Altra bella iniziativa di Raiplay che mette a disposizione quattro film tra i più recenti della filmografia del regista giapponese Hirokazu Kore'eda raccolti all'interno di una rassegna dal titolo Ritratti di famiglia, che vuole riassumere i temi portanti del cinema dell'autore, che al centro dei suoi film pone da sempre i rapporti interpersonali.
Le quattro opere scelte per questa breve panoramica sono: Father and son (2013), Little sister (2015), Un affare di famiglia (2018) e infine Le verità (2019). Si prende quindi in esame una fase della carriera di Kore'eda nella quale il regista ha già ampiamente ottenuto il suo riconoscimento internazionale ed è ormai considerato una delle voci più interessanti e garbate del cinema nipponico. Un affare di famiglia si fregia della Palma d'oro a Cannes e del premio per il miglior film straniero ai César mentre questo Father and son vinse il premio della giuria sempre a Cannes.
Ciò che più colpisce affrontando la visione di Father and son sono proprio la grazia e la naturalezza con le quali Kore'eda affronta argomenti delicati e situazioni difficili di fronte alle quali ognuno di noi cadrebbe in crisi profondissime, riuscendo a dare una forte credibilità al suo racconto e al suo incedere. Per quanto alcune scelte e alcuni comportamenti di almeno uno dei suoi protagonisti possano a noi sembrare incomprensibili e finanche odiosi, è un impianto molto classico, quello messo in scena da Kore'eda, privo degli eccessi che caratterizzano le narrazioni di alcuni altri autori asiatici parimenti meritevoli di attenzione.
I Nonomiya sono una famiglia benestante composta da tre membri: papà Ryota (Masaharu Fukuyama) è un uomo di successo nel campo della progettazione immobiliare, dedito completamente al lavoro e convinto che si debba a scapito di tutto mettere al primo posto la realizzazione professionale e personale; ha poco tempo quindi da dedicare alla moglie Midori (Machiko Ono) e soprattutto al piccolo Keita (Keita Ninomiya). Il bambino non ha l'indole decisa del padre, è un ragazzino gentile ed educato che però il genitore vede come un carattere arrendevole e poco deciso, cosa che porta a qualche rimprovero e a delle discussioni con la moglie Midori, che in compenso concede qualche piccolo vizio al bambino.
Un giorno i Nonomiya ricevono una convocazione da parte dell'ospedale in cui Keita è stato partorito, qui la coppia viene informata del fatto che all'epoca della nascita di Keita ci fu uno scambio di neonati in ospedale, per diversi motivi scoperto solo ora, che vide coinvolto proprio Keita.
Il vero figlio dei Nonomiya, Ryusei (Shogen Hwang), è stato cresciuto dalla famiglia Saiki, anche questa inconsapevole dello scambio dei bambini. I Saiki sono una famiglia che vive in un quartiere povero, di una classe sociale decisamente inferiore e più alla mano anche nei modi. Ryusei è cresciuto con il padre un po' fannullone Yudai (Lily Franky), un uomo inconcludente ma che riversa tonnellate d'affetto e divertimento sui suoi bambini, la madre Yukari (Yoko Maki) e un fratello e una sorella più piccoli di lui. Quando le famiglie si incontreranno per decidere il da farsi sarà inevitabile per tutti un percorso di riflessione e di dolore che porterà a mettere in discussione relazioni e ruoli genitoriali, soprattutto per il duro e intransigente Ryota.
In un rapporto tra genitori e figli contano di più i legami di sangue, la discendenza, il patrimonio genetico o il tempo trascorso insieme, l'amore, il percorso condiviso? Domanda che suona retorica e dalla quale Kore'eda parte per costruire la sua disamina sui legami familiari, sugli affetti a volte un poco macchiati dalle aspettative, dalle direzioni che taluni genitori vorrebbero imporre ai propri figli.
In contrapposizione una famiglia votata alla prosperità e una ai piccoli piaceri della vita, due figure paterne agli antipodi che dovranno affrontare insieme un percorso verso una decisione molto difficile che impatterà in maniera forte, inevitabilmente, sulla vita di due bambini (quattro se contiamo anche i due fratelli di Ryusei, ma questo è un aspetto che Kore'eda non approfondisce, scelta più che giustificata).
Centrale la figura di Ryota, un uomo arrivista e ambizioso, al quale non manca l'affetto per il figlio ma che non si astiene dal mostrare un po' di delusione di fronte ai piccoli fallimenti di Keita, un padre che si rivelerà pessimo nel momento della notizia dello scambio dei bambini e che solo in parte, o per nulla, può essere giustificato dalle sue esperienze familiari.
Kore'eda tratteggia questa storia che al centro ha un tema dolorosissimo con una grazia e una misura esemplari, lavora molto bene con i bambini ma soprattutto con gli adulti, personaggi che affronteranno un percorso repentino di cambiamento forzato dalla situazione. Significativo il fatto che a dare la svolta, il cambio di mentalità in alcuni dei protagonisti, sarà proprio lo sguardo di un bambino, pur tramite un'espediente indiretto ma capace di illuminare cuori e coscienze.
Ottima la scelta di Raiplay nel mettere a disposizione questo assaggio dell'opera del regista giapponese sulla quale di certo torneremo a breve.