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REVIEWSLE RECENSIONI
14/05/2024
R.Y.F.
Deep Dark Blue
R.Y.F. ritorna con "Deep Dark Blue", che esplora sonorità maggiormente elettroniche, più spostate verso l’Urban, ma che non disdegnano neppure una certa dimensione Pop.

Due anni fa Francesca Morello si metteva in gioco con la sfida fino ad allora più importante della sua carriera: la “sonorizzazione” dello spettacolo teatrale Tutto brucia, realizzato dal collettivo MOTUS e nato in concomitanza col nuovo disco Everything Burns.

Da qui in avanti, alcuni problemi personali che l’hanno spinta a chiudersi in se stessa e, immaginiamo, a non dare la priorità alla musica per un certo periodo di tempo.

Fino ad una vacanza sull’isola di Stromboli, al seguito della moglie Stefania Pedretti (Alos, che compare anche su questo disco, nel brano conclusivo “Deep Dark”) impegnata in una residenza artistica. Una gita in catamarano ed il contatto col blu intenso di quel mare hanno provocato in lei una sorta di catarsi, la decisione di tornare al lavoro, nonché il colore blu al centro del titolo e del concept principale di questo quarto disco del progetto R.Y.F.

 

È sorprendente quante cose siano cambiate, nel frattempo: se Everything Burns era comprensibilmente dominato da tonalità infuocate e da atmosfere cupe e violente, in linea con Le supplici di Eschilo di cui costituiva un moderno adattamento, Deep Dark Blue potrebbe essere letto come il tentativo di smarcarsi dalla brutalità dei carnefici e dalla sofferenza delle vittime messe in scena in quello spettacolo, per abbracciare una dimensione maggiormente aperta e liberatoria. Attenzione però a non esagerare con i contrasti: è senza dubbio vero che questo disco sia più “aperto” del precedente, ma è altrettanto evidente che non manchino suoni pesanti e pieghe oscure, in un generale carattere ossimorico che un titolo come Deep Dark Blue sembra incarnare alla perfezione.

Per il resto, la volontà è quella di esplorare sonorità maggiormente elettroniche, più spostate verso l’Urban, che non disdegnano neppure una certa dimensione Pop. Merito senza dubbio degli ospiti (illustri) coinvolti: Moor Mother, che partecipa con uno spoken word efficace e tagliente sull’opener “Blue”, contribuisce ad un brano che vede compresenti la cupezza di fondo e l’apertura dei suoni elettronici, il tutto culminante in un ritornello esplosivo che vira su una inedita contaminazione con un certo Gothic Rock da arena (chi ha detto Evanescence?). Dall’altra parte Skin, collaborazione che non diresti mai e che Francesca ha conosciuto quando come R.Y.F. ha aperto alcune date italiane degli Skunk Anansie; presta la sua voce ad un brano (“Can I Can U”) decisamente ballabile, con cassa dritta ed un ritornello altamente esplosivo, dove comunque l’elemento elettronico è preponderante rispetto al suo solito standard.

Dipende, questo cambio di direzione, da un cambio di umore che ha generato di conseguenza un cambio di ascolti, con Arca e Little Simz che hanno sostituito Pj Harvey e Tool nelle sue playlist abituali (lei stessa lo spiega in una recente intervista); o ancora, è dovuto ad una più ampia svolta stilistica innescata anche dalle vicissitudini personali di cui sopra?

 

Qualunque sia la risposta (ammesso che ce ne sia una), è bene chiarire che non si tratta di un mutamento radicale: le atmosfere cupe di brani come “Lies”, secca nella sua parte iniziale con beat e voce, la potenza di “Smash & Destroy”, che nel ritornello cita esplicitamente la quasi omonima canzone dei Metallica, o la conclusiva “Deep Dark”, lenta e funerea, con un piano che la rende ancora più inquietanti e certi riferimenti al Metal estremo, dimostrano una maggiore fedeltà al marchio di fabbrica R.Y.F.

In generale si tratta di un bel disco, ispirato e riuscito, seppure, per gusti puramente personali, io preferisca Everything Burns.

Vale la pena citare anche due episodi come “December 25th” e “Violent Hopes”, più vicine ad un mood cantautorale e molto più ricercate dal punto di vista vocale, o anche una strumentale come “Droplets”, dal ritmo ossessivo e claustrofobico.

Ritorno graditissimo per un’artista di cui essere davvero orgogliosi.