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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
13/10/2025
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... Donato Zoppo
Litfiba, CSI e musica contemporanea. Questi i temi principali della bella chiacchierata con Donato Zoppo - noto giornalista ed esperto conoscitore di musica a tutto tondo - realizzata in occasione delle sue ultime e sempre ottime uscite editoriali.

Quando ti sei appassionato di musica e quali sono i tuoi musicisti e gruppi musicali preferiti?

Credo di essere stato sempre rapito dalla musica, così come dalla scrittura, dalla lettura, dall’arte. Ancora oggi, proprio come quando cominciai ad ascoltarla, la musica ha la forza di portarmi altrove. È un viaggio, ma questo credo valga per tutti, non solo per me. Penso alla forza di Miles Davis e dei Led Zeppelin, di John Coltrane e dei Genesis, dei Beatles e di Bob Dylan, tanto per citare alcuni degli artisti che maggiormente mi hanno colpito in gioventù e poi accompagnato nella maturità.

Inoltre, al di là di questo potere dinamico che stimola l’immaginazione e conduce in altri luoghi, ho sempre apprezzato la musica come veicolo verso il sapere: ho amato Battiato perché mi ha condotto nell’area del sacro, David Sylvian e Mark Hollis dei Talk Talk perché sono andati verso una filosofia del silenzio, Giovanni Lindo Ferretti per la qualità e anche l’ambiguità del suo pensiero antimoderno, i King Crimson e i Doors perché nella loro musica e nei loro testi c’è tanta cultura (l’esoterismo, la psicanalisi, il teatro, la letteratura).

 

Da dove deriva l'interesse per gruppi come CSI e Litfiba?

Questi due gruppi rappresentano il meglio della musica italiana degli ultimi quarant’anni e ho avuto la fortuna di essere cresciuto con la loro musica, così diversa anche se hanno un grande punto di contatto nelle figure di Gianni Maroccolo e Francesco Magnelli, prima nella band fiorentina poi passati con Ferretti e Zamboni.

Dei Litfiba amo la dimensione rock materica, le sonorità prima oscure poi divenute nel tempo sgargianti, anche in chiave più ruspante ed elettrica; i CSI invece racchiudono la potenza della musica, la forza di una scrittura collettiva dove il singolo musicista riesce a tenere fede alla propria personalità sciogliendosi al tempo stesso nel collettivo, inoltre il loro rapporto con luoghi, storie e Storia li rende davvero affascinanti. Per quanto mi riguarda, contano molto anche queste simbologie, che trascendono il dato prettamente musicale.

 

Cosa significa scrivere un libro su queste compagini musicali: quale lettore hai in mente durante la stesura del libro?

Un mio antico maestro di giornalismo mi diceva sempre che noi scriviamo per un lettore e scriviamo perché c’è un lettore. Credo sia verissimo, ma ancora oggi interpreto questo insegnamento in una chiave più “astratta” se vuoi, non così concreta e letterale. Mi spiego meglio. Il lettore è sempre presente e merita rispetto sin dalla primissima fase, che è quella dello studio profondo: nel raccontare una storia credo sia l’ingrediente principale, quello che ti dà sicurezza anche per poterti esprimere liberamente, in una chiave e con un tono più narrativo. È un trampolino di lancio ma anche una rete di protezione, tanto per intenderci.

Nella fase successiva, che è quella della scrittura, sento che il lettore è con me: mi piace immaginarmi come un raccontastorie, e nel farlo è mio dovere provare ad essere chiaro, avvincente, affidabile, perché chi legge ha diritto di essere guidato fino alla fine nel migliore dei modi. Tuttavia non ho un lettore preciso in mente, questo vincolerebbe molto la scrittura che invece ha bisogno di aria, di respiro, di spazi per poter muoversi e volare. Se pensassi a un libro solo per i fan, o se pensassi a un libro solo per il grande pubblico, sicuramente sbaglierei qualcosa.

 

Quanto tempo si impiega per scrivere un libro come Eroi nel vento o Lucio Battisti: Scrivi il tuo nome su qualcosa che vale? E per portarlo in vendita nelle librerie?

Non c’è una durata standard, ci sono libri che vengono da molto lontano, da antichi desideri pian piano divenuti studio profondo e maturati negli anni, oppure ci sono libri nati velocemente, cotti e mangiati (anzi cotti e scritti…). Il libro su Battisti è nato lentamente perché è l’esito di un lungo studio su una fase della sua attività di cui non è mai stato scritto molto, quindi la ricerca e lo studio sono stati piuttosto lunghi, credo di averci impiegato un annetto, o qualcosa di meno; viceversa il libro Litfiba è nato in un paio di mesi, avevo già tutto in mente e soprattutto la storia da raccontare era breve e ben documentata. Anche le interviste che ho realizzato sono state rapide.

Ciò che invece riguarda la pubblicazione e la distribuzione non mi compete: mi occupo solo di scrittura, ed è già tanto (ride…)! Per fortuna l’ultimo editore con cui sto lavorando, ossia Aliberti, è molto rapido nella pubblicazione e anche efficace nella distribuzione.

 

Dal tuo punto di vista, in cosa si distinguevano i primi Litfiba rispetto ai gruppi rock che si affacciano oggi sulla scena musicale per muovere i primi passi?

Apparentemente tra una rock band agli esordi come i Litfiba che ho raccontato e una che si forma oggi, non dovrebbero esserci grandi differenze. Chi ha esperienza di gruppo sa bene quanto è contagioso l’entusiasmo dei primi passi, quella miscela di determinazione, speranza, combattività e dedizione che forma un carburante potentissimo. Tuttavia, i tempi sono talmente diversi da condizionare anche questa fase costitutiva: creare un gruppo nella prima metà degli anni ’80, in un periodo di fortuna e gloria per l’industria discografica, significava avere grandi opportunità e la relativa facilità di poter fare un disco che sarebbe stato ascoltato. Oggi si va sicuramente incontro a grandi delusioni, se non ci si attrezza sapendo che i tempi sono difficili, anzi, completamente avversi a chi vuole fare musica. I Litfiba del 1985 erano eroici ma sicuri di un contesto storico-culturale-artistico promettente; una band di oggi è ancora più eroica visti i tempi bui…

 

Qual è il lascito musicale, creativo, e sul piano delle idee dei Litfiba?

I Litfiba dei primi tre album, la Trilogia del Potere, riuscirono a dare la propria personale interpretazione alla new wave, tant’è vero che si parlava di “etnowave”, laddove “etno” evocava melodie mediterranee, colori latini, insomma, era una variante tutta italiana a sua volta diversa da quella severa e scarna dei Diaframma, quella elettronica e martellante dei Neon, o quella suadente e cantabile dei Moda, tanto per citare alcuni nomi della ribollente Firenze wave.

Il primo lascito a mio avviso è stato questo: la personalizzazione di una musica proveniente dall’estero, ampiamente sorpassata e invecchiata, ma da loro rivitalizzata e aggiornata. Voglio sottolineare anche altri due aspetti, che a mio avviso sono un contributo importante lasciato dai Litfiba: le tematiche politiche (l’antimilitarismo, la critica verso il potere) e la grande energia sul palco, con concerti memorabili da grande rock band internazionale.

 

Oggigiorno la musica italiana può ancora essere portatrice di messaggi politici attuali e degni di un’ampia attenzione? Chi potrebbe essere, da questo punto di vista, l’erede contemporaneo di band come CSI o Litfiba?  

Credo che la musica possa e in alcuni frangenti debba (penso alla tragica questione del genocidio in corso in Palestina) farsi carico di tematiche politiche. Oggi più che mai, in un regime da pensiero unico e da abbattimento dello spirito critico. Quindi ben vengano gruppi e artisti motivati e volenterosi in tal senso. Mi riesce però molto difficile individuare gruppi eredi di CSI e Litfiba, anche perché sono state due band molto personali, forse troppo per avere eredi che ne portino avanti il messaggio e il suono.

Fino a due anni fa ho condotto un programma in radio, per quasi vent’anni, e ho trasmesso tanto rock italiano: posso dire che due band su tre prendevano spunto da CSI e derivati o da Litfiba e derivati. Sono un riferimento molto presente nel rock nostrano degli ultimi trent’anni…

 

Per quale ragione un ragazzo di 18 anni dovrebbe oggi prendere in mano Desaparecido, 17 Re, Litfiba 3 o Terremoto?

Un diciottenne di oggi dovrebbe ascoltare questi album, anche se diversi l’uno dall’altro, per scoprire la bellezza del linguaggio di gruppo: i Litfiba erano composti da personalità molto forti e diverse l’una dalle altre, ma questo non era affatto un ostacolo alla creatività, anzi! Era una convivenza solo apparentemente bellicosa, in realtà era pacifica e creativa, era uno scontro-incontro tra temperamenti diversi ma tutti orientati alla musica.

È un messaggio politico in senso più lato: è possibile far convivere le differenze sciogliendo nella musica la conflittualità. Credo sia importante sottolineare questo aspetto, al di là del dato prettamente musicale, che pure merita vista la qualità degli album in questione, che sono anche dei preziosi documenti storici.

 

Hai già qualche idea su chi potrà essere il/i protagonisti di un suo prossimo libro?

Certo, le idee sono sempre tante, a volte anche troppe (ride…)! Posso dirti che sto lavorando ad alcuni testi che vedranno la luce l’anno prossimo, in particolare uno su una delle più grandi e amate rock band della storia. L’ho citata anche en passant in questa chiacchierata, ma non posso svelare altro…