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REVIEWSLE RECENSIONI
16/06/2023
Def Leppard
Drastic Symphonies
Anche i britannici Def Leppard si sono fatti sedurre dal suono classico di un'orchestra, e il risultato è un disco inusuale ma avvincente.

L’idea non è certo originale, anzi. La colorazione orchestrale abbinata ad abiti normalmente rock è diventata una moda buona per tutte le stagioni. E come succede per le mode, non è tanto il vestito, per quanto lussuoso, a rappresentare l’aspetto più rilevante, ma chi lo indossa. Bisogna avere buone canzoni che si adattino a un impianto sonoro diverso, inusuale.

Dopo aver pubblicato, lo scorso anno il loro primo album in studio dal 2015, i Def Leppard, come seguito di Diamond Star Halos, hanno messo in piedi un progetto ambizioso, arruolando la Royal Philharmonic Orchestra, per rileggere in modo assolutamente inaspettato e, diciamolo pure, audace, quindici canzoni tratte dal loro corposissimo repertorio.

 

La Royal Philharmonic ha già "realizzato" album aventi per oggetto il songbook di artisti postumi quali Elvis Presley, Aretha Franklin e Roy Orbison, ma Drastic Symphonies è di un altro livello, è un lavoro vivo, colorato, che emana luce propria, frutto di un azzeccato interplay fra la band, l’orchestra, l'arrangiatore Eric Gorfain e il produttore Nick Patrick.

Il risultato, dunque, è indiscutibilmente intrigante e suggestivo, e introduce una visione del tutto nuova di queste canzoni, selezionate con cura dalla band, per adattarsi a vivere in territori che evocano inevitabilmente la musica classica. Quasi ogni canzone suona naturale, senza artificio, alcune delle quali come fossero state concepite originariamente in questa veste, e nel complesso, l’opera trasuda genuina passione spinta dalla curiosità di vedere come i brani in scaletta, alcuni dei quali famosissimi, possano reggere all’usura del tempo e al suono carezzevole o epico, a seconda dei casi, degli archi.

 

Non tutto, pur lodando l’intento della band, coglie il centro del bersaglio: "Pour Some Sugar on Me (Stripped Version)" con Emm Gryner al pianoforte in duetto con Joe Elliott possiede un andamento più morbido rispetto all’originale, ma l’arrangiamento è forse troppo austero per un inno rock da stadio.

Il resto, invece, funzione decisamente bene, grazie anche un lavoro certosino di maquillage, attraverso il quale batteria e chitarra sono state tolte per far spazio agli archi, oppure sono state aggiunte nuove linee vocali come in "Too Late For Love" (Pyromania del 1983) in cui il Joe Elliott di oggi duetta curiosamente con il Joe Elliott che cantava sul brano originale.

Alcune canzoni come "Turn to Dust", dal sapore mediorientale, o "Goodbye (For Good This Time)" da Diamond Star Halos (che melodia meravigliosa!) e "Bringin' on the Heartbreak" sono reinterpretazioni abbastanza fedeli, visto che erano già orchestrate in originale, mentre gli archi sostituiscono gli assoli di chitarra in diversi episodi, tra cui "Hysteria" (dall’omonimo best seller del 1987) o "Paper Sun", gemma da Euphoria del 1999.

Se "Animal" perde il suo mood innodico ma guadagna in profondità, "Love Bites" e la strumentale "Switch 625" (un manifesto di epicità) suonano come se fossero nate per essere suonate da un'orchestra, mentre "Kings of the World" acquista addirittura una esplosiva grandeur che evoca in modo sfacciato i Queen.

 

Che una band da stadio come quella dei Def Leppard abbia imboccato questa strada orchestrale, potrebbe far pensare di trovarsi di fronte a un disco riempitivo, nato per mancanza di ispirazione o motivato dalla necessità di batter cassa. A conti fatti, però, non è così. Drastic Symphonies farà, magari, storcere il naso a tutti coloro che sono subito pronti a puntare il dito accusatorio, sostenendo la tesi dell’artificio e dell’ortodossia dell’originale, ma è un’operazione perfettamente riuscita, inusuale per il pedigree della band, certo, ma centrata. Perché, ciò che conta, come dicevano a inizio articolo, è la bellezza delle canzoni, e qui di belle ce ne sono tantissime. Se vi piacevano prima, non vedo perché, non debbano piacervi ora. Sono gli abiti a essere cambiati: prima sportivi, oggi classicissimi.