Cominciamo dal principio. Come vi siete conosciuti? Qual è stato il vostro percorso musicale e come siete arrivati a formare gli Aimless?
Frequentavamo entrambi il liceo classico Zucchi di Monza: la band è inizialmente nata come quartetto, suonavamo principalmente cover alle feste della scuola.
Nel corso del tempo abbiamo avuto un paio di cambi di formazione e da un paio d’anni a questa parte siamo un duo: questo ci ha portati a ricercare una nostra identità sonora, basata sull’abbracciare (a livello compositivo, ad esempio) le limitazioni dell’avere solo due strumenti a disposizione.
Cosa vi ha spinto a scrivere i testi in inglese? È una scelta che pensate di mantenere anche in futuro?
Non c’è la pretesa di sembrare internazionali a tutti i costi: abbiamo sempre trovato la metrica e la sonorità più adatte al genere che suoniamo.
Cantare nella propria lingua ha sicuramente un vantaggio per quanto riguarda l’immediatezza comunicativa: non escludiamo di cambiare e passare all’italiano in futuro per questo motivo, ma per i nostri primi due EP abbiamo sentito di essere più a nostro agio con l’inglese.
Molti pensano che buona parte di questa decisione sia dovuta all’ascolto dei dischi che ci hanno formato musicalmente, ma nel nostro caso è una scelta molto più consapevole (inoltre moltissime delle nostre influenze sono in lingua italiana).
Inaspettatamente questo ci ha permesso di assicurarci qualche data all’estero, ad esempio ad ottobre faremo due date a Londra: sarebbe stato molto più complesso fare questa esperienza cantando in italiano.
È da poco uscito il vostro nuovo EP Stain, che segue Eye2Eye pubblicato lo scorso anno. Ripensando ad ambedue i lavori, quali sono i caratteri distintivi del vostro sound e in quali aspetti intravedete lo sviluppo di un percorso di evoluzione e crescita?
Il nostro suono “granitico” è stato sicuramente la colonna portante di questi due EP: siamo sempre molto contenti di ricevere i commenti sorpresi di chi ci sente (live o sulle piattaforme digitali) e rimane sorpreso dal non trovare più elementi nella band.
STAIN rappresenta, secondo noi, una fase più matura degli Aimless: la struttura dei brani è più curata e varia rispetto al primo lavoro.
L’ultimo brano ad esempio, “WHY AM I NOT CLEAN YET?”, non ha un ritornello, il testo è un unico flusso di coscienza senza le classiche ripetizioni della nostra “struttura canzone” precedente: è sicuramente questa la direzione che vogliamo continuare a seguire per i nostri prossimi pezzi, sia a livello di testi sia strumentalmente.
Perché rimanga stimolante lo scrivere in due è fondamentale non essere ripetitivi, cercando sfide sempre nuove da porci a vicenda.
Avete partecipato a Carne Fresca, la rassegna di artisti emergenti pensata da Manuel Agnelli nel’ambito dello spazio artistico di Germi e avete già una serie di concerti fatti o in programma, tra i quali la data del 3 agosto ad Assisi di supporto proprio agli Afterhours. Cosa vi piace di più della dimensione live?
Tutto quello che abbiamo scritto è nato unicamente per essere suonato dal vivo: è un pilastro imprescindibile su cui si basa probabilmente quasi ogni forma di musica rock.
Non abbiamo mai visto il concerto come un momento di performance fine a sé stessa, è uno scambio di energia alla pari tra chi sta sopra al palco e chi sta sotto.
È per questo che amiamo nello stesso modo fare concerti ed andarci come spettatori.
Certo non ci saremmo aspettati di suonare i nostri brani sullo stesso palco di alcuni dei musicisti che ci hanno portati a imbracciare i nostri strumenti, e per questo saremo sempre grati a Manuel, agli Afterhours e a tutto lo staff di Germi che ha reso possibile un sogno che neanche ci eravamo permessi di avere.
Stanno mettendo in pratica, con un aiuto tangibile agli emergenti, qualcosa che molti hanno detto ma nessuno aveva ancora fatto.
I vostri testi esplorano la condizione personale e il disagio giovanile del presente. Allargando la prospettiva, com’è il vostro rapporto con l’attualità e con i fatti che accadono nel mondo? Hanno un riflesso anche nella vostra fase creativa?
È impossibile pensare di vivere da ventenni in un mondo così digitale senza essere bombardati mediaticamente. Scegliamo consapevolmente di tenere gli occhi bene aperti su ciò che ci circonda, anche quando non è la scelta più comoda o immediata, anche quando fa un po’ paura, ed è inevitabile che questo sia parte permeante e fondamentale di come e cosa scegliamo di comunicare nei nostri pezzi.
Quali sono i vostri progetti futuri?
In questi giorni ci stiamo preparando ai prossimi live che ci aspettano: abbiamo in programma le date più emozionanti da quando abbiamo iniziato a suonare insieme e vogliamo godercele fino in fondo. Per godercele dobbiamo arrivare preparati.
Abbiamo iniziato anche a scrivere qualcosa di nuovo, ma vogliamo dedicare il giusto tempo alla scrittura, vedremo dove ci porteranno le nostre jam in saletta, a un prossimo EP o magari ad un album.