Andiamo alla scoperta di KM 0 che prima dell’estate hanno pubblicato il loro secondo album Broadcast from basement.
Tra suggestioni chill out e movenze più vicine alla dance, il duo bolognese ci ricorda come anche la musica più dance oriented possa essere di buona fattura e non semplicemente “oppio dei popoli”.
Le risposte di Pasquale e Jacopo, infatti, evidenziano una cultura musicale ampia e onnivora, sorprendente per lo scrivente in particolare la citazione di due gruppi storici della Bologna/Romagna come i Gaznevada ed i N.O.I.A., che dire in più?
Buona lettura e buon ascolto.
Ciao a tutti e due innanzitutto dite ai nostri lettori chi siete e cosa rappresenta per voi il moniker KM 0. Chi sono e cosa fanno nella vita Jacopo e Pasquale? Quali sono le ragioni della scelta di tale moniker?
Siamo un duo di produttori di musica elettronica basato a Bologna che cerca (e soprattutto ha bisogno) di miscelare tutti i generi figli della grande madre chiamata “Musica Elettronica”. Abbiamo imparato a fare musica (e c’è ancora tanto da imparare) ascoltandone a tonnellate come ogni vero amante.
Dopo questo statement “ad effetto” ora andiamo al pratico. Jacopo è un produttore e DJ House di lungo corso come Jacopo Latini e parte di Data Memory Access, cura principalmente la parte melodica (tastiere, synth) e di sound design. Pasquale invece è un Ingegnere disperatamente appassionato di Musica sin da quando non era in grado di suonare la chitarra all’età di 7/8 anni (poi abbandonata) e aggiunge bassi e drum machine (che gli vengono un po’ più congegnali). Insieme lavoriamo per proporre una nostra visione “mixata” dei generei che più hanno influenzato le nostre vite (House, Hip Hop, Italo Disco, Funk, Punk, ma non solo) attraverso diversi approcci compositivi ed di arrangiamento che sono anche un po’ il simbolo delle nostre visioni delle cose talvolta (in alcuni periodi “spesso”) molto diverse: dalla spontaneità della jam al “nerdismo” della meticolosa ingegneria inversa delle varie reference track.
“KM 0” è nato in primo luogo dal nome, dato più o meno casualmente, alla cartella contenente gli embrioni delle strumentali del nostro primo album Strada, ma poi, complice un mix letale di pigrizia e magia, è rimasto con noi. Più lo pronunciavamo e più ci sembrava coerente con l’attitudine del nostro progetto nel quale l’arte dell’arrangiarsi con quello che si ha in casa o vicino casa è un aspetto fondamentale, specie considerando le difficoltà che abbiamo nell'organizzare le nostre vite molto diverse per trovarci in studio.
Il fatto che per certi aspetti in nostro è un progetto che ha caratteristiche più o meno opposte ai trend “main stream” (non ha un frontliner, non ha un’identità social, non sappiamo fare delle pose ecc.) e che in generale facciamo con quello che abbiamo non essendo dei musicisti “studiati” ed essendo solo in due. Insomma, ce lo siamo tenuti come nome perché da quel tocco di “artigianale” e “arrangiato” che secondo noi ben rappresenta il nostro modo di produrre.
Rispetto al vostro precedente album Strada (che sinceramente ho trovato più difficile ad ascoltarsi causa la mia idiosincrasia alla trap, ndt.) mi sembra che il melange musicale da voi proposto si sia maggiormente arricchito, è il mio pregiudizio che mi trae in inganno o quanto esposto trova conferma anche per il vostro pensiero?
Si sono due album sicuramente diversi tra loro, ma allo stesso tempo egualmente rappresentativi della nostra visione e della nostra “evoluzione” nel corso del tempo. In questa ultimo album abbiamo cercato di mantenere quell’anima “indipendente e underground” che aveva caratterizzato Strada coinvolgendo diversi amici ed artisti questa volta non come liricisti (come nel caso di “Strada”) bensì come parte integrante del percorso creativo e dell’intera organizzazione e promozione della release: essendo usciti da “indipendenti” la nostra etichetta è stata la nostra cerchia di amici vecchi e nuovi che ci ha dato una mano enorme nella promozione e non solo. Come abbiamo detto loro più volte, un pezzo di questo disco è anche loro e glielo dedichiamo di cuore per tutto l’aiuto ed il supporto che ci hanno dato. Quindi si possiamo dire che il tratto comune tra le due release è quel che di “artigianale” e “arrangiato” di cui parlavamo prima (pur manifestatosi in maniera diversa).
Per quanto riguarda invece l’aspetto strettamente musicale e di produzione, sì, condividiamo il tuo pensiero e anzi ci “galvanizza” molto. Diciamo che Strada rappresenta quanto di meglio fossimo in grado di fare nel 2020 a livello di produzione, mentre quest’ultimo album rappresenta la nostra cifra attuale. Nel mezzo sono passati tre/quattro anni dove è successo tanto (pandemia, figli, altri progetti ecc.) e durante i quali chiaramente abbiamo studiato, approfondito, praticato e imparato cose nuove ognuno per il suo “ramo” di gusto o “competenza”: teoria musicale, basso, sound design, DAW ecc.
Broadcast from the Basement, musicalmente parlando, è il risultato di emozioni, esperienze e abilità maturate tra settembre 2020 e oggi: non è quindi un tema di genere musicale, perché magari il prossimo disco avrà di nuovo dei cantanti ed un taglio più rap o pop o quello che sarà, ma di continua ricerca e studio che poi può prendere forma, come in questo caso, in dischi di taglio completamente diverso in relazione a quello che ci piace fare o ci stimola di più in un certo periodo.
Dal punto di vista dei riferimenti musicali di KM 0 trovo una forte influenza della italo-disco, miscelata a una componente house e a suggestioni funk, questo nasce dai vostri ascolti? Che tipo di musica vi ha influenzato?
L’ascolto è per noi una fonte importante di studio ed inspirazione: il digging ci accompagna sin dalla tenera età vuoi per selezionare i dischi da mettere in un set, vuoi per campionare. “Nulla si crea, nulla di distrugge, tutto si trasforma” perciò spesso l’idea di un pezzo nasce dall’improvvisare in testa una linea di basso, una melodia ecc., mentre ascoltiamo un disco, altre volte magari iniziamo a produrre da uno specifico standard di una specifica traccia o genere.
In generale però anche qui non è solo un tema di “genere” musicale, ma anche di “attitudine” musicale che ogni genere o disco si porta dietro e che forse è la parte più intima e duratura nel tempo del rapporto tra una persona ed un disco: giusto per cercare di spiegare il concetto, pur avendo un taglio completamente diverso a livello musicale, nella composizione di questo disco, e in generale nell’organizzazione della release e del progetto KM 0, la forza del punk dei primi Gaznevada, piuttosto che la ruvidezza dei Public Enemy sono state componenti “emotive” fondamentali del nostro processo creativo… e potremmo andare avanti per ore a citare altri esempi in tal senso.
Potremmo andare avanti per ore ad elencare i generi e i dischi che ci hanno influenzato nella nostra vita: il funk, la house e l’italo-disco che citavi, tra gli altri, ci sono tutti. Abbiamo messo nel frullatore più o meno consapevolmente le tonnellate di musica ascoltata da quando siamo nati e da lì siamo partiti (molto probabilmente anche i Pooh, l’Equipe 84, Amanda Lear o le sigle dei cartoni anni ’90 hanno avuto un ruolo in tutto questo). Nello specifico nell’anno abbonante di produzione di questo album abbiamo particolarmente “calcato l’orecchio” sui vari Larry Heard, Daft Punk, Planet Funk, Moby, Underworld, Romanthony, ma anche N.O.I.A, Gaznevada, Quantic…solo per citarne alcuni.
Ci piace citare anche artisti meno “main stream” che abbiamo scoperto lungo il percorso: man mano che il suono del nostro album prendeva forma infatti abbiamo anche iniziato a cercare chi faceva cose simili per trarre ulteriore ispirazione. Per esempio, partendo dal catalogo dell’etichetta “Bordello a Parigi” abbiamo avuto la fortuna di incontrare dischi stupendi di artisti come Mario Moretti, Ichisian, Luca dall’Orso, Panthera e tanti altri che prima non conoscevamo e di cui consigliamo vivamente l’ascolto, specie agli amanti della Italo-Disco, ma non solo. Ci fermiamo qui se no potremmo andare avanti a ruota su questo tema.
"Vice City", "Smoky Room" e "Encoded Feelings" a mio parere sono dei pezzi che potrebbero tranquillamente essere presenti in molte compilation chill-out, che riscontri avete da parte dei vostri ascoltatori? Sono state concepite per il dance-floor/late night o sono uscite così?
A livello di immaginario generale l’intero album è stato concepito come uno sfondo musicale di accompagnamento per le varie situazioni e emozioni proprie della quotidianità urbana, in particolare in un contesto serale o notturno, noi almeno ce lo siamo immaginati così. Abbiamo cercato di rappresentare uno “spettro emozionale” ampio che vada dall’intimo/solitario a suggestioni più tipiche del dance-floor/late night. In questo senso "Vice City" e "Encoded Feelings" rappresentano, almeno secondo le nostre intenzioni, la parte più chill/ambient e quindi intima del disco. Questa è stata la parte dell’album composta cronologicamente per prima attraverso un’opera di ingegneria inversa di “rispettoso mixaggio” di alcune reference track (Daft Punk, Quantic, Moby principalmente).
"Smoky Room", invece, quarto singolo in ordine cronologico di composizione, è stata la traccia che ha fatto un po’ da ponte verso atmosfere più oniriche e da club che hanno poi caratterizzato le tracce create da quel momento in poi ("Do What You Want" su tutte): è quindi un po’ a metà dello “spettro emozionale” di cui parlavamo prima. La tracklist è stata concepita un po’ come un palleggio tra questi due estremi. Questo è un po’ il viaggio che ci siamo fatti, poi ovviamente non c’è nulla di più soggettivo dell’ascolto: uno potrebbe tranquillamente rilassarsi o riflettere ascoltando "Do What You Want", per esempio, e avere voglia di far festa ascoltando "Encoded Feelings", questa è un po’ la solita magia, ma noi in testa avevamo questo.
Come riscontro dobbiamo dire che al momento siamo abbastanza soddisfatti, nel senso che, pur non essendo a tiro di Disco d’oro, non avendo visto i nostri conti in banca o la nostra fan base esplodere di dimensione, abbiamo ricevuto molti messaggi di apprezzamento da ascoltatori, artisti o DJ anche al di fuori della nostra cerchia di conoscenza. Questo ci ha fatto molto piacere: sentirsi dire che il disco è “fresco”, “nuovo” o addirittura “una bomba” è stato molto galvanizzante. Ovviamente parliamo di una cinquantina di messaggi non di più, ma per noi sono tanti considerando che stiamo cercando adesso di costruire la nostra fan base e che di fatto fino ad ora il nostro piccolo seguito si sta costruendo non sul performare in giro, ma sul semplice ascolto della nostra musica sulle varie piattaforme dove siamo meno di una goccia nell’oceano. Forse ricevere questo tipo di riscontri insieme all’enorme aiuto ricevuto da amici vecchi e nuovi nel passaparola per pubblicizzare l’album sono state le soddisfazioni maggiori raggiunte fino adesso.
Va segnalato anche che per quanti ci hanno scritto, ci saranno stati sicuramente altrettanti che avranno considerato il disco banale, scontato o semplicemente “brutto”, ma almeno non a tal punto da sentirsi in dovere di farcelo sapere: anche questo ci ha confortato, almeno dal punto di vista “qualitativo” sembra che risultiamo credibili, poi ovviamente all’atto pratico dobbiamo trovare il modo di diffondere la nostra musica ancora di più, ma questo è un altro discorso.
Trovo che un altro pezzo veramente intrigante sia "Sal is Sleeping", che peraltro mi pare sia dedicato al figlio di Pasquale; questa circostanza mi lascia il destro per chiedervi: come si concilia il desiderio di fare musica con le contingenze della vita di ogni giorno che, in Italia per chi fa (ma anche per scrive di) musica è sempre un gioco di sottili e delicati equilibri?
Forse per questa domanda è meglio rispondere in modo separato visto che siamo in situazioni estremamente diverse da questo punto di vista.
Pasquale: Per quello che riguarda “Sal is Sleeping” diciamo che più che una dedica “diretta” è un espediente narrativo per descrivere un momento di quiete, di riflessione, di tregua da quelli che possono essere le preoccupazioni e in generale gli assilli che ciascuno di noi potrebbe avere (“I close the problems into a box” per capirci). Poi per me uno di questi momenti è arrivato mentre abbozzavo questa traccia guardando nella telecamerina mio figlio dormire, per altri sarà un'altra cosa sicuramente. Il bello è che poi, come in tutte le tracce, l’altro 50% in questo pezzo lo ha messo Jacopo secondo la sua interpretazione del tutto: ecco quindi il discorso della descrizione di un momento che capita a tutti e per ciascuno a suo modo. Per quanto riguarda il desiderio di fare musica direi che “gioco di sottili e delicati equilibri” è la sintesi migliore della mia situazione. Di lavoro faccio l’Ingegnere (quindi tutt’altro), ho una compagna, un figlio, un cane e la fortuna di essere supportato e sopportato da loro che mi permettono di ritagliarmi stabilmente del tempo per questo mio bisogno viscerale, passione, malattia che è la musica. Non sono un musicista professionista, ma un amante della musica. Diciamo che forse dell’artista ho solo le turbe, quindi si è un Tetris continuo per trovare il tempo che la dedizione alla musica richiede. Oltre a questo, c’è anche il fatto che vivere costantemente nell’incertezza del se/come/quando KM 0 assumerà una struttura stabile talvolta è molto stressante e magari preferirei avere la passione del calcetto che sicuramente sarebbe molto più gestibile nelle mie condizioni, ma, per quanto complesso, di buono c’è che la soluzione è semplice: senza musica non potrei vivere quindi in qualche modo i “delicati equilibri” si trovano sempre.
Jacopo: Io di base sono un appassionato di musica, ho sempre fatto il DJ sin da quando ero adolescente; passione che mi ha portato poi a scoprire in seguito anche il mondo della produzione. Quest’ultima da dieci anni a questa parte è stato un punto focale della mia vita, sviluppando diversi progetti sempre orientati sulla musica elettronica. Mi sono trasferito per un periodo a Berlino, poco prima che iniziasse il Covid, e da quel momento posso dire aver dedicato tutto il mio tempo alla musica. Grazie alle conoscenze e ad alcuni progetti andati a buon fine ad oggi questo lavoro mi fa viaggiare spesso anche fuori dall’Italia, per esibirmi o come Dj o come Duo live di musica elettronica chiamato Data Memory Access. Grazie al cielo anche io ho una compagna con la quale convivo che mi sopporta e mi supporta quotidianamente senza la quale sarebbe tutto più difficile
Domanda di routine per chi utilizza strumentazione digitale: mi dite che quali sono i vostri strumenti di lavoro; e, per chiudere, cosa vi aspettate per il futuro?
Qui si tocca un altro punto dove volendo potremmo spendere ore, proviamo però a farla breve: produciamo con Ableton; per la parte dei bassi puntiamo su Moog, Fender p-bass con effettiera BOSS GT-18; a livello di drum machine di solito utilizziamo Korg Electribe ed MPC 500; per la parte synth/keyboard OB6, MicroKorg, Yamaha DX7; c’è poi un plotone di fantastici plugin Ableton che soprattutto Jacopo trova e maneggia con sempre maggiore maestria.
Per quanto riguarda il futuro, abbiamo vari obiettivi ai quali inizieremo presto a lavorare: in generale quello di continuare a fare dischi in maniera stabile e costante magari cercando qualche etichetta per ampliare la fan base, fare rete con altri artisti e progetti della zona (non solo musicali), continuare a studiare e magari preparare un live set.
Realisticamente parlando tuttavia al momento KM 0 rimane comunque un progetto “di produzione in studio” che cerca di sfruttare la tecnologia come mezzo creativo per trasformare le idee in musica e come canale di diffusione a partire dal nostro studio: ci piacerebbe ascoltare i nostri pezzi nei bar, nei podcast, nei video, film, serie ecc. così come ci piacerebbe sentirli suonare nei DJ set (cosa che è inaspettatamente successa per alcune tracce di quest’ultimo album).
Oggi tra generative AI, piattaforme di streaming, social ecc. c’è sicuramente fermento, questo non vuol dire che il mondo della musica sia diventato improvvisamente più “democratico” (anzi forse è vero il contrario), di certo ci sono più possibilità anche per un piccolo progetto come il nostro di cercare di strutturarsi in maniera indipendente sia dal punto di vista della produzione musicale che organizzativo: questo è il mondo dei sogni, vedremo come andrà.