In mezzo c’era stata la colonna sonora de “La vita oscena” di Renato De Maria, per cui si può dire che il progetto Deproducers, nato per caso, senza troppe pretese, si sia trasformato in qualcosa di molto più serio, in un tassello fondamentale dell’esperienza dei personaggi coinvolti.
Che poi l’eccezionalità sta tutta qui: all’origine del collettivo, dietro all’ironia sottesa al monicker, si nascondono quattro tra i musicisti e produttori più importanti che abbiamo in Italia. Vittorio Cosma, Riccardo Sinigallia, Gianni Maroccolo e Max Casacci non hanno bisogno di presentazioni e, se ci pensate bene, il fatto di averli tutti insieme a lavorare su della musica è qualcosa di magnifico a prescindere.
Ancora più eclatante, poi, che si siano impegnati in un progetto di questo tipo, che sta a metà tra la composizione classica e la divulgazione scientifica. Durante una recente intervista Vittorio Cosma ha detto una cosa molto importante, che penso possa essere utile ad inquadrare l’essenza stessa di “DNA” (che è poi la medesima dei lavori precedenti): la conoscenza scientifica, a suo dire, e quella artistico-letteraria, sarebbero da troppo tempo considerate due mondi separati, destinati a non incontrarsi mai e, se possibile, anche nemiche tra loro. Se ci pensiamo, è effettivamente così e lo è almeno dai tempi dell’Illuminismo: c’è un sapere oggettivo, razionale e misurabile, che è anche quello che possiederebbe una vera e propria utilità pratica. Tutto il resto sono speculazioni inutili, castelli in aria e sterili sofismi; roba buona per occupare il tempo libero, non certo per costruirsi una posizione nel mondo.
Non sarà certo questo disco a far cambiare la mentalità comune però bisogna ammettere che si tratta di un’operazione utile e soprattutto molto accattivante.
“DNA” è stato realizzato con la collaborazione dell’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) e si avvale della consulenza scientifica di Pierpaolo de Fiore, genetista presso l’Istituto Europeo di Oncologia. C’è poi la partecipazione del filosofo Telmo Pievani, che si occupa della narrazione dei testi (anche se, come al solito, alcune parti sono lette da Sinigallia, inoltre è stato pure coinvolto Eugenio Finardi). Da ultimo, Marino Capitolo ha realizzato delle immagini che animeranno le prossime date live (la prima è stata a Brescia il 9 aprile): già, perché finalmente il gruppo ha deciso di portare la propria musica sui palchi italiani e la cosa non può che far piacere, visto che un progetto del genere assume sicuramente nella dimensione live la sua essenza più autentica.
I Deproducers riescono così a fare divulgazione scientifica scrivendo musica, realizzando un’opera che non ha probabilmente eguali nel panorama europeo. Ovviamente nessuno diventerà un esperto di genetica ascoltando questi sessanta minuti di materiale ma è innegabile che nei testi (a cui, per la prima volta, il gruppo ha dato uno spazio rilevante, realizzandoli prima della musica e facendola dunque ruotare attorno ad essi) siano poste questioni decisive come l’origine e l’evoluzione della vita, la diversità, la mutazione e le sue conseguenze, sia positive (il processo di adattamento e la continuità delle specie), che negative (i tumori). Alla base di tutto, nuovamente quello stupore di cui si parlava all’inizio: la vita è resa possibile da meccanismi razionali ed ordinati al millimetro, secondo dinamiche di cui, nonostante tutti gli sforzi, conosciamo ancora solo una minima parte; allo stesso tempo, però, c’è anche una componente di casualità, all’interno di questi processi, cosa che ci lascia con molte più domande che risposte.
“DNA” è un po’ il racconto di tutto questo, un viaggio di un’ora dove musica e testi si compenetrano in un discorso coerente e coeso. Allo stesso modo interagiscono elettronica e strumenti tradizionali: c’è sicuramente il background di Casacci, unitamente alle sperimentazioni tanto care a Maroccolo (la title track vive di queste suggestioni, per esempio) ma c’è anche tanta chitarra, come nel singolo “Storia compatta della vita”, o nelle accelerazioni ritmiche di “L.U.C.A.”. Dal vivo, tra l’altro, ci sarà un batterista, nella persona di Simone Filippi ma già in studio hanno prestato la loro opera figure importanti come Simone Padovani e Tullio de Piscopo.
Il tutto, come sempre, molto vario e dinamico, mai particolarmente pesante, nonostante certi episodi come “Abiogenesi” o la lunghissima “Suite cellulare” necessitino di una dose di lavoro in più per essere assimilati. Il dono dei Deproducers è questo, infatti: non scrivono musica semplice ma neppure troppo sofisticata ed elitaria; la loro è una proposta per tutti (dopotutto non è che coi loro progetti principali non abbiano avuto un certo carattere “universale”), l’importante è amare le sfide e avere voglia di imparare ciò che non si sapeva prima.
Accostatevi al disco in questo modo e vedrete che ne uscirete soddisfatti ed arricchiti. Ci si vede dal vivo, ovunque decideranno di suonare.