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REVIEWSLE RECENSIONI
29/05/2025
Sleep Token
Even In Arcadia
Even In Arcadia è il quarto attesissimo album degli Sleep Token ed è già un grandissimo successo, come lo sarà il tour di supporto al disco. La band continua a dividere critica e pubblico senza possibilità di vie di mezzo e qui, pur con qualche moderata perplessità, cercheremo di esporre i fatti e la "questione di fede" di fondo.
di Iputrap

"I am the final dawn, I am the flood

And what was missing from those scriptures will be written in my blood

Dig down into the mud

What good is all this talk of wings when there is nothing left above?

Have you been waiting long

For me?

Have you been waiting long?"

(“Even In Arcadia”, Sleep Token, 2025)

 

Chi legge sarà stato già attratto e condizionato dal voto della recensione, che però non è una bocciatura. O meglio, non voglio sostenere che Even In Arcadia sia un disco mediocre oppure anonimo. Tutt’altro, ma certamente gli Sleep Token, ora più che mai, stanno dividendo critica e pubblico. Per qualcuno, il nuovo lavoro è poesia messa in musica, per altri una trappola messa insieme con l’intelligenza artificiale, in cui si inseriscono stili diversi e lontani tra loro, ma che parlano un linguaggio moderno e totalmente nelle corde dei vent’enni di oggi. E poi si, mettiamoci anche un po' di metalcore per poter infilare questo duo nel calderone del metal e degli eredi di Alice Cooper e Ghost, tanto per fare qualche nome.

L’aspetto visivo è attraente, come il mistero che si cela dietro al cantante Vessel e al batterista II. Ma torniamo al voto: un 5 che non va visto come una sconfitta, ma come metafora di un disco che sta in mezzo, nel vero senso della parola. In mezzo ci siamo noi che ascoltiamo e dobbiamo farci conquistare oppure no. In un contesto lirico così onirico e spirituale, ha senso che alla fine sia la fede a decidere. Credete nella buona fede artistica degli Sleep Token, oppure pensate sia un bluff costruito per ammaliare e attirare le persone che cercano nella musica “qualcosa in più”, oppure una ragione per andare avanti con speranza?

 

Se cercate una risposta nelle mie parole, per ora non la troverete. Io mi limiterò ad esporre i fatti. Even In Arcadia, rispetto alla trilogia di album precedenti, non stravolge il decorso sonoro, ma si mostra più semplice e immediato, come se volesse conquistare ancora più consensi “generalisti”. Tutti i brani sono molto melodici e l’atmosfera è magistralmente onirica, anche un po' cinematica. L’elemento “metal” sembra inserito per dare un po' di “croccantezza” in più ma sinceramente risulta molto forzato. Soprattutto, i riff di chitarra odorano veramente tanto di riciclato e banale. Si va sul sicuro, forse perché la band vuole farsi odiare dai metallari integralisti, che non riusciranno a terminare l’ascolto.

Merito di qualche parte in growl messa davvero lì a caso, perché così il metal si può citare, ma non è nemmeno questione di scandalizzarsi per l’inserimento di beat elettronici, rap, trap e modern soul. Se la musica è valida, allora funzionerà. John Legend può cantare un genere che non apprezzo, ma ha una voce vera e intensa. Cosa dire invece di Vessel? Il cantante degli Sleep Token si nasconde dietro ed effetti, distorsioni, autotune, sembra quasi un’illusione ben congegnata. Ma riesce ad emozionare?

 

La risposta è che ci riesce eccome, visto il seguito immenso di un gruppo che in una manciata di anni ha scalato le classifiche mondiali. A me suona tutto troppo finto, e non potrò nemmeno abbattere i miei dubbi in un loro concerto, perché oggi è facile fare grandi show con luci mirabolanti, mille basi preregistrate e voci corrette. Rispetto e apprezzo chi vuole credere agli Sleep Token, anche se io non ci riesco.

Le vere emozioni stanno da un’altra parte, ma d’altronde il successo non è il consenso, ma “basta che se ne parli”. Vista in questa modalità, gli Sleep Token hanno vinto.