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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
14/12/2023
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... Ronnie Atkins
“Credo che la musica mi abbia tenuto in vita. Avevo la musica, avevo qualcosa di positivo su cui focalizzarmi. È quello che ho fatto per tutta la vita e, in qualche modo, la musica mi ha salvato la vita ancora una volta”. In questo modo Ronnie Atkins ci racconta i suoi ultimi quattro anni, soddisfatto del suo terzo album da solista, pubblicato il 13 ottobre via Frontiers. In collegamento video dalla Danimarca, deciso a non mollare mai, si racconta e ci racconta il suo nuovo magnifico lavoro, “Trinity”.

Ciao Ronnie, sono molto felice di poter parlare con te e di poterti chiedere qualcosa sul nuovo album, che stavo proprio ascoltando poco fa in auto e ho sentito anche nei giorni scorsi; è molto interessante e di impatto, complimenti. Prima di tutto, com’è andata la creazione di questo nuovo disco, che hai chiamato Trinity? Come hai composto le canzoni e com’è andata la registrazione?

Non avevo alcuna intenzione di uscire con un nuovo album quest’anno, dato che ho già pubblicato un album nel 2021 e un altro nel 2022. Non saprei, forse ero annoiato, credo che metà dell’album sia stato scritto durante l’autunno del 2022, abbiamo iniziato a comporre in quel periodo. Non avevo molto da fare e quindi mi sono detto, ok, iniziamo a dare un occhio a delle idee, scambiamoci del materiale e vediamo cosa succede. Penso che lo scorso anno già quattro o cinque canzoni fossero pronte, il resto del disco lo abbiamo scritto tra gennaio e marzo del 2023.

Sono un compositore e quindi non so come le idee compaiono nella mia mente. Improvvisamente ci siamo trovati con 11 o 12 pezzi e mi sono detto: ok allora usciamo con un disco! Ho sentito la casa discografica, dato che gli avevo appena detto che non avevo in programma di produrre un nuovo disco e gli ho chiesto “Hey, potremmo mettere in piedi un album?”. E mi hanno risposto “Certo, se lo vuoi! Pensavamo non fosse previsto!”. E gli ho risposto “Si, ma ora ho le canzoni, quindi facciamolo!”. Ed eccoci qui.

In sostanza ci siamo mossi come per i due album precedenti: ho registrato delle canzoni con chitarra o piano come base, le ho spedite a Chris, che è un maestro nell’uso dei tool professionali (io sono senza speranze su questi temi tecnici) e ci siamo accordati sugli arrangiamenti, lui si è occupato della registrazione e delle demo, me le ha rimandate e mi sono occupato di registrarci sopra la voce. Finita la registrazione del cantato, i ragazzi ci hanno suonato sopra tutti gli strumenti. Tutto al contrario rispetto al solito, dove si inizia con la batteria e tutte le registrazioni base di batteria, basso e chitarra ritmica, ma noi abbiamo fatto in questo modo a partire dal primo album One Shot, dato che non sapevo effettivamente se sarei sopravvissuto. È una storia vera, dell’estate del 2020, ecco perchè abbiamo iniziato a lavorare in questo modo e abbiamo poi proseguito con lo stesso metodo. Ora mi sento meglio di come stavo due anni fa, ma quello è il modo in cui lavoriamo ormai, funziona, quindi proseguiamo con lo stesso sistema e i risultati sono molto buoni.

 

Si, direi ottimi!

Amo quello che faccio. Saprai del cancro e di tutta la storia, credo che la musica mi abbia tenuto in vita: avevo la musica, avevo qualcosa di positivo su cui focalizzarmi, è quello che ho fatto per tutta la vita e, in qualche modo, la musica mi ha salvato la vita ancora una volta.

 

Sarebbe stata la mia prossima domanda: penso che fare quello che più ti piace, fare musica, abbia aiutato anche il tuo corpo a reagire in maniera positiva alle cure, non pensi?

Ne sono convinto, che tu sia un musicista o un pittore, credo che la cosa più importante per me fosse essere coinvolto in qualcosa, dedicarmi a qualcosa che amo. Cerco tuttora di mantenere la mia routine quotidiana. L’ho sempre fatto, da quando mi sono ammalato. Tuttora ho alcuni problemi ai nervi, sono danneggiati da quando sono stato operato e ho fatto radioterapia e cure di questo tipo. Ma riesco comunque a sollevare pesi. Vado ogni giorno in palestra per mantenere costante il mio peso, faccio un po' di cardio, cross training ed esercizi di questo genere. Lo facevo prima di ammalarmi e continuo a farlo perché rende la mia giornata più piacevole. È parte integrante delle mie giornate come avere a che fare con la musica, ascoltarla, scriverla, suonarla, registrarla, suonarla live.

 

Come stai ora? Ti vedremo in tour anche in Italia?

Vorrei davvero suonare in Italia. L’immunoterapia al momento mi crea qualche effetto collaterale, ho un pò di asma e un pò di bronchite, bronchite cronica. È come se avessi il raffreddore. L’immunoterapia ha danneggiato muscoli e membrane del mio corpo. Ma non voglio arrendermi ed è per questo che ho fatto quel tour con gli Avantasia. Lo scorso anno ho anche organizzato un paio di date come headliner. La mia voce è ok, ma devo gestire l’asma e la bronchite e i colpi di tosse, la necessità di schiarirmi la gola ogni tanto. Ma è solo grazie all’immunoterapia che sono qui a parlare con te, quindi ne sono grato. Devo solo imparare a gestire questa situazione.

Tornando alla tua domanda, abbiamo alcuni show in programma, principalmente in Scandinavia, e uno in Germania. Ma vorrei organizzare un tour nel 2024, con una o con l’altra band. Per ora sto lavorando su alcune date, ci saranno altri concerti in primavera e spero che potranno essere inclusi nel tour. Posso sperarlo ma non posso ancora confermare nulla.

E poi un problema per me in merito al tour è che l'anno scorso mi sono reso conto che le spese sono così dannatamente elevate! Voglio dire, dopo la questione del Coronavirus, le spese sono semplicemente cresciute, ma la tariffa dei biglietti è sempre la stessa più o meno. È un po' tutto fuori proporzione. Ce la metto tutta, ma non voglio certo aprire un mutuo in banca per poter proseguire. Sono tornato a suonare live con qualche data, ma non posso disperdere soldi nei viaggi, un tour è molto più difficile da organizzare e da gestire perché devi spostarti da una città all'altra e devi essere sicuro che tutto sia organizzato. C'è molta logistica da gestire. Ma vediamo. Spero di arrivare anche in Italia nel 2024.

 

Tornando a Trinity, penso che sia collegato agli altri due album precedenti, come se fosse una trilogia, diciamo. Ma forse c'è anche qualcos'altro nel significato di Trinity e nel nome dell'album?

Sì, è un po' un classico, fa parte di una trilogia, ecco perché ho scelto quel titolo. Ho pensato che fosse un buon titolo. Ho tutti questi appunti sul mio iPhone che mi segno ogni volta che vedo un film; in realtà non vedo molti film, ma guardo molti documentari sulla storia, sulla politica, sul rock e così via. Ogni volta che c'è un bel detto o una bella parola, me la segno. Avevo anche Trilogy lì e ho pensato che fosse un buon titolo. La canzone “Trinity” e le altre canzoni che ho scritto negli ultimi due anni inoltre sono piuttosto personali, perché parlano un po' di quando all'improvviso ti viene un cancro al quarto stadio, hai una malattia grave e senti che la morte è un po' più vicino a te. È qualcosa che per qualche motivo devi affrontare, capire che non sei immortale, che non necessariamente vivi per sempre. E i testi riguardano anche ciò che verrà dopo. Anche la canzone “What If” dell'album, l'ultima canzone del disco, parla di ciò che verrà dopo.

Anche “Shine” parla di questo. In alcuni degli album più vecchi o in altri album come “Make It Count”, a quanto pare si parla di far si che ogni fottuto giorno conti, abbia importanza, perché è proprio quello che faccio, che tutti dovrebbero fare. Anche “Forever” parla di ciò che accadrà dopo. Perché so che tutti domani potrebbero morire di infarto o cadere con un aereo. Ma è proprio quando lo leggi nei tuoi documenti, quando gli esami dicono che hai un cancro incurabile, un cancro ai polmoni che si è diffuso fino alle ossa, allora senti che in qualche modo il tuo momento è un po' più vicino. Questo, ovviamente, ha cambiato anche il mio punto di vista. Mi sarei trattenuto maggiormente, forse, ma dato che si tratta dei miei album da solista posso essere un po' più personale nei testi. Sì, è vero: ti ho dato una risposta lunga ad una domanda molto breve.

 

Era una domanda con risposte molto importanti! Nell'album hai lasciato molto spazio alle chitarre, hai detto. Chris e Marcus saranno molto felici. Ho ascoltato molti riff e assoli e ci sono parti più pesanti e parti che strizzano l’occhio allo stile delle ballate. Nel disco ci sono moltissimi pezzi che saranno particolarmente apprezzati dal pubblico: quale brano pensi ti emozionerà maggiormente nei live e che preferisci in assoluto da eseguire davanti al pubblico? Se ne hai uno preferito.

Non lo so, ne ho scelti alcuni, ora a breve li proveremo live. C’è da dire che puoi avere un'idea nella tua testa e pensare “questa canzone sarà epocale e andrà alla grande”, poi lo suoni dal vivo e ti rendi conto che, okay, forse non è così bella da suonare e magari il pubblico o i fan non reagiscono nel modo in cui pensavi. È difficile da dire, ma penso che una canzone come “Soul Divine”, che è anche una delle mie preferite dell'album (stiamo parlando del reparto pop) sia così divina perché è una canzone scritta per la mia nipotina, Ellinor, nata lo scorso anno ad agosto. Ho scritto quella canzone subito dopo. È una vera e propria ninna nanna, scritta di nascosto per lei, un omaggio. Penso che questa sia probabilmente una delle canzoni più emozionanti dell'album, perché amo questa bimba. Penso che sia un successo. Sembra che la reazione che abbiamo avuto fino ad ora da parte dei fan confermi che anche a loro piaccia davvero.

D'altra parte, c'è anche un sacco di gente a cui piace “Godless”, che probabilmente è la traccia più pesante dell'album. Penso che faremo entrambe nei live, anche “Soul Divine”. Proveremo sicuramente a suonarle. “Trinity” è un altro bel pezzo. Penso che funzionerà bene anche dal vivo.

C’è un sacco di bel materiale nell’album. Il problema è, come ho detto nel mio comunicato stampa, che nei live farò un sacco di pezzi tratti dai primi tre album, ma ho anche una carriera di 40 anni con i Pretty Maids, e dovrò suonare anche dei pezzi di questa band, perché è quello che la gente si aspetta da me. Ogni volta che fai un nuovo album diventa più difficile stilare una scaletta perché ci sono molti brani che sono, diciamo, essenziali. Penso di aver fatto qualcosa come (non ne sono sicuro, ma parlando di Pretty Maids e delle mie cose da solista) direi 20 album e 3 dei Nordic Union, quindi, voglio dire, c'è un sacco di materiale a cui attingere. È davvero difficile scegliere. Cerco sempre di trovare un certo equilibrio quando stabilisco la scaletta degli spettacoli dal vivo o anche di un album. Quindi c'è sempre materiale più pesante, accanto a pezzi morbidi e a ballate. Sono un vecchio malinconico. Adoro fare ballate. L'ho sempre fatto. Ed è facile per me scegliere una ballata perché le adoro.

 

Tornando ai Pretty Maids, che mi dici della tua esperienza con loro? Quanto è diverso produrre il tuo album? Che differenze ci sono quando lavori con loro? C'è qualcosa che preferisci in particolare quando lavori come solista o con i Pretty Maids?

Sono tempi difficili. Sono stato nella band per 40 anni e ci sono ancora perché la band esiste ancora, ma è come se una cosa non escludesse l'altra. Penso comunque che sia stato positivo fare una lunga pausa adesso. Potremmo uscire ora e fare qualcosa di nuovo, a dire il vero mi manca la mia vecchia band, ma adoro anche i ragazzi della band che ho adesso. Sono due situazioni diverse. È semplicemente più facile per me fare “Ronnie Atkins” in questo momento: data la situazione in cui sono stato nella mia vita negli ultimi quattro anni, penso che sia stata la decisione giusta, è tutto più personale. Anche se i Pretty Maids tornassero sul palco, continuerei comunque a fare le mie cose da solista perché provo molta gioia nel farlo.

Non abbiamo parlato della musica dei Pretty Maids perché abbiamo un catalogo molto lungo e la gente ci conosce comunque. Ma forse qualche spettacolo light… Mi piace far parte di entrambe le band. La differenza è che per me è più facile scrivere nella band in cui sono adesso, perché sono io stesso a scrivere, nei Pretty Maids ho scritto con Ken Hammer, abbiamo scritto tutte le canzoni insieme. Se due persone scrivono insieme, devono rispettarsi a vicenda e sono necessari molti compromessi. Sono un cantante, quindi la cosa più importante per me è sempre la melodia, una buona battuta e cose del genere. Lui è un chitarrista, ciò che è importante per lui è anche suonare qualcosa di interessante e inserire un buon riff e cose del genere. C'è sempre stato un qualche tipo di discussione tra noi quando stavamo scrivendo qualcosa, certo, c’erano opinioni diverse perché eravamo due persone, me ce l’abbiamo sempre fatta. Ha sempre funzionato.

 

Parlando di cose divertenti, hai qualche ricordo simpatico di quando sei stato in tour con i Pretty Maids o anche qualche aneddoto recente, ora che hai a che fare con la tua band, la tua band da solista? Insomma, qualche bel ricordo dai tour o dalla vita on the road da raccontarci?

Ho così tanti ricordi divertenti che non saprei nemmeno da dove iniziare, perché sono stati 40 anni di caos, 40 anni trascorsi su un tour bus, in viaggio e cose del genere, sono successe così tante cose! Alcune di queste cose sono troppo belle per essere menzionate, sono accadute un sacco di cazzate. Non voglio citare nessun momento particolarmente divertente, ma ce ne sono stati molti, ovviamente. Lo sport è sempre stato importante per i Pretty Maids. Lo stesso vale anche per me, e un po' anche per la mia band, le persone con cui suoni sono persone con cui trascorrerai molto tempo. Per noi, diciamo i Pretty Maids, è sempre stato più importante che ci fosse una sorta di legame sociale. Era molto importante che potessimo andare d'accordo, stare insieme con i ragazzi che avevamo nella band perché avremmo potuto trovare chitarristi, batteristi, bassisti migliori, ma la cosa più importante per noi è sempre stata una: “Sono queste le persone con cui puoi uscire? Sono queste le persone con cui puoi passare quattro settimane in viaggio e cose del genere?”

 

Come in una famiglia.

Esatto, è davvero così. Perché quando sei in tour indossi un berretto diverso, non sei assolutamente il padre di famiglia che si occupa del prato, porta a spasso il cane e passa l'aspirapolvere e tutte quelle stronzate, hai di nuovo 16 anni e devi essere in grado di indossare quel berretto. Questo vale per tutti quelli che salgono sull'autobus. È importante. È molto importante che le persone con cui stai siano le persone con cui vuoi stare. Non è necessario volersi bene, ma aiuta.

 

E come è iniziato tutto? Voglio dire, il tuo amore per la musica avrà avuto inizio ad un certo punto, come è successo?

Penso di essere nato con quel gene nel mio corpo in qualche modo. Ricordo che quando ero un ragazzino, mia zia aveva un pianoforte; ogni volta che andavo a trovarla volevo sempre suonare quel piano o una chitarra, se riuscivo a trovarla. In realtà i miei fratelli hanno tra i 10 e i 13 anni più di me: per l’esattezza 10, 9 e 12 anni più di me. Sono cresciuto con la musica che suonavano alla fine degli anni '60, roba psichedelica, non so nemmeno che gruppi citare: le canzoni dei Beatles, dei Bee Gees, e poi gli anni '70, Electric Light Orchestra e tutta l'intera faccenda glam e tutte quelle band che mi hanno davvero portato ad amare il Rock’n’Roll. Suono in una band da quando avevo 10 anni, suonavamo cover, e ho iniziato a scrivere canzoni non so bene quando. Molti dei miei parenti sanno cantare bene, anche i miei fratelli, ma si dedicano ad un tipo di musica differente, tipo l’opera.

 

Diciamo che sei sempre stato a contatto con la musica, fin da piccolo.

Esatto! Sempre! Ho sempre amato ed ascoltato la musica. Vengo da una famiglia della classe operaia, ho sempre dovuto mangiare quello che mi veniva servito. I miei genitori non erano ricchi. Avevamo una vecchia radio a transistor in cucina. Tutto qui. E due volte alla settimana c’era una trasmissione chiamata top 10 o top 20. Ed ero sempre pronto con il mio lettore di cassette per registrare quelle trasmissioni. Per registrare i nuovi singoli e le nuove uscite! Quindi sì, ho sempre ascoltato musica e a 11 o 12 anni ho avuto la mia prima chitarra e ho iniziato a suonare. Non sono un virtuoso della chitarra ma la so suonare, so suonare abbastanza anche il piano e la batteria, so suonare un pò di diversi strumenti. La cosa divertente è che nella band ho sempre voluto suonare la batteria e ad un certo punto anche il basso. E l’ho fatto. Ma ho sempre finito per essere il cantante, perché nessun altro sapeva cantare. Quindi all’inizio non pensavo proprio di fare il cantante! Mi sono detto “Cosa ci puoi fare? Canta!”... ed è andata bene così.

 

Ronnie, che consigli daresti ad una nuova band che cerca di approcciare oggi il panorama musicale?

State lontani dalle case discografiche! Seriamente: lo scenario musicale è cambiato tantissimo, è quasi irriconoscibile se comparato a quello di 40 anni fa. L’avvento dello streaming ha mandato tutto all’aria e oggi è tutto diverso. Una volta per produrre musica dovevi essere davvero in grado di utilizzare strumenti ed attrezzature da professionisti, dovevi metterti in una stanza e suonare, lavorarci sopra davvero prima di poter produrre un album. Poi l’avvento dello streaming ha incasinato tutto. 20 anni fa è iniziato tutto con la possibilità di copiare i CD, ed ha iniziato ad andare tutto a rotoli. I Metallica avevano ragione. E la stessa cosa è accaduta poi con l’industria cinematografica, con le copie dei DVD. La gente può istantaneamente avere a disposizione tutta la musica che desidera, e in questo modo la musica perde valore. È come poter entrare in un negozio di alimentari, prendere a caso tutto quello che si vuole, impacchettarlo ed uscire senza pagare. Quindi, o ti scontri con questo scenario, o adatti il tuo business a quello che oggi è la scena musicale.

Ho scritto un sacco di canzoni nella mia vita e ne percepisco tuttora i diritti, non come una volta ma non mi posso lamentare. Ma penso alle nuove band, devono comportarsi davvero con furbizia perché il business funzioni. Quindi suggerisco di parlare con un avvocato specializzato nell’industria musicale e di confrontarsi con altre persone prima di firmare qualsiasi contratto. Lo hanno suggerito anche a me quando ero giovane e mi sono fatto comunque fregare. Ci siamo fatti fregare, abbiamo siglato i più stupidi contratti fin da quando ero un aspirante musicista. In quel momento vuoi solo suonare, fare la tua musica, farla giungere alle persone, ai fan. Vuoi salire su quel palco e vivere il tuo sogno, quello che hai sempre sognato fin da bambino. Ecco perché è così facile fare errori e firmare cose che dovresti firmare. Mi è successo. Negli anni '60. Lo hanno fatto tutti. Chiedi ai Beatles o ai Rolling Stones!

 

Grazie Ronnie, grazie mille per il tuo tempo, è stato un piacere parlare con te. Sei molto forte. Continua a fare quello che ami, a fare musica, è molto importante. Ti aspettiamo in tour in Italia o magari qui vicino!

Potrei fare delle date in Germania, mi chiedono di presenziare da tutte le parti nel mondo e vorrei essere ovunque, ma mi preme far sapere che se non ci vado non è perchè io non voglia suonare, devo solo basarmi su solide e serie offerte da parte dei promoter, altrimenti è difficile muoversi. Vediamo che succede, prima o poi tornerò a suonare anche in Italia per i fan italiani. A prestissimo!

 

 

***

Ronnie Atkins- Lead and Backing vocals

Chris Laney- Guitars and Keyboards

Pontus Egberg- Bass

Allan Sörensen- Drums

Marcus Sunesson - Guitars

Linnéa Vikström Egg - Backing Vocals

 

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