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REVIEWSLE RECENSIONI
Drive To Goldenhammer
Divorce
2025  (A Gravity Records)
INDIE ROCK AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
9/10
all REVIEWS
01/08/2025
Divorce
Drive To Goldenhammer
Un nome che trasmette separazione per un progetto che unisce anime distanti, in perfetta armonia. L’album di esordio dei Divorce è semplicemente straordinario.

Il fatto che Tiger Cohen-Towell e Felix Mackenzie-Barrow abbiano quattro cognomi in due dovrebbe risultare un campanello d’allarme per gente che decide di mettersi a suonare insieme. Quante personalità e quanti generi musicali possono coesistere nella stessa band? Se vogliamo aggiungere il batterista Kasper Sandstrom e la chitarra solista di Adam Peter-Smith, che insieme ai due cantanti (Cohen-Towel suona anche il basso e Mackenzie-Barrow la seconda chitarra) compongono la formazione dei Divorce, il quadro è completo. E non fidatevi se qualche etichettatore seriale con comprensibili obiettivi di massimizzazione profilatoria cerca di liquidare la questione con la storia dell’alt-country. Chi lo sostiene probabilmente ha ascoltato fino alla traccia tre (e anche piuttosto superficialmente) di Drive To Goldenhammer e, tanto per spoilerare, si è perso uno dei dischi più originali degli ultimi tempi.

O, se è andato fino in fondo, ha frainteso per mero tecnicismo il gioco tra le due voci, femminile e maschile, così deliziosamente perfettine e pulite da primi della classe alle lezioni di canto quando invece, converrete con me, c’è ben altro, a partire da una passione non comune. Il loro alternarsi, quel modo di fare un passo indietro a lasciarsi rispettosamente la scena da solista, per poi approfittare degli spazi melodici e dei silenzi altrui per portare valore aggiunto alla capacità emotiva dei brani, con il plus delle armonizzazioni che approfittano (con una naturalezza disarmante) della efficace semplicità delle linee vocali e che fanno tanto Stati Uniti del sud, è una qualità davvero originale, per una band (per di più di Nottingham, nelle Midlands inglesi) agli esordi e nel 2025. Una chimica rara, fatta di ascolto reciproco, pause condivise e un’intimità che si avverte anche quando i due sembrano urlarsi contro. I loro duetti sono veri e propri dialoghi emotivi, messaggi da una stanza all’altra di due persone che sanno perfettamente come abitare lo stesso appartamento.

 

Certo, l’atmosfera che pervade “Antarctica”, prima canzone dell’album, è inequivocabile e si mantiene tale anche per buona parte di “Lord”, la seconda, almeno fino al ritornello e al tema di sintetizzatore con il suono da theremin che, per la sua inappropriatezza, ruba la scena al quadretto western che fino a quel momento la nostra immaginazione aveva dipinto con luoghi comuni. Persino “Fever Pitch” e la decontestualizzazione dei cliché del genere potrebbe lasciarci poco più che indifferenti e convinti dell’idea dello stile che, fino a questo punto, i Divorce ci hanno trasmesso.

Ma poi è il turno di “Karen”, e qui le cose si complicano. Il cielo si addensa di nubi nere di tempesta, si leva un preoccupante vento di chitarre distorte e noise, la voce divina di Tiger Cohen-Towell si fa devastante come un uragano, ed è a quel punto che Drive To Goldenhammer richiama con urgenza la nostra attenzione. Che razza di disco è? Persino la successiva “Jet Show”, con il suo incedere irriverente e i suoi toni sarcastici, fa di tutto per portarci decisamente lontano dal punto da cui siamo partiti. 

Ma il bello dei Divorce è proprio questo. Come alcune altre formazioni inglesi di nuova generazione (English Teacher e Porridge Radio, le prime due che mi vengono in mente) sono inafferrabili. Ci dev’essere stata un’esplosione da qualche parte nell’universo indie britannico. Una forza propulsiva o, per farla breve, un big bang che ha scagliato tutta la materia di cui si compone un po’ ovunque, tanto che i corpi sonori, allontanandosi e attraversando chissà quali atmosfere, hanno assunto sembianze inaudite e impensabili fino a poco tempo fa. 

 

I Divorce sono autori di uno stile così spontaneamente sghembo e impalpabile da risultare perfettamente rassicuranti, la cosa più naturale che ci potrebbe capitare di sentire alla radio, aspetto che si conferma in tutte le tracce da qui alla fine dell’album. “Parachuter” è smaccatamente indie-folk, mentre il synth-pop da manuale di “All My Freaks” ci fa nuovamente saltare sulla sedia tanto quanto “Hangman”, che ci porta dalle parti degli Arcade Fire, e “Pill”, in cui convivono almeno tre canzoni in una con una struggente parte strutturale di piano e voce, tra psichedelia leggera e confessioni d’infanzia.

“Old Broken String” ha un titolo evocativo che non lascia dubbi, grazie alla linea folk di violino che apre a uno spazio narrativo tutto suo, quasi cinematografico. Un mood agli antipodi della penultima traccia “Where Do You Go”, nervosissima e graffiante, a tratti grunge, fino alla chiusura, “Mercy”, una ballad chitarra e voce che si conclude ripetendo più volte “I’ll always love you for that”, una promessa paradossale per una band che ha scelto di chiamarsi Divorce. Ma è proprio nell’alternanza tra impeto e delicatezza, tra commozione e sarcasmo, che i quattro sembrano trovare la loro vera identità: quella di una band giovane che non ha paura di mostrare tutta la propria forza, mettendolo in risalto ovunque necessario.

 

Avrete capito che Drive To Goldenhammer è un’opera costruita con un linguaggio personale che mescola con disinvoltura forme e background eterogenei, senza risultare mai indeciso. Cresciuto live nei locali di Nottingham e registrato e fissato nell’isolamento dello Yorkshire, è un album che esprime tutto il desiderio di essere percepiti, della paura di non bastare, della ricerca ostinata di un posto in cui fermarsi, anche solo per un attimo, una casa che non è necessariamente un luogo fisico.

I Divorce colpiscono per la  determinazione e la disinvoltura con cui adattano a composizione ogni ispirazione che si alterna nel vissuto dei componenti della band. Una fresca e convincente novità nell’affollato panorama musicale britannico e, sicuramente, uno dei migliori dischi indie dell’anno.