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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
18/06/2025
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... Viola Costa (Tener-a-Mente)
Il Tener-a-mente, la rassegna musicale organizzata all’interno del parco del Vittoriale di Gardone di Riviera, nello splendido anfiteatro progettato da D’Annunzio e affacciato sul lago di Garda, regala anche quest'anno nomi incredibili. Ne parliamo con il direttore artistico Viola Costa per un po' di retroscena.

Il Tener-a-mente, la rassegna musicale organizzata all’interno del parco del Vittoriale di Gardone di Riviera, nello splendido anfiteatro progettato da D’Annunzio e affacciato sul lago di Garda, non ha più bisogno di presentazioni. Negli anni su questo palco, tra i più prestigiosi e affascinanti d’Italia e non solo, sono passati tantissimi artisti, italiani e stranieri, ed ogni volta la location ha rappresentato un valore aggiunto non indifferente.

Anche quest’anno i nomi del cartellone sono entusiasmanti e anche quest’anno ci siamo ritrovati col direttore artistico Viola Costa, per fare il punto della situazione a poche settimane dal via, per commentare alcuni dei “colpi” più graditi e inaspettati e per parlare delle sfide che, sempre di più, chi organizza concerti nel nostro paese si trova a dovere affrontare.

 

 

Nella conferenza stampa di presentazione di questa settimana avete parlato di alcuni cambiamenti nella scelta degli artisti di questa edizione: vogliamo entrare più nello specifico?

Il cartellone sta cercando di conservare la propria identità, ma trovando allo stesso tempo nuove modalità organizzative per esprimerla. Abbiamo cercato di correre un rischio: trasformare il nostro palco, che è ormai affermato anche all'estero come luogo di grande fascino, in una vetrina per artisti che sono sì conosciutissimi (in questo senso non mi attribuisco nessuna dote da talent scout!) ma che non si erano fino ad ora mai esibiti in Italia. Questo da una parte vuol dire che i costi sono parametrati alla loro notorietà, ma dall'altra non sappiamo bene che tipo di attesa ci sia da parte del pubblico. A volte può essere una scommessa vincente perché c’è una fan base numerosa che li aspetta da tempo; altre volte invece non sono abbastanza conosciuti e quindi si tratterà di capire quanto riusciremo a suscitare una risposta, ma anche quanto potremo contare sul nostro pubblico più fedele.

 

Scendiamo nel dettaglio di questi nomi.

Con Hermanos Gutiérrez la scommessa è già vinta, visto che siamo vicini al sold out: si tratta del nostro primo appuntamento di quest’anno, loro sono un duo svizzero-equadoregno, molto di culto, fanno una musica ispirata allo spaghetti western quindi in un certo senso possono funzionare bene anche dalle nostre parti. Oltretutto, poco prima che venissero annunciati, ho sentito Jovanotti fare un grosso endorsement su di loro, all’interno di un discorso sulla necessità da parte dei giovani di scoprire nuova musica.

Stessa cosa per Finneas, il 9 luglio: lui è un artista amatissimo e molto premiato, ha vinto due Grammy e un premio Oscar. È ovviamente molto più conosciuto per essere il fratello e il produttore di Billie Eilish, ma ha realizzato due dischi a suo nome e ha firmato anche diverse colonne sonore. Ovviamente qui ci rivolgiamo a un pubblico giovane, gran parte di esso proviene dai fan della sorella ma, essendo lui un personaggio che sta molto dietro le quinte, non tutti conoscono quello che fa. Vedremo come andrà, però devo dire che al momento i riscontri sono positivi.

Un'altra artista che viene in Italia per la prima volta, almeno in una situazione medio-grande (si era esibita anni fa in un locale piccolissimo a Milano, quando non era conosciuta) è Brandi Carlile: vincitrice di 11 Grammy, fresca di un'uscita discografica assieme a Elton John, quando suona all'estero fa sempre il tutto esaurito e speriamo accada la stessa cosa anche qui. Per ora posso dire che, a giudicare dai dati, questo è il concerto per cui abbiamo venduto il maggior numero di biglietti al di fuori dell'Italia.

 

I The The non sono anche loro al primo concerto in Italia?

Erano già venuti, ma è stato 25 anni fa. Matt Johnston è veneratissimo dagli appassionati, è un artista straordinario con una grande etica del lavoro, mancava da tantissimo tempo e posso dire che è il nome per cui ho ricevuto i maggiori complimenti da parte degli addetti ai lavori. Ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica e sarà bellissimo poterlo vedere esibirsi sul nostro palco.

Aggiungo, per finire, anche Bill Callahan: anche lui è da tempo che non viene in Italia il costituirà nostro secondo appuntamento con la musica cosiddetta “Lo Fi”, dopo il grande successo di Beck nel 2022. E poi c’è da dire che a parte quest’ultimo, tutti gli altri concerti saranno in unica data italiana.

 

Sempre nella conferenza stampa, si parlava delle difficoltà sempre più grosse che ci sono ad organizzare concerti in Italia, tra costi di produzione lievitati e conseguente rincaro astronomico dei biglietti...

Questo è un anno in cui sembrano catalizzarsi quelle tendenze che erano già visibili dopo il Covid. Chi lavora nel settore ce le aveva presenti da tempo, se l'opinione pubblica dimostra di accorgersene adesso, è perché ne stanno parlando tutti, basti citare un post recente di Selvaggia Lucarelli, che però ha sostanzialmente detto che il re è nudo. Ci sono concerti cancellati, tour annullati, date spostate in venue più piccole: si tratta delle conseguenze di problemi che sono evidenti da tempo. Organizzando la programmazione di quest’anno, sono stati tanti gli artisti che mi hanno detto che non sarebbero venuti in Italia...

 

Da che cosa dipende?

Non dal pubblico, per lo meno non in prima istanza. È che il potere di acquisto degli organizzatori all'estero è molto più alto, noi non possiamo permetterci di spendere così tanto, di pagare tutti quei costi che la macchina dell'artista muove e che vengono generalmente rubricati alla voce “cachet” e che invece sono la somma di tanti fattori diversi. Poi è chiaro che la domanda si pone: perché all’estero possono spendere di più? E allora qui, effettivamente, entra in gioco la cultura del pubblico, che da noi è piuttosto scarsa...

 

Sì, è una cosa che sottolineo anch’io da parecchio tempo...

All’estero c’è molta curiosità musicale, in Italia invece la gente si limita a seguire le indicazioni di chi propone gli artisti, per esempio le grandi radio. E le radio, per sopravvivere, non possono fare troppa ricerca, devono limitarsi a passare quelle cose che hanno più possibilità di avere successo tra le masse, quindi alla fine tutte le programmazioni risultano omologate e sono le grandi etichette che dettano le regole del culto. Da questo punto di vista però ci si può fare ben poco: la cultura non è un qualcosa che si crea dall'oggi al domani, è una dimensione che va educata...

 

Io sono anni che penso che uno dei principali problemi sia il modo in cui la musica viene insegnata nelle scuole…

Recentemente mi è capitato per caso di reincontrare, dopo tantissimi anni, la mia professoressa di musica delle medie: l’ho riconosciuta all'istante perché ha lasciato un segno profondo. Era subentrata ad un altro insegnante che ci faceva solo suonare il flauto e studiare le biografie dei grandi compositori classici (per carità, importantissimi, ma forse non proprio appetibili per dei ragazzini di quell'età) e ricordo che la prima volta ha messo su un disco di Sting appena uscito, ci ha fatto ascoltare “Englishman in New York” e ci ha insegnato a riconoscere i vari strumenti presenti nella canzone. Questa cosa mi ha aperto un mondo, tanto che lì ho iniziato tutto un percorso che mi ha portato fino dove sono adesso. Insegnanti così però sono ancora oggi molto rari, purtroppo...

 

E poi c’è il problema dei costi...

Deriva innanzitutto dal fatto che col Covid e l’impossibilità di fare concerti, in tanti hanno cambiato lavoro e quindi le maestranze ad oggi sono pochissime. Io dirigo anche un teatro di posa a Milano e posso dire che siamo perennemente alla ricerca di tecnici!

I costi sono alti e non ci sono sussidi, il 90% di Tener-a-mente si regge sulla vendita dei biglietti; riceviamo anche un finanziamento dal comune di Gardone, ma questo copre solo il 3% delle spese, d'altronde si tratta di un paese di 1800 abitanti, capisco che non possano fare di più. Occorrerebbe fare di più dal punto di vista nazionale: è da pochissimi anni che il Ministero della cultura riconosce anche la musica contemporanea tra le realtà meritevoli di sussidio, però purtroppo noi non siamo ancora stati inseriti. Diciamo che bisognerebbe trovare un equo mix tra la necessità di sostentamento e un costo dei biglietti che possa essere il più possibile accessibile. Anche noi, purtroppo, a causa dei costi ci siamo trovati a dover aumentare i prezzi: d'altronde siamo un’associazione culturale, già andare in pari col bilancio rappresenta un risultato non indifferente e non possiamo certo fare beneficienza...

 

Diciamo che nel vostro caso i costi del biglietto pesano fino ad un certo punto: voglio dire, un conto è spendere 150 euro (dico una cifra a caso) per vedere un concerto in un campo di patate, in piedi e sotto il sole; un’altra è farlo da voi, in un anfiteatro così raccolto, in una location di enorme fascino...

Questo è sicuramente vero, però purtroppo negli ultimi anni in almeno un paio di occasioni abbiamo proprio puntato su questo aspetto e non ci è andata benissimo. Probabilmente è accaduto perché ci siamo rivolti ad un pubblico non abituato a un certo tipo di proposta e che non conosceva la nostra realtà, non era mai venuta a venire un concerto da noi.

Per il resto, e lo dico da insospettabile ex abbonata allo stadio (in curva, per l'esattezza): la coralità di uno stadio rende l'esperienza una cosa diversa, è un vivere un’esperienza emozionale assieme ad altre persone, è chiaro che se io voglio davvero vedere bene una partita, la guardo in televisione. Stessa cosa per i concerti: io personalmente non andrei mai ad un concerto in uno stadio, quella è un'esperienza corale mentre noi cerchiamo di offrire un’esperienza di ascolto.

Ovviamente, per potere ospitare su questo palco musicisti che sono abituati ad esibirsi in luoghi molto più grandi, siamo costretti a tenere i prezzi più alti, ma nella maggior parte dei casi sappiamo già che, anche se dovessimo fare sold out, andremmo comunque in perdita.

 

A conferma di quello che ci siamo detti, mi sembra significativo che del tour italiano di Morrissey, che manca da noi da parecchio tempo, la vostra sia per il momento, se non vado errato, l’unica data che ha fatto registrare il sold out...

Sì, è andata esaurita in pochissimo tempo, abbiamo anche chiesto di raddoppiare la data ma purtroppo non è stato possibile. Cercavo di portare questo artista da dieci anni e sono molto contenta di esserci riuscita; certo, so benissimo che potrebbe essere molto difficile, dato il personaggio, però è anche vero che abbiamo ospitato Keith Jarrett, quindi siamo pronti a tutto! Oltretutto si tratta di un concerto che ha rischiato di saltare due giorni prima dell'annuncio...

 

Come mai?

Morrissey aveva chiesto inizialmente luoghi di grande fascino storico e architettonico: il teatro greco di Taormina, Pompei... successivamente però si è capito che organizzare dei concerto in quei posti avrebbe richiesto un allestimento tecnico che avrebbe fatto lievitare tantissimo i costi. Di questi luoghi di fascino, il nostro è stato l’unico che si è salvato, tutte le altre location sono state cambiate: probabilmente è perché avevamo meno vincoli, forse anche perché abbiamo veramente fatto i salti mortali. Siamo contentissimi, sono quelle cose che si fanno per dare un senso al proprio lavoro.

 

Alla vigilia dell’inizio di questa nuova stagione, c’è un’ultima considerazione che si potrebbe fare?

È un dato che al momento sono andati molto bene i concerti annunciati molto presto, però è altrettanto vero che più o meno da marzo le vendite si sono fermate. Allo stato attuale, dunque, credo che ci saranno concerti meno frequentati. Il nostro obiettivo è comunque quello di totalizzare lo stesso numero di spettatori dello scorso anno. Per ora siamo a 17mila, quindi direi che ci siamo; si tratta ora di capire che cosa succederà in questo rush finale.