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REVIEWSLE RECENSIONI
08/04/2022
Set It Off
Elsewhere
Cosa succede quando smetti di preoccuparti su chi dovresti essere o come dovresti suonare? Che ti colori i capelli di fucsia e verde (in una sobria tonalità al neon) e fai un disco variegato, pieno di tutti gli stili che ti piacciono, apparentemente allegro e spensierato ma con dei testi che invece non le mandano a dire. I Set It Off hanno ritrovato se stessi e la propria cifra e con Elsewhere hanno finalmente centrato il bersaglio.

I Set It Off sono sempre stati un po' ondivaghi nelle loro produzioni: diversi generi, per quanto molto simili tra loro, ma ognuno sperimentato omogeneamente all’interno di un album differente. Più pop punk nelle loro prime produzioni (Cinematics, 2012), più pop-oriented nei loro dischi mediani (Duality, 2014 e Upside Down, 2016) e più emo-dark nel precedente Midnight (2019). Con il loro ultimo disco, Elsewhere, però, le carte finalmente si rimescolano, il bandolo della matassa viene recuperato e il pallone giunge a meta.

Dopo troppi anni passati a seguire la fama e ad orientare il proprio suono verso ciò che più poteva avere successo, Cody Carson (voce), Zach DeWall (chitarra) e Maxx Danziger (batteria) hanno detto basta. Come spesso accade per un genere come il pop e il pop-punk, dove la concorrenza è molto ampia e si è spesso anche troppo legati al concetto di eterni problemi adolescenziali o eterna allegria superficiale (il che è poi paradossale per un genere che parla sempre meno agli adolescenti di oggi e sempre più agli adolescenti di ieri, ovvero i trenta-quarantenni che ascoltavano quel tipo di musica quindici o vent’anni fa), il problema del trovare il proprio posto, nei cuori dei fan e nelle classifiche, e renderlo stabile nel tempo, è un’annosa questione. Con il passare del tempo, per gli artisti di turno, quella che è nata come una passione alle scuole superiori diventa più che altro una pressione su se stessi e a quel punto diventa tutto molto più difficile. Che fare?

Gli anni del lockdown, nel caso dei Set It Off, hanno portato consiglio, hanno fatto affrontare i demoni che i tre ragazzi si portavano dentro e stimolato la riflessione e l’autoanalisi. Cody, Zach e Maxx hanno ritrovato il loro centro e riscoperto la passione per quello che fanno, tornando semplicemente a divertirsi nel fare musica: tutta quella che gli piace, indipendentemente dalle attese. Ecco quindi che, con l’aiuto dei produttori Mike Green (A Day To Remember, Neon Trees, Dune Rats, Sum 41, As It Is, Hands Like Houses) e Bruce Wiegner, che li hanno aiutati in interminabili sessioni su Zoom, in un solo album si ritrovano tutte le diverse identità dei Set It Off finalmente miscelate insieme: pop-punk, pop anni Duemila, hip-hop, r’n’b, archi, fiati, pianoforte e sintetizzatori. I suoni rimangono sempre allegri, iper-colorati e ballabili, talvolta anche teatrali, mentre le forti tinte dark emergono soprattutto nei testi; il messaggio che ispirano è di rinascita e rivalsa, anzitutto verso se stessi.

 

Il viaggio negli abbaglianti colori al neon che costituiscono Elsewhere inizia nel migliore dei modi con le prime due tracce, un pop-punk accattivante e danzereccio che si fonde ad un riuscitissimo e velocissimo rapping, sapientemente alternato alle ottime doti melodiche di Cody: da un lato le note dolci e amare di “Skeleton”, in cui si parla della vulnerabilità che provoca il doloroso processo dell’accettazione delle proprie imperfezioni, e dall’altro la coinvolgente “Projector”, in cui si descrive la fastidiosa sensazione del sentirsi gettare contro i problemi, la rabbia e le scuse di quelle persone che parlano solo e non ascoltano mai, di quelle che piuttosto che ammettere i loro errori preferiscono proiettarli su chi hanno vicino, finendo quindi per logorare lentamente qualsiasi rapporto di fiducia, pazienza e amicizia. Un inno di sfogo contro ogni persona irritante della propria vita.

 

«Un dolore accecante dietro i miei occhi sta coprendo la verità. Nel mio cervello c'è un parassita che mi dice cosa fare. Si nutre della mia felicità, come se non la meritassi affatto, sentendomi un pessimista quando vorrei solo ridere di tutto questo. Pelle e ossa, vulnerabile, rompimi le mie costole e rendimi intero. Sistema la mia testa, cuci la mia anima. Scopri dove tutto è andato storto. Vieni a respirare l'aria nei miei polmoni». (“Skeleton”)

 

Segue la coinvolgente “Cut Off”, che Cody ha scritto con l’amico Tyler Glenn dei Neon Trees, dove dietro l’ingannevole e ballabile melodicità si racconta cosa si prova nel perdere la fiducia e la connessione personale con qualcuno che era a noi molto vicino (“Sei il mio inverno in estate. Sei così fissato con la mia fiducia perché ne hai abusato fino alla morte. Mi ha reso così scettico che non posso fidarmi di me stesso”). Con la successiva “Loose Cannon” si continua sull’onda del pop, avendo la lieve impressione che i Backstreet Boys abbiano incontrato i Fall Out Boy e Brandon Urie dei Panic At The Disco! e si siano messi ad ideare strofe e ritornelli prendendo spunti dai loro successi. “Why Do I” e “As Good As It Gets”, invece, risultano tra le meno convincenti, giocando sulla scia l’una del pop anni Ottanta, l’altra del pop anni Duemila, ma finendo con il risultare poco incisive e non all’altezza delle altre tracce presenti.

Con “Who’s In Control” l’attenzione si alza nuovamente e si torna ad avere a che fare con un bel pezzo, che recupera il retaggio più dark e insinuante dei Set It Off; un brano convincente e giustamente diventato il terzo singolo dell’album. “Taste of the Good Life” è un piacevole riempitivo pop dai toni solo apparentemente più leggeri, perché non appena si incontra il testo ci si accorge che quell’apparente levità è più una forma (nemmeno troppo sottesa) di passivo-aggressività, che si scaglia contro tutti quelli che, una volta divenuti famosi, lasciano che la fama e i soldi divengano la cosa più importante, abbandonando amici e famiglia per dedicarsi a quella che viene considerata “la vita migliore”, fatta di droghe e quant’altro, quando in realtà è solo la più irresponsabile ed egoista. La seguente “Why Not Me” torna invece a respirare a pieni polmoni il pop anni Novanta, sottolineando nel testo l'esasperante sensazione di invidia che si prova nel vedere altre persone che hanno successo e sembrano felici sui social media, il sentirsi felici per loro e al tempo stesso chiedersi perché non si prova lo stesso. La canzone, però, di per se stessa, non brilla per genialità, adotta alcune soluzioni un po’ banali e risulta tutto sommato decisamente mediocre.

 

I toni, le sorti e i bpm del disco tornano invece decisamente a salire con la successiva coinvolgente triade: la bellissima “Dangerous”, uno dei pezzi più riusciti (e uno di quelli dove bisogna essere davvero pazzi per non aver voglia di ballarci e cantarci sopra), la teatrale e darkeggiante “Cordial” e la trascinante “The Magic 8”. “Playing With Bad Luck” ritorna sulle rive di un pop bagnato di emo, portando successivamente alla particolare “Peekaboo”, che riprende il lato più dark-alternative-rock del trio. “Catch a Break” continua sulle note dell’emo, ma unito ad un gusto nuovamente pop alla Brandon-Urie-meets-Patrick-Stump che Cody riesce a gestire vocalmente sempre in maniera impeccabile. “Better Than This” rappresenta invece la classica ballata finale, in cui però di “solito” c’è ben poco, perché Cody per la prima volta, su incoraggiamento della sua famiglia, si mette al pianoforte e si mostra in tutta la sua vulnerabilità, aprendosi ad una sincera autocritica: riconosce gli errori e le leggerezze che si è concesso con le persone che ama di più, ripromettendosi di poterle amare meglio di quanto non abbia fatto sinora.

 

Il viaggio di ben 48 minuti attraverso 16 canzoni si conclude e, giunti alla fine, si può dire che, in sostanza, i momenti più riusciti di Elsewhere sono quelli in cui la band si dimentica per un po’ le sue sperimentazioni di ambito prettamente pop (anni Ottanta, Novanta o Duemila che siano) per approfittare maggiormente della loro innata sensibilità a fondere la catchyness più ballabile e il pop-punk più brillante con il lato dark del loro animo. Sfruttando le grandi doti vocali di Cody Carson – il quale risulta particolarmente convincente sia nel rapping sia nelle sezioni più melodiche, la cui fusione e contrapposizione risulta sempre riuscita – i Set It Off creano un mix lunatico, variegato, vivace e divertente. Un guazzabuglio di idee e stili che, insieme, risultano più a fuoco di quanto non siano mai stati precedentemente, portando la band a risultare inequivocabilmente pop (come aspirano ad essere) ma senza che ciò nasconda la molteplicità delle loro influenze e dei loro caratteri.

 

Elsewhere è per Cody, Maxx e Zach il disco della vittoria sulle loro insicurezze, della rinascita e del ritrovato divertimento, ma con le loro regole, che per tre pazzi ragazzi di Tampa, Florida, vuol dire colori al neon luminosi dall’artwork di copertina sino ai capelli, immagini macabre, testi pungenti e sonorità poppeggianti. I loro demoni sono stati scacciati così, se volete provare ad allontanare i vostri con la stessa ricetta basta premere play, male che vada li portate solo a ballare un po’.