Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Don't Stop Believin'
Journey
1981  (Columbia)
CLASSIC ROCK
all TRACKS
23/09/2022
Journey
Don't Stop Believin'
Una canzone dalla struttura anomala, che invita a non mollare mai e a inseguire i propri sogni, nonostante tutto.

Non è la canzone dei Journey che ha venduto di più, ma è sicuramente quella che può vantare lo status di ever green. Don’t Stop Believin’, traccia di apertura di Escape, nono album della band californiana, è un brano dalla struttura anomala, praticamente unica. Se, infatti, nella quasi totalità del pop/rock, il ritornello viene ripetuto più volte nel corso del minutaggio, in Don’t Stop Believin’ arriva solo alla fine, a circa tre minuti e venti secondi dall’inizio. Una sequenza particolare che si sviluppa così: strumentale, prima strofa, strumentale, seconda strofa, pre-ritornello, strumentale, terza strofa, pre-ritornello, strumentale, e infine il ritornello, fino alla dissolvenza in chiusura.

Nella frase “Strangers waitin', Up and down the boulevard” (“Stranieri in attesa, su e giù per il Boulevard“) è racchiusa la genesi del brano. Il Boulevard è, infatti, un esplicito riferimento al Sunset Boulevard di Hollywood, il luogo in cui, in quegli anni, i musicisti (e non solo) realizzavano (o cercavano di realizzare) i propri sogni. L’idea per la canzone venne al tastierista Jonathan Cain, che si era trasferito a Hollywood in cerca di successo. Le cose, però, non andavano affatto bene, e la possibilità di fare carriera era solo un lontano miraggio. Jonathan ricorda che in quei momenti difficili parlava spesso con il padre, chiedendogli se non fosse il caso di fare ritorno a casa, a Chicago, e mollare tutto. E il padre, gli rispondeva sempre: "No, figliolo. Mantieni la rotta. Hai una visione. Accadrà. Non smettere di crederci.". Ovviamente, accadde e Cain divenne il tastierista dei Journey.

Durante una prova del gruppo, il riff della canzone sgorgò improvvisamente e Cain suggerì che ben si poteva adattare alla sua esperienza di vita a Hollywood, invitando il cantante Steve Perry (coautore del brano insieme a Cain e al chitarrista Neal Schon) a scrivere un testo che parlasse di tutti i sognatori che sognavano di diventare attori, produttori, artisti, avvocati, e che bazzicavano il Sunset nel fine settimana. Nacque così, quel bellissimo verso, scritto da Perry, in una stanza d’albergo a Detroit: “Stranieri in attesa, su e giù per il viale, Le loro ombre che cercano nella notte, Gente lampione, che vive solo per trovare emozioni, Nascoste, da qualche parte nella notte”.

La canzone, come scritto, non ebbe un grande successo commerciale, ma divenne popolare più avanti, quando nel 2003, venne inserita nella colonna sonora di Monster, film per la regia di Patty Jenkins, basato sulla vera storia della serial killer Aileen Wuornos, interpretata da Charlize Theron, vincitrice anche di un premio Oscar. Don’t Stop Believin’ fu inserita nella sequenza in cui la Wuornos e Selby Wall (interpretata da Christina Ricci) stanno pattinando, e sulle note del brano, capiscono di essere innamorate e finiscono per baciarsi fuori dalla pista. L'uso della canzone in questa scena adorata dalla critica, attirò l’attenzione dei media, e da quel momento furono tantissime le richieste per inserire Don’t Stop Believin’ in film, pubblicità e programmi TV.

Negli Stati Uniti, la canzone è tornata in auge di recente, durante la pandemia del 2020, in quanto alcuni ospedali usavano Don’t Stop Believin’ come inno d’incoraggiamento per i pazienti che si stavano riprendendo dal COVID-19 e per coloro che li curavano. Il New York-Presbyterian Queens Hospital, ad esempio, ha suonato Don't Stop Believin' in tutto l'edificio, ogni volta che dimetteva un paziente affetto da coronavirus.