crocevia di culture, di storie, di lingue e religioni, ma anche di suoni, rumori, melodie che raccontano meglio di qualsiasi guida turistica l’anima complessa della metropoli sul Bosforo.

In questo Crossing the bridge – The sound of Istanbul l’ecletticità sonora della città turca diventa la chiave per narrare una città attraverso alcuni elementi che rappresentano le due anime del regista Fatih Akin. Di origini turche ma cresciuto ad Amburgo in una situazione ambientale non troppo semplice, Akin riesce a evitare un destino segnato da delinquenza e marginalità proprio grazie al cinema, costruendo un percorso artistico che lo ha portato alla consacrazione internazionale giunta con l’Orso d’oro al Festival di Berlino ottenuto per il film La sposa turca.

A incarnare l’anima tedesca di Akin troviamo il musicista Alexander Hacke, storico bassista degli Einstürzende Neubauten, band sperimentale in attività dai primissimi anni Ottanta. Hacke aveva già collaborato con Akin proprio per la composizione delle musiche de La sposa turca. L’incontro del musicista tedesco con i suoni e la musicalità di Istanbul (l’anima turca di Akin) è l’occasione per esplorare aspetti e contraddizioni di una città attraverso la sua produzione musicale, perché secondo l’adagio attribuito al pensatore Confucio, “per capire un luogo è necessario ascoltare la sua musica”.

Quest'ultimo pensiero mi riporta alla mente il video che divenne virale qualche tempo fa di Andrea Scanzi, che commentava lo stato dell’arte della nostra produzione musicale (quella più ascoltata) e lo accostava alle derive recenti, anche politiche, della nostra povera Italia. Perché la musica è parte vitale di un Paese, e se questo è guidato e vissuto male, rischia di pensare male, allora, inevitabilmente, suonerà anche male.

 

The sound of Istanbul ci mostra gli incontri musicali di Alexander Hacke nella città turca, la permanenza in loco del musicista tedesco alla scoperta delle varie declinazioni della musicalità che rende viva e unica Istanbul, vero crocevia di culture e, come dichiarano alcuni dei protagonisti intervistati, non tanto confine tra più mondi e continenti quanto ponte d’unione, legame e passaggio tra più culture, quella orientale e quella occidentale ma anche quella moderna e quella tradizionale.

Si parte dalla neo psichedelia dei Baba Zula i quali, avendo da poco perso il loro bassista, collaboreranno in maniera attiva con Hacke tirato dentro la loro formazione, almeno per un po’. Il musicista tedesco, seguito ovviamente a vista da Akin, incontrerà diversi ragazzi e ragazze giovani intenti a ibridare il rap e l’hip hop statunitensi con una loro visione più impegnata della musica, più legata alla loro terra e vicina al sentire del popolo turco, un popolo fatto di minoranze, unioni, divisioni.

E ancora la breakdance vista come viatico per allontanare i giovani dalle derive più pericolose della strada, la tradizione triste della musica popolare curda, etnia spesso repressa e bistrattata, l’incontro con le grandi star di un passato recente (Erkin Koray, Sezen Aksu), i musicisti di strada che di strada vivono e rifuggono le lusinghe dell’industria musicale, gli incontri alticci e vitali delle etnie rom, tutto ovviamente a suon di musica, tra strumenti tradizionali e derive più moderne e occidentali.

 

Crossing the bridge – The sound of Istanbul mischia i suoni della variopinta scena musicale turca ai rumori di una megalopoli che a oggi conta circa quindici milioni di abitanti. Il caos delle strade, la bellezza di alcuni scorci, il famoso ponte sul Bosforo, i locali frequentatissimi di quartieri una volta malfamati, le varie tradizioni e le diverse etnie, sono tutti elementi che contribuiscono a tratteggiare una Istanbul vista con le orecchie più che con gli occhi, approccio sicuramente originale da parte di Fatih Akin che confeziona una testimonianza, un viatico di conoscenza più che un classico documentario.

Ci si immerge in questa realtà a noi poco nota (se non si è stati a Istanbul) con curiosità e libero trasporto, condizione necessaria per meglio apprezzare un’opera girata con passione ma anche sfilacciata e ondivaga, della quale un po’ si fatica a trovare un centro, un nodo focale che possa donare un senso di compiutezza o anche solo di finalità, scelta che tutto sommato potrebbe anche essere considerata coerente con la materia trattata.

È un film questo per inguaribili curiosi, anche per chi ama viaggiare da fermo, acquisire esperienza così come viene, senza preconcetti né mete prefissate. Si parte, si va, dalle parti di Istanbul, poi chissà…