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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
15/10/2025
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... Paolo Palmacci (FanziNet)
Una mappatura “certosina” del mondo delle fanzine italiane degli anni ’80. Questo il progetto di Paolo Palmacci e della sua FanziNet, di cui potrete trovare tutti i link. Come non farci due chiacchiere per saperne di più?

Sulla rete si trova oramai di tutto, negli ultimi tempi sembra solo in negativo ma non è così.

Ricordiamoci sempre che internet è un contenitore che viene riempito di contenuti, quanto gli stessi sia interessanti, meritevoli, non meritevoli o, addirittura, vomitevoli, dipende sempre dall’utenza che posta, che rilancia e che utilizza.

Fatta tale debita iniziale precisazione, oggi parliamo di un progetto che la prima volta mi è capitato di vedere ho ritenuto assolutamente “fuori di testa”.

Paolo Palmacci è difatti titolare di un blog al cui interno è possibile trovare FanziNet: anaLogikal Knot Map V. 1.77, ovvero una mappatura “certosina” del mondo delle fanzine italiane degli anni ’80 (alle quali il sottoscritto aveva dedicato un articolo che potete leggere qui).

Ebbene, a queste Paolo dedica un vero e proprio censimento, una sorta di opera in continuo divenire che, nelle intenzioni, quando sarà giunta al compimento (se lo sarà mai, vedremo cosa ci dice il diretto interessato nel corso dell’intervista) dovrebbe riprodurre in pdf quasi 800 numeri di fanzine divise per estrazione geografica.

Che dire oltre? Chiediamolo al novello Sisifo.

 

 

Ciao Paolo, innanzitutto, prima di iniziare, dicci due parole, chi è Paolo Palmacci, da quale “storia” proviene?

Ciao Stefano, grazie per l’ospitalità! Dunque, io non posso che ritenermi una delle tante vittime (per quanto mi riguarda: del tutto compiaciuta) della pandemia subculturale originatasi dal virus del punk (i cui primi casi, ben sappiamo, furono osservati dapprima nel focolaio del CBGB’s di New York, intorno al 1974, e poi in quello di King’s Road a Londra nel 1976). Il punk, con la sua parola d’ordine “Do It Yourself”, è stata quella scintilla che mi ha spinto a prendere in mano dapprima un microfono, poi sedermi dietro una batteria e, infine, ad imbracciare un basso.

Quindi, nei primissimi anni ‘80, ho dato vita dapprima ai Negative Existence, che esteticamente risentivano delle mutazioni già intervenute (no wave, dark e industrial), poi, nel corso di quel decennio, ho prodotto ulteriori ‘interferenze’ sonore e concettuali creando i No Existence, The Bathroom Flowers e gli Hard Score Rage. In definitiva, oggi, riavvolgendo il mio percorso all’interno di quegli anni di incredibile creatività, forse il termine che può meglio definirmi è quello di agitatore: in tutti i sensi, anche in quello più letterale, ovvero che provocavo spesso “stati di agitazione” negli astanti. In definitiva, non è mai stato facile sopportarmi!

 

Passiamo a quella che, la prima volta che ho avuto modo di vederla, ho definito "l’opera di un pazzo", ovvero la mappatura regione per regione (direi quasi provincia per provincia) delle fanzine italiane che si occupavano di musica alternativa (ma non solo, direi di vera e propria controcultura a 360 gradi) nell’Italia degli anni Ottanta. Che cosa ti ha motivato in questo temerario tentativo?

Alla base di questo classico “sporco lavoro che qualcuno doveva pur fare” c’è un processo – lo definisco una sorta di “rewind antropogenetico” – di ricostruzione storica/culturale/antropologica che ho intrapreso nella convinzione che noi siamo i nostri percorsi e, pertanto, nel tentare di acquisire ancor più consapevolezza di come e soprattutto perché siamo finiti, oggi, in una sorta di deserto culturale ed ideale.

Una riflessione profonda su come e perché siamo riusciti nella sciagurata impresa di dissolvere quell’immenso patrimonio di creatività diffusa, di desiderio di libertà e di inclusività che ancora (anche perché, senz’altro, era un'eredità di quella precedente) pervadeva la mia generazione. Per capire, in definitiva, dove e cosa abbiamo sbagliato: conditio sine qua non per avere una speranza di correggere qualche nostro passo successivo, ove fosse ancora possibile.

Il fenomeno delle fanzine è uno degli aspetti oggetto della mia analisi, innanzitutto per essere assurto al ruolo di potente e capillare rete, capace di collegare in modo quasi incredibile (ripensando alle sue modalità, basicamente analogiche) persone in tutto il mondo sviluppando una sorta di “creatività collettiva”, per parafrasare Pierre Lévy.

 

Come ho già avuto modo di scrivere nel pezzo sopra richiamato, le fanzine dell’epoca, per chi le ha avute sottomano, sembrano (e sono) un pezzo di storia musicale: pagine il più delle volte fotocopiate e spillate insieme, editing e lay out “artigianali”, grande uso di forbici, colla e trasferelli ovvero da macchine da scrivere, oramai rottamate dai moderni devices. Eppure, a fronte di una sempre maggiore sottigliezza di dettaglio e un’iperbole nell’uso della digitalizzazione, rimane in queste produzioni artigianali un’aura di libertà, un esercizio (riuscito o tentato) di vero DIY. È questa nostalgia che, perlomeno a chi ha una certa età ma forse non solo, continua a farcele amare?

Per me, nello spirito e nell’ottica della mia attività, le fanzine sono innanzitutto documenti storico-culturali. Più le raccolgo, per analizzarle e catalogarle, più continuano a stupirmi: per il tasso di creatività di cui sono intrise - forse proprio perché si doveva fare i conti con una scarsezza di mezzi oggi difficilmente immaginabile (“bisogna bi-sognare” come mi piace sempre dire) - e per quella che tu, propriamente, definisci “aura di libertà”, che era la concretizzazione di quello spirito ancora culturalmente rivoluzionario che aleggiava in quella generazione.

Ma, soprattutto, per quella capacità di costruire e costituire una sorta di “internet de noantri” proprio attraverso quel media (la stampa controculturale) che, come asserì, in tempi non sospetti, il poeta e attivista John Sinclair, aveva la capacità di unire le persone mentre oggi assistiamo ad un digitale (con)dividi et impera, scientemente pianificato per “paralleli e convergenti” scopi economici e politici. Quindi, no, non credo che si possa ridurre questo fenomeno al piano della nostalgia tout court.

 

Venendo nel merito, puoi riassumerci quale metodo hai operato: a partire dal ricordo, dalla ricerca, del censimento di tutti questi titoli, fino al recupero, della generosità oppure, perché no, anche dell’eventuale diffidenza o disinteresse delle persone direttamente coinvolte?

Questo attività di ricerca ed archiviazione ha assoluta ed evidente necessità di generosità e piacere di condividere le pubblicazioni da parte dei loro autori e/o di chi le ha conservate, spesso in scatoloni dimenticati in qualche garage. Ho iniziato con lo stilare un elenco di tutte le produzioni scandagliando il world wide web e attingendo informazioni da persone che si sono messe spontaneamente a disposizione.

Poi, certo, ho incontrato anche disinteresse e, forse, qualche volta anche diffidenza. Il mio progetto, mi piace sottolinearlo, non ha alcuno scopo oltre quelli che ho enunciato e per me, in termini economici, è solo un costo. L’unico "utile" è il suo incommensurabile valore esistenziale.

 

C’è qualche fanzine a cui sei più particolarmente legato? Oppure, vivi il dramma del collezionista che sa che esiste una produzione cartacea di cui tuttavia non riesce a recuperare tutti o alcuni dei numeri?

Come credo di aver spiegato, non sono assolutamente un mero collezionista, sto cercando di raccogliere queste produzioni esclusivamente per i motivi enunciati e, al tempo stesso, con la speranza di dar loro una sorta di nuova vita caricandole in versioni integrali formato pdf liberamente a disposizione (nel pieno dello spirito con le quali furono create: non economico ma, appunto, esistenziale) sul sito della Capit Mundi? ove è possibile sia leggerle online che scaricarle gratuitamente.

Certo però, a questo punto, per un principio di completezza a cui tendo essendomi “imbarcato” in questa impresa, non riuscire a recuperare qualche produzione mi genera un serio senso di fastidio. Al momento sono arrivato a censire 675 produzioni di cui sono già disponibili 486 numeri completi. Le fanzine a cui sono più legato? Se devo indicarne istintivamente una direi Amen di Angela Valcavi, della quale proprio in questi giorni sta per uscire un romanzo sulla sua esperienza nell’autoproduzione di quegli anni che non vedo l’ora di leggere.

 

Infine, ultima questione: pensi di arrivare mai al definitivo compimento di tale ricerca e il tutto rimarrà sempre open source? Paolo ha altri progetti in pista?

La perfezione non è di questo pianeta quindi no, non credo sarà mai possibile recuperare tutto il materiale DIY degli anni '80 sia per la sua enorme mole che per il tasso di inevitabile irrecuperabilità di molte di queste opere (spesso pubblicate in pochissime copie). Cercherò sicuramente di fare tutto quello che riesco per arrivare al massimo del risultato possibile. Il mio archivio rimarrà sempre assolutamente gratuito.

Il progetto più ampio (ma ogni suo aspetto è estremamente collegato) della mia Capit Mundi? comprende la realizzazione di una compilation in vinile, un 33 giri la cui uscita è prevista per i primi mesi del prossimo anno. Questa ulteriore idea è nata perché, qualche mese fa, sono stato contattato da una ragazza (si è presentata con il nome di Karen Eliot) che aveva visto il mio lavoro sul web e mi ha scritto di essere in possesso di materiale che era certa sarebbe stato di mio interesse. Ci siamo quindi incontrati e in quell’occasione mi ha lasciato in dono un borsone pieno di fanzine e di audiocassette a me del tutto sconosciute (dicendomi, con tono quasi beffardo, che provenivano da un’altra dimensione…) sulle quali sto tuttora cercando faticosamente informazioni più precise. Ci sono diverse canzoni davvero incredibili e le ho affidate ad un tecnico del suono per tentare di recuperarle nel loro splendore originario. Le band sono per me del tutto ignote e rispondono ai nomi di Miss Antropussy, Punkiderma, M’INCUL POP, Jim Secjelagotch, TCYTUAH, Tom Binou and the Ratlickers, Sonic Barabba… Il titolo l’ho già deciso, sarà: No Capitulation.

Il 33 giri verrà allegato a una delle fanzine (anche questa mai sentita nominare prima) che era in quel borsone. Tutto questo con la speranza di produrre, perlomeno, qualche piccolo nuovo e sano "stato di agitazione", quel battito d’ali di una farfalla che riesca ad inoculare anche solo una stilla di caos nel deserto culturale e ideale in cui ci troviamo oggi immersi.

Perciò salvate la homepage della Capit Mundi? (https://paolopalmacci.it/capitmundi/index.html) per gli ulteriori sviluppi. Grazie di nuovo e No Capitulation, siempre!