È con un certo coraggio che un giovane Aki Kaurismaki debutta alla regia nel lungometraggio di finzione. Il regista, all'epoca ventiseienne, sceglie di realizzare come sua opera prima niente meno che l'adattamento di uno dei più importanti romanzi dell'autore russo Fëdor Dostoevskij: Delitto e castigo. Il regista finlandese decide di abbandonare l'ambientazione storica e le terre di Russia per trasportare il racconto all'era contemporanea (si era nel 1983 al momento delle riprese) in una Helsinki moderna nella quale si muove il nostro protagonista che perde il nome di Rodion Romanovi? Raskol'nikov per un più consono alla nuova nazionalità Antti Rahikainen.
Kaurismaki si lancia in un'impresa affatto semplice da realizzare, ovvero portare sullo schermo i moti interiori, i rovelli di coscienza, il dolore e le febbri, i sensi di colpa e i mutamenti d'umore di un protagonista in agitazione continua, compito non banale, soprattutto per un autore ancora novello che nell'anno del Signore 1983 aveva alle spalle solo la codirezione (con il fratello Mika) del documentario La sindrome del lago Saimaa, un focus su tre gruppi rock finlandesi (Eppu Normaali, Hassisen Kone e Juice Leskinen Slam) in tour nella zona del lago che dà il titolo al documentario, tema musicale che sta molto a cuore al regista e che sarà poi presente molto spesso nelle sue opere successive.
Antti Rahikainen (Markku Toikka) è un giovane che lavora al macello di Helsinki; nel suo passato c'è un episodio doloroso che ha fatto crescere in Antti un senso di ingiustizia mai pacificato (un po' come il comportamento della vecchia usuraia per il Raskol'nikov dostoevskiano).
Qualche tempo prima il signor Honkanen, un ricco imprenditore, guidando ubriaco uccise la ragazza di Antti uscendo dall'episodio impunito e pulito, senza dover fare i conti con legge e giustizia; sarà proprio Antti a prendere sulle sue spalle il compito di giudice, giuria e boia condannando Honkanen a morte e freddandolo senza dargli troppe spiegazioni.
Nel momento del delitto Antti viene però sorpreso da una collaboratrice domestica, la giovane Eeva (Aino Seppo) che per qualche motivo decide di non denunciarlo subito consentendogli di scappare. Da qui inizia un gioco a rimpiattino tra Antti e l'ispettore Pennanen (Esko Nikkari) con l'omicida diviso tra gli impulsi a farsi catturare mossi dalla sua coscienza colpevole e l'istinto a sfuggire alla cattura e continuare a essere libero, un gioco in cui verranno coinvolti a più riprese diversi personaggi: Eeva, un senzatetto sconosciuto, un pretendente di Eeva (Hannu Lauri), il detective Snellman e lo strambo collega di Antti, il baffuto Nikander (Matti Pellonpää).
Quello di Crime and punishment - Delitto e castigo è un Aki Kaurismaki non ancora del tutto maturo nella ricerca del suo stile e dei suoi temi poi divenuti segni distintivi del suo cinema; non di meno in questo esordio Kaurismaki riesce a calibrare e costruire una trasposizione azzardata ottenendo un buon risultato: un film che ancora non si può annoverare tra le opere imperdibili del maestro finnico ma che già si ammanta di una sua dignità e di una compiutezza non trascurabile data l'ambiziosa idea di partenza che coinvolge un testo non così immediato da trasporre in immagini.
Ciò che ancora manca in questo esordio è quella comicità stralunata e quasi impassibile che caratterizzerà molti dei personaggi di Kaurismaki nelle opere a venire, una comicità della quale si intravedono pallidi lacerti nella figura del collega Niklander, ad ogni modo intuizioni ancora tutte da sviluppare.
Pur rimanendo nel suo usuale minimalismo, quello sì già presente, e senza quindi calcare troppo la mano sul tormento emotivo di Antti che nel corrispettivo letterario non trovava confini e misura, Kaurismaki visualizza in maniera efficace il contrasto interiore tra desiderio di fuga (altro elemento kaurismakiano) e necessità di punizione, elementi che danno vita al balletto messo in atto da Antti e forze dell'ordine.
Quello di Kaurismaki è un Delitto e castigo asciugato dagli eccessi emotivi, una questione che diviene finanche cerebrale nel finale amarissimo con le parole ficcanti di un Antti disilluso e nichilista (quelle sul pidocchio, ma non anticipiamo troppo), un uomo che si prepara a un lungo periodo di (ulteriore) solitudine e poi... chissà.