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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
31/05/2024
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... King Hannah
Hannah Merrick e Craig Whittle sono le teste, cuori, mani e inchiostro dietro ai notevoli King Hannah. "Big Swimmer" è il loro nuovo album, in uscita il 31 maggio e il nostro Luca ne parla direttamente con loro, in una lunga e appassionante chiacchierata alla scoperta di dettagli e racconti dietro le quinte.

Hannah Merrick e Craig Whittle si sono conosciuti in un bar di Liverpool dove lei faceva la cameriera e hanno messo su piuttosto in fretta un progetto musicale assieme. È una storia semplice, quasi banale, ma nel 2020 eravamo in pieno lockdown e le prospettive future per la musica suonata erano molto più che incerte. Ragion per cui, ritrovarsi fra le mani due sfolgoranti singoli come “Crème Brûlée” e “Meal Deal”, mescolanza strana di Mazzie Star e Pj Harvey, una voce delicata e spettrale che si univa con disinvoltura ad una chitarra graffiante, dalla notevole propensione alle derive psichedeliche, è stato percepito con un entusiasmo molto superiore, di quanto sarebbe accaduto se la stessa esperienza fosse stata vissuta in circostanze normali.

Tell me your Mind and I’ll Tell you Mine è finito dritto tra i miei dischi dell’anno, così come il vero e proprio esordio di due anni dopo, I’m Not Sorry, I Was Just Being Me, che ha sviluppato e migliorato tutto ciò che di buono si era intravisto nel precedente EP, consegnandoci così una delle band più interessanti degli ultimi cinque anni almeno.

Niente di nuovo sul fronte della proposta, attenzione, ma questo unire influenze per certi versi contrastanti, questo loro essere qualcosa di diverso rispetto al Post Punk chitarroso imperante negli ultimi anni, unitamente alla bravura nel confezionare brani profondi e senza tempo, rende i King Hannah una realtà in grado di affascinare sia il pubblico più giovane (ovviamente non da noi, sto facendo un discorso generale) sia i più anziani, legati più che altro al classicismo di scuola americana.

 

E' proprio dall’America che ha infatti preso le mosse Big Swimmer, il nuovo disco in uscita il 31 maggio. Negli States ci hanno girato parecchio, durante lo scorso tour, non ci erano mai stati prima e ne hanno tirato fuori un diario on the road che è poi finito in molti dei dodici brani di questo lavoro.

Un lavoro che, per scomodare i luoghi comuni, rappresenta una crescita esponenziale del duo di Liverpool (che ormai è però un vero e proprio quartetto, nonostante la direzione delle operazioni spetti sempre ad Hannah e Craig), che ha saputo mantenere gli stessi ingredienti, arricchiti tuttavia da una nuova consapevolezza, che l’intensa attività concertistica di questi ultimi anni ha inevitabilmente fornito.

Ci ha messo del suo anche Ali Chant (Aldous Harding, Soccer Mommy, Fenne Lily, Algiers, Amber Arcades, Perfume Genius, ecc.) che ha convocato il gruppo al Playpen, il suo studio di registrazione a Bristol, li ha messi assieme in una stanza e li ha fatti suonare come se fossero su un palco, costringendoli a tirare fuori il massimo. Il risultato è un disco che vive non solo di un notevole upgrade nella scrittura, ma anche di uno spessore e di una ricchezza di suono fin qui inediti, di una prova vocale superlativa, nonché di un lavoro chitarristico dallo spettro ampio, capace di andare a scavare nel profondo, portando a galla i lati più veri, e per certi versi più scuri, delle storie qui raccontate.

Un disco fatto ancora una volta per piacere a tutti, dai fan del Dream Pop a quelli di Neil Young, e che se tutto andrà bene, porterà i King Hannah sulla bocca di tante persone che fino a ieri li ignoravano bellamente.

 

Quando li incontro, gli artefici di tutta questa bellezza stanno concludendo una lunga giornata di promozione in un hotel del centro di Milano, fuori piove e fa piuttosto freddo, loro sono comprensibilmente stanchi dalle tante interviste ma allo stesso tempo più che disponibili a confrontarsi col sottoscritto su ciò che di lì a pochi mesi ascolteranno tutti. Gentili e in un certo senso anche timidi, decisamente down to earth rispetto a tutto l’entusiasmo che stanno suscitando attorno a loro; qui di seguito il resoconto della nostra chiacchierata.

 

 

Innanzitutto vi dico che il disco mi è piaciuto moltissimo: l’impronta è sempre la vostra ma mi pare che vi siate evoluti molto e che stiate lentamente diventando un’altra cosa, sia nel modo di cantare di Hannah sia nel suono della chitarra di Craig. Insomma, siete sempre voi ma tutto è più profondo e definito.

Hannah: Grazie per i complimenti! Questo è quello che volevamo fare nel momento in cui ci siamo messi a lavorare al disco. Volevamo che le canzoni, per quanto concerne la scrittura, fossero migliori, volevamo che suonassero “più ricche” e più “live”, nel senso che volevamo che si avvicinassero il più possibile al modo in cui suoniamo dal vivo. Per cui è molto bello che tu ci dica questo perché sono esattamente gli obiettivi che ci eravamo prefissati.

 

Un dato che mi colpisce molto di voi è che siete una band anagraficamente giovane, avete una proposta tutto sommato in linea con l’Indie Rock attuale, per suoni e sensibilità; eppure, allo stesso tempo, conosco diverse persone con gusti particolarmente “classici”, da Dylan a Neil Young, per intenderci, che pure vi amano parecchio. Siete un gruppo giovane che piace anche ai boomer, in pratica.

Craig: È interessante l’osservazione che hai fatto, e sarebbe bellissimo se fosse così! Dopotutto è l’orizzonte che abbiamo sempre voluto raggiungere, specialmente in Inghilterra, dove la nostra musica non è così popolare come in Europa. In effetti non suoniamo moderni e neppure radiofonici, questo è un qualcosa che abbiamo visto soprattutto all’inizio, quando ci dicevano che in qualche modo ricordavamo i “vecchi tempi”, quando la musica era migliore (ride NDA). Ovviamente ci piace Neil Young, così come in generale la musica degli anni ’90, ma vogliamo anche raggiungere le persone più giovani, quelle che trovano interessanti le novità, e credo che questo disco possa andare in questa direzione.

 

Non è che suoniate “vecchi”, eh! La vostra non mi sembra proprio musica vecchia però, in un certo senso, si respira un certo spirito old fashioned.

Hannah: Sì, diciamo che siamo molto influenzati dalla musica dei vecchi tempi, perché gli artisti che amiamo ed ascoltiamo di più appartengono agli anni ’70; immagino quindi che gli anni ’90 e band come i Built To Spill, che ci piacciono molto, per noi siano quelle che rappresentano il “nuovo” (ride NDA)!

Craig: In generale, tutti i gruppi che ascoltiamo sono orientati sulle chitarre, e questo tipo di sound oggi è tornato di moda, potrebbe essere questo uno dei motivi per cui anche le nuove generazioni ci ascoltano.

 

Come avete lavorato a queste canzoni? Avete cambiato qualcosa o avete operato come al solito?

Hannah: Il processo di scrittura è rimasto lo stesso, con me e Craig che lavoriamo separatamente e portiamo l’uno all’altro quello che abbiamo fatto. Nella seconda fase poi mettiamo insieme le idee e ci lavoriamo insieme. Il lavoro in studio invece è stato diverso: siamo stati tutti quanti in studio per due settimane, suonando assieme nella stessa stanza, in modalità live. C’era questa stanza bellissima, nello studio, con noi c’era Ali Chant, che ha prodotto il disco e con cui non avevamo mai lavorato prima, ma è stato davvero fantastico. Ama la nostra musica, gli piacevano molto le nuove canzoni, è stato davvero molto gentile e incoraggiante, ci ha supportato in tutto quello che abbiamo voluto fare.

 

Avete iniziato come duo ma nel prosieguo siete diventati una vera e propria band, cosa che è molto evidente guardandovi suonare dal vivo; mi pare però che in questo disco la dimensione band sia molto più presente rispetto a prima, è corretto?

Hannah: Certo!

Craig: Sì, assolutamente, non potremmo mai suonare le canzoni noi due da soli e in quelle due settimane in cui abbiamo registrato, gli altri sono stati sempre con noi. Credo che il fatto che tendiamo ad essere percepiti come duo, è perché siamo io e Hannah a scrivere le canzoni e la visione artistica alla fine è la nostra.

Hannah: Io e Craig abbiamo gli stessi gusti ed è davvero difficile trovare una persona con cui essere così in sintonia come io sono con lui. Per questo motivo, siamo essenzialmente noi a decidere che direzione dovranno prendere i singoli brani.

Craig: Occorre trovare una persona che abbia il tuo stesso “istinto”, credo sia questa la parola giusta…

Hannah: Sì, esatto.

Craig: E quindi le decisioni che prendiamo singolarmente alla fine confluiscono in un’unica soluzione, che rappresenta la direzione che poi andiamo a prendere. Quando una canzone è finita, quando raggiunge la sua dimensione definitiva, sentiamo immediatamente, entrambi, se è un qualcosa che tutti e due amiamo oppure, al contrario, che tutti e due detestiamo. Ci troviamo sempre ad avere la stessa opinione sulle canzoni che completiamo.

 

Quindi non succede mai che, per esempio, tu scriva una cosa che a lei non piace o viceversa?

Hannah: No beh, in realtà accade abbastanza spesso.

Craig: Però non è tanto perché non le piace, quanto perché non è un qualcosa che sente legato alla sua esperienza.

Hannah: A volte Craig arriva con una canzone fantastica che però non è adatta alla mia voce per cui, pur amandola molto, non riesco a sentirla davvero mia.

 

A proposito di voce, trovo che tu, Hannah, sia davvero migliorata come cantante, ma la stessa cosa si può dire di Craig come chitarrista, certe parti soliste nelle nuove canzoni credo siano le migliori che tu abbia mai fatto. Come siete riusciti a fare questo salto di qualità? Ci avete lavorato singolarmente, oppure è venuto semplicemente fuori così, a furia di suonare dal vivo?

Craig: Grazie davvero per i complimenti! Da quando abbiamo pubblicato il nuovo album non abbiamo mai smesso di esibirci, abbiamo suonato centinaia di show, non riesco a ricordare il numero esatto. Questo ci ha portato ad essere molto più in confidenza con le nostre capacità, e credo che anche il processo di registrazione abbia giovato. Ali Chant è stato in grado di tirare fuori il meglio da noi, dalla nostre performance, anche grazie al suono fantastico della stanza in cui abbiamo registrato, e a tutti questi vecchi microfoni e chitarre che ha portato.

Hannah: Questa è una cosa che dico spesso: credo sia molto importante anche la musica che ascolti quando scrivi e registri, perché inconsciamente ti entra sotto pelle e ti influenza. Durante la lavorazione del primo disco stavo ascoltando tantissimo Pj Harvey e questo inevitabilmente ha condizionato il mio modo di cantare su quelle canzoni. Adesso lei non la sento più, nell’ultimo periodo ho ascoltato parecchie cose tipo Cassandra Jenkins, un brano come “Hard Drive” mi ha influenzato molto, lei è un’artista che usa molto di più la voce, con uno spettro più ampio, e in un certo senso mi ha portato a fare lo stesso.

 

Si tratta anche un disco che enfatizza i contrasti: le parti scure sono più scure, ombrose, quelle più rumorose, chitarristiche, sono molto più ruvide, spesse.

Craig: Sono d’accordo. Fa parte dell’aver voluto portare un po’ del nostro live show in queste canzoni, perché quando suoniamo dal vivo siamo molto più rumorosi. Allo stesso tempo abbiamo voluto valorizzare i momenti più intimi e tranquilli.

Hannah: La penso così anch’io, è un disco molto più “estremo” dei precedenti. Ali Chant ci ha incoraggiato molto in questo senso e ci ha messo nelle giuste condizioni, sia come struttura sia come equipaggiamento, per svolgere il miglior lavoro possibile.

 

Nel disco ci sono due brani, “Big Swimmer” e “This Wasn’t Intentional”, che vedono la partecipazione di Sharon Van Etten. Come l’avete coinvolta? E soprattutto: perché la sua presenza è limitata a delle semplici backing vocals? Ve lo chiedo perché, onestamente, se avessi a disposizione un’artista del suo calibro per suonare su una mia canzone, cercherei di farle fare il più possibile.

Hannah: Sì, capisco cosa intendi, è giusto che tu lo chieda! Sharon ci ha sempre supportato, sin dall’inizio, quando abbiamo pubblicato “Crème Brûlé” le è piaciuta immediatamente e ha condiviso più volte il suo parere sui Social, postato il pezzo. Io e Craig non ci volevamo credere. Ci siamo scambiati gli indirizzi email, dicendoci che un giorno o l’altro, forse avremmo potuto combinare qualcosa insieme. Le abbiamo mandato i demo di alcuni dei nuovi brani e lei ha scelto quelle due. Ha registrato le voci nel suo garage, a casa sua in America, e ce le ha mandate, dopodiché Ali Chant le ha mixate all’interno delle versioni definitive. Per quanto riguarda il fatto che si sia limitata a cantare solo quelle parti lì, noi non le abbiamo mai detto che cosa fare nello specifico, le canzoni le ha scelte lei e non le abbiamo mai dato indicazioni, ha fatto tutto da sola, noi ci siamo solo limitato a dire: “Fai quello che ti senti”.

 

Mi pare che le nuove canzoni abbiano, in generale, una maggiore prospettiva narrativa, che siano cioè più focalizzate sul raccontare storie piuttosto che sull’esprimere emozioni e sensazioni, come invece facevate nei primi due dischi. Oltretutto per la prima volta il titolo è corto.

Hannah: Due parole soltanto (risate NDA)!

 

E secondo me questo titolo riflette un po’ questa nuova prospettiva. In passato i vostri testi erano più intimi, descrivevano maggiormente dei processi interiori. Adesso invece vi siete concentrati più sul raccontare storie, riportando parecchio di quello che avete visto in tour.

Hannah: Non è stata tanto una scelta, quanto un qualcosa che è scaturito spontaneamente. Era la prima volta che suonavamo in America, non ci eravamo mai stati ed è davvero un posto pieno di opposti, così diverso dalle nostre solite vite. Sono successe tante cose e abbiamo voluto riportarle nelle canzoni, abbiamo sentito il bisogno di raccontare queste “storie americane” ed è per questo che i testi sono in un certo senso così pieni di dettagli. I nostri artisti preferiti scrivono canzoni molto personali, pieni di particolari, ci piace molto ascoltarle e volevamo anche noi fare una cosa di questo tipo.

 

“Suddenly, Your Hand”, che a mio parere è una delle canzoni più belle, è tutta giovata sul contrasto tra melodia e testo. Sembra una canzone d’amore ma poi, leggendo il track by track che ci avete dato, ho scoperto che parla di un serial killer: sono rimasto spiazzato ma devo dire che è una dicotomia che mi è piaciuta molto.

Hannah: L’ho scritta nella mia stanza, senza quella lunga parte strumentale alla fine, e l’ho portata a Craig, che vi ha aggiunto quel finale parte così caldo, pensato proprio in contrasto al testo che, come mi ha detto subito, trovava molto cupo e disturbante.

 

Eppure la melodia vocale è veramente dolce, non si direbbe mai che stai cantando certe cose.

Hannah: Sì capisco cosa intendi, la linea vocale è adorabile ma le parole sono davvero dure, è un contrasto molto strano.

Craig: Non credo che sia una cosa che hai fatto intenzionalmente, vero?

Hannah: Esatto. Ho realizzato di aver cantato parole molto dure sopra una melodia molto dolce ma non ci ho mai pensato mentre ci lavoravo sopra. Credo che sia una conseguenza degli ascolti che sia io che Craig abbiamo fatto di recente; ultimamente mi viene più naturale scrivere di cose drammatiche, non so perché, ma certe scene, certe immagini mi vengono più facili da visualizzare e rappresentare.

 

Sempre nella guida all’ascolto, tu Craig hai scritto di avere registrato diverse versioni di quel finale. Come hai scelto la migliore?

Craig: Quella che è finita sul disco è la migliore (risate NDA)! Non volevamo fare la stessa cosa che facciamo di solito e, forse perché il testo era così duro, abbiamo pensato che si potesse virare verso un mood più “Grunge”. È un pezzo che cresce al suo interno in maniera molto naturale, siamo molto contenti di come è venuta.

 

Immagino che dal vivo sarà magnifica specialmente se…

Hannah: La continueremo per parecchio tempo?

 

Esatto! Quando allungate i pezzi nel finale siate fantastici, di questa in particolare, sogno una versione da oltre dieci minuti.

Hannah: Sì, penso che succederà così! (risate NDA)

 

Dall’altra parte, avete chiuso con “John Prine on the Radio”, che è un pezzo inusuale per voi, quasi Country, poi c’è quel riferimento a John Prine, che ci riporta a quello che dicevamo all’inizio sulle vostre radici; è un pezzo molto bello, triste ma in un certo senso anche molto aperto, mostra un altro lato di voi.

Craig: Ti ringrazio.

Hannah: L’ha scritta Craig! E ci piace molto.

Craig: Molti a cui abbiamo fatto sentire il disco, ci ha detto che era una delle loro preferite.

Hannah: Credo che sia una canzone che sorprenderà gli ascoltatori.

Craig: Ci piace essere una band che è in grado di mostrare diverse facce della propria musica, una band da cui non sai mai cosa aspettarti. Scriviamo musica che noi stessi amiamo ascoltare: buona, vecchia, suoni senza tempo, atmosfere tranquille adatte per cantare insieme, ci piace molto cantare insieme, quando il pubblico canta con noi i nostri pezzi; in questo brano volevamo fare qualcosa di simile.

 

Il testo di “This Wasn’t Intentional” è stato ispirato dalla visione di Aftersun (l’esordio su lungometraggio della regista Charlotte Wells, uscito nel 2022 NDA) ma avete anche dichiarato che il film non vi ha convinto molto: posso sapere come mai? È solo una curiosità, eh! A me invece è piaciuto tantissimo.

Hannah: Sinceramente non mi ricordo perché abbia scritto un pezzo su quel film (ride NDA)! Mi ricordo che mi sentivo molto dispiaciuta per la ragazzina protagonista (interpretata da Frankie Corio, NDA), mentre lo guardavo, probabilmente è quella la molla che mi ha portato a scrivere. Come ho detto prima, mi piace comporre un testo a partire da un’immagine, le parole mi vengono fuori meglio quando riesco a visualizzare ciò che voglio descrivere, e in questo caso l’immagine di quella ragazzina, per la cui sofferenza provavo quasi rabbia, mi ha aiutato molto.

Craig: Credo che qualunque film provochi questo effetto sia un buon film. Nel senso che è disturbante, innesca una discussione, e questo è senza dubbio positivo.

Hannah: Sì, sono assolutamente d’accordo.

Craig: Quindi forse alla fine ci è piaciuto, no? (Risate NDA)

 

Il vostro successo è stato improvviso e per certi versi inaspettato: come la state vivendo?  

Hannah: Credo che lo abbiamo realizzato solo nel momento in cui siamo andati in tour. Specialmente qui in Italia, sentire tutta la gente che cantava con noi i nostri pezzi… dal momento in cui siamo saliti sul palco e abbiamo visto tutta questa gente attorno a noi, si è sentita una tale energia; insomma, è da pazzi, no?

Craig: Anche perché in Inghilterra nessuno sa chi siamo, quindi il contrasto è stato piuttosto grosso.

 

Ma davvero siete così sconosciuti a casa vostra?

Craig: Sì, in generale il nostro genere di musica non va molto ed infatti lì ci esibiamo in posti molto più piccoli. Ma non è un problema, alla fine ci piace anche così (risate NDA). Ci sentiamo molto fortunati a fare tutto quello che stiamo facendo, vogliamo semplicemente continuare a farlo, senza fermarci mai.

Hannah: E diventare una band migliore, sempre di più, giorno dopo giorno.

 

Dopo la Brexit è diventato più costoso per le band inglesi andare in tour in Europa ma per fortuna c’è tanta domanda e vedo che al momento si riesce a girare piuttosto bene. Cosa ci dobbiamo aspettare da questo nuovo tour? Ho visto tra l’altro che sono state annunciate le date italiane (il 17 luglio a Bologna, il 18 a Genova, il 20 a Rapolano Terme, in provincia di Treviso, il 21 a Milano NDA), non vedo l’ora!

Hannah: Suoneremo senza dubbio in posti più grandi.

Craig: Speriamo di mettere in piedi il concerto migliore possibile e, soprattutto, speriamo che la gente venga (risate NDA)! Speriamo anche che alla gente piaccia il disco, che lo consideri davvero migliore dei precedenti.

Hannah: I concerti migliori sono quando il pubblico è molto coinvolto, come qui in Italia, quando senti che è davvero con te, che reagiscono tutti come se fossero una sola persona; anche ad Amsterdam è stato bellissimo, ma me ne ricordo uno a New York…

 

Anche al TOdays, dove pure siete arrivati all’ultimo momento, dove avete avuto diversi problemi logistici, avete suonato benissimo. Anche se sul palco sembravate davvero stanchi, però…

Hannah: Davvero?

 

Sì, soprattutto tu, Hannah, tanto che mi sono chiesto: “Che cosa sarà successo?” Poi avete spiegato la questione del volo.

Hannah: Sì, c’era sciopero in Inghilterra, una cosa molto grossa, alla fine siamo arrivati con 24 ore di ritardo.

Craig: Saremmo dovuti atterrare a Torino la sera prima, però quando siamo arrivati in aeroporto ci siamo accorti che il nostro volo era stato cancellato; a quel punto non siamo riusciti a volare direttamente su Torino: abbiamo fatto scalo a Monaco, da lì abbiamo proseguito per Genova, ci sono venuti a prendere in macchina e ci hanno portato a destinazione. Però il volo per Monaco ha subito forti ritardi e quindi siamo arrivati giusto cinque minuti prima del soundcheck.

Hannah: Che è stato letteralmente venti minuti prima dell’inizio del concerto. Per cui direi che ce l’abbiamo fatta al pelo!

 

Però siete stati fantastici ugualmente!

Hannah: Credo che fosse perché eravamo così contenti di essere finalmente riusciti ad arrivare, del fatto che, nonostante tutte le difficoltà, siamo riusciti lo stesso a suonare, e quindi ci siamo lasciati andare. E tutto questo, nonostante avessimo dormito forse due ore nelle ultime 40; è stato estremo però è stato incredibile: prima eravamo stanchi, e poi, improvvisamente, non lo eravamo più. Colpa dell’adrenalina!