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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
19/07/2017
A proposito di The Damned
Damned Damned Damned
Il disco non ha mai un momento di stanchezza e, dopo canzoni difficili da pogare per la loro velocità, si conclude con un omaggio a The Stooges: “I Feel Alright”.
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

“Well you send me pretty flowers/While I’m slashing my wrists” (“Fan Club” di Brian James)

Non sono mai stato un fan di The Damned[1], però il loro album di debutto è un monumento dell’epoca.

Ma cominciamo dal loro nome: nessun punk band wagoning, bensì il riferimento a La caduta degli dei di Luchino Visconti, che per il pubblico anglosassone diventa, appunto, I dannati.

Quindi i quattro non sono degli ignoranti.

Poi l’incipit di “New Rose”, singolo d’esordio[2]: “Is she really going out with him?” (che nella versione della John Peel Session diviene “Are we really 65 in the charts?”): un tributo alle Shangri-Las[3] completamente spiazzante rispetto all’intera canzone.

Arriviamo quindi a Damned Damned Damned.

Senza recensirlo a fondo 34 anni dopo (non ne vedo l’utilità) sottolineo due canzoni assolutamente atipiche per il loro andamento quasi pacato: la pressoché dolorosa per la lucidità di liriche “Fan Club” rispetto all’artista che non è come appare (qui mi sovvengono anche gli Ultravox! di John Foxx) e la quasi pre-antziana, per tematica, “Feel The Pain”.

Il disco non ha mai un momento di stanchezza e, dopo canzoni difficili da pogare per la loro velocità, si conclude con un omaggio a The Stooges: “I Feel Alright”.

In sintesi, è da riconoscere la grandezza compositiva di Brian James (ma del resto arrivava dai London SS. A buon intenditore) e la sicura capacità artistica del resto del line up: Dave “count” Vanian, Captain (‘oh captain!’?) Sensible e Rat Scabies (the band is as good as its drummer; comunque egli è un altro passato per i London SS).

Ovviamente non vi biasimo se – proprietari di copia dell’album[4], soprattutto quella con il back-cover mispressing (si torna alla raccolta di farfalle) – avrete smesso di leggere dopo le prime righe.

“I’d better go/Or it will be too late” (“New Rose” di Brian James).

 

[1] Ed infatti scambiai il mio biglietto (credo n. 001 o 002) del concerto dell’aprile 1980 al Teatro Orfeo di Milano con Tony Fisher in cambio di un manifesto del medesimo concerto. Del resto, assistetti a quell’esibizione in pieno rispetto del mod dress code.

[2] Bella copertina alternativa nella versione francese.

[3] Riferimento in seconda battuta alle New York Dolls.

[4] Danny Van Leech are you there?