Romantico senza palate di melassa, dolcissimo senza cariare: più che una raccolta di splendide canzoni d’amore, The Boatman’s Call è un vero e proprio saggio su “come si scrive una canzone d’amore”.
Non sono le prime love songs che Cave produce, né – per nostra somma fortuna – saranno le ultime; tuttavia The Boatman’s Call rimane a tutt’oggi la silloge più compiuta (assieme al successivo No More Shall We Part del 2001, di caratura appena inferiore, se proprio vogliamo tirare in ballo quisquiglie) dell’artista australiano su un tema così zeppo di luoghi comuni (l’amore) che il ruzzolone nel ridicolo sulle bucce di banalità, lasciate lì dalla tradizione a sedimentarsi nell’immaginario collettivo, si rischia ad ogni passo; e quand’anche, muovendosi con estrema cautela, si sia bene attenti a non scivolare, c’è ancora il rischio, non certo secondario, di mettere un piede sulla mina antiuomo dell’originalità a tutti i costi ed esplodere su forzature che, se va bene, possono risultare comiche. Insomma, scrivere una canzone d’amore è faccenda complicatissima, figuriamoci poi se la destinataria della canzone (e dell’amore) risponde al nome di Polly Jean Harvey.
I due vissero una breve ma piuttosto intensa relazione la cui scintilla scattò durante le riprese del video di “Henry Lee”, struggente murder ballad cantata in duetto. “L’amore muore. Ciò che rimane è l’arte,” dichiarò cinicamente Cave in un’intervista a Q del 2008.
In poco più di 5 minuti, “Far From Me” riesce a cogliere tutte le sfumature e le curvature dell’amore, dall’insicurezza alla routine, dalla compassione alla rabbia, fino addirittura all’autocommiserazione che potrebbe fornire la chiave per l’ineffabile tristezza che inevitabilmente qualsiasi storia d’amore porta sempre con sé. Si medita su come l’amore, misteriosamente, arriva e su come, misteriosamente, svanisce.
Una melodia dolcissima – come, peraltro, tutte le canzoni di The Boatman’s Call –, che tuttavia conserva un retrogusto amarognolo, su un arrangiamento inaspettatamente ritmico, ai limiti del funky, accarezzata dal violino di Ellis e da cenni di Hammond suonati dallo stesso Cave, conferiscono all’insieme un’atmosfera carica di malinconia e di quelle emozioni contrastanti che si provano quando si ripensa a un amore perduto.
“I keep hearing that you're doing best / I hope your heart beats happy in your infant breast” (“Mi dicono che stai facendo del tuo meglio / Spero che il tuo cuore batta felice nel tuo seno infantile”) canta il poeta australiano alla fine della seconda strofa, riassumendo in due versi il dolore e la rabbia dell’abbandono e della lontanza.