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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
10/07/2023
Ben Harper
Fight for Your Mind
Una volta l’ascolto di un disco nella sua interezza era un vero e proprio rito, da godersi in silenzio, emozionati e concentrati sulla bellezza della musica. Riappropriamoci di questa tradizione con "Fight for Your Mind", uno degli album più rappresentativi di Ben Harper, con un ventaglio sonoro che attinge da Robert Johnson, Dylan e Hendrix, passando da Bob Marley e Peter Tosh, per poi aprirsi alla creazione di un proprio sentiero di originalità.

Negli ultimi anni la sensibilità e la visione esistenziale di Ben Harper sono cambiate. Prima la battaglia (vinta) contro il bere, con la sobrietà raggiunta ad aprire un nuovo orizzonte personale e musicale, così da poter finalmente apprezzare tante situazioni mai intensamente vissute, giacché stralunato nei fumi dell’alcol. Poi l’ultimo periodo folle della pandemia, che paradossalmente ha regalato all’artista americano più momenti per riflettere, nell’intimità del giardino di casa sua, lasciandosi andare a uno struggente dialogo interiore. Un'introspezione che non aveva mai avuto il tempo di provare, affrontare, sperimentare, e richiedeva una certa dose di coraggio, per immergersi nelle aree maggiormente oscure della propria vita.

I recenti No Mercy in This Land con il leader carismatico del blues Charlie Musselwhite, Winter Is for Lovers, primo lavoro strumentale tenue e sofferto in cui si incarna l’essenza delle ispirazioni giovanili e il freschissimo Bloodline Maintenance, politico e appassionato, giungono tutti da questa “conversione”. Ben tratteggia la visione della sua esistenza, quella di un uomo, di una generazione che ha cercato di “vivere tutto”, come i suoi “eroi” Hendrix, Dylan, Marley, Harrison. Impegno, illusioni, scorciatoie pericolose e, infine, ritorni al senso più interiore e intimo dell’uomo stesso. Ci sono pagine di storia di ieri nel suo percorso sonoro. E c’è tanto di Fight for Your Mind, uno di quei dischi storici che lo ha accompagnato nella crescita e rimane una pietra miliare.

 

Uscito nel 1995, Fight for Your Mind si stacca dal comunque ottimo esordio Welcome to the Cruel World per elevarsi verso una più fervente spiritualità, caratteristica che emerge in maniera imponente nelle eloquenti tracce finali, "Power of the Gospel", contornata da una sezione archi da brivido, la piacevolmente infinita "God Fearing Man" e "One Road to Freedom", influenzate profondamente dal gospel, poetiche e visionarie. Ma in tutta l’opera Harper si dimostra una delle penne più lucide, raffinate ed emotivamente coinvolgenti in circolazione, con la capacità di penetrare nel cuore dell’ascoltatore e di muovere le sue sensazioni più intime, magari partendo dalle proprie, che così diventano collettive. Basta ascoltare l’opener "Oppression", perla acustica con le formidabili percussioni di un irrefrenabile Leon Lewis Mobley (futuro membro degli Innocent Criminals), vero inno contro ogni tipo di oppressione, fisica e psicologica ricevuta da chi comanda, per rendersi conto di quanto siano attuali tali tematiche tornando nella triste contemporaneità, ove persino i mass media diventano determinanti nel togliere la libertà alle persone, assecondando il governo e i poteri forti.

Il primo singolo "Ground on Down", con la mitica Weissenborn in evidenza, è molto prosaico, è un manifesto di buone intenzioni che spinge sulla possibilità per ogni creatura di trovare un posto giusto sulla Terra, mentre la tristissima ballata "Another Lonely Day" affascina per l’escursione in territori folk, evidenziando le doti di arpeggio di Harper, chitarrista eccelso non solo nelle parti soliste, ma anche in quelle ritmiche. "Please Me Like You Want To" narra la possibile fine di una relazione difficile e piace per l’incedere sornione, a metà strada tra Cat Stevens e una sorta di Lynyrd Skynyrd acustici, ma il cambio di marcia avviene con la romantica "Gold to Me": ora si vira su ritmiche rock, ben punteggiate da basso e batteria di Juan Nelson e Oliver Charles, prima di celebrare con audacia le virtù dell’erba, creando un ponte con i Maestri Marley e Tosh, in una canzone in cui il titolo è già tutto un programma, "Burn One Down".

 

Il cuore del disco giunge proprio a metà scaletta, con un rock blues, tosto e politicamente impegnato, intriso di un reggae asciutto, "Excuse Me Mr".

«Mi scusi signor, ma non è il vostro petrolio nel mare? E l'inquinamento nell'aria? Di chi potrebbe essere? Allora mi scusi signor, ma anch'io sono un signore, e lei sta dando una cattiva reputazione al signor, Il signor come lei. Quindi tolgo il "signor" da davanti al tuo nome… Perché è un signor come te che fa vergognare il resto di noi. Oh, ho visto abbastanza. Ho visto abbastanza per sapere che ho visto troppo…».

 

Più diretto di Bob Dylan nella scrittura delle liriche, tra vampate hendrixiane e fraseggi evocanti Robert Johnson nella struttura prettamente musicale, si tratta di un brano che cattura subito, di primo acchito, e si assapora pienamente dopo aver fatto ripetuti ascolti, tanta è l’intensità vocale e strumentale.

L’album Fight for Your Mind infatti raffigura indiscutibilmente il bisogno e la volontà di Ben Harper di far sentire il suo grido e la sua forza vitale al mondo per poter lanciare un messaggio esplicito alle anime intorpidite, anestetizzate dal culto del denaro e della ricerca del piacere fine a se stesso e per nulla preoccupate da quello che accade. "People Lead" è un tentativo di sferzare le ultime generazioni e spingerle a riappropriarsi della verità, del controllo sui leader politici, i quali devono essere al servizio e non viceversa. Sono chiaramente temi scottanti che vengono affrontati con un rock minimale, ma energicamente cadenzato da potenti percussioni, quasi a voler enfatizzare il bisogno di un risveglio con forti colpi di tamburi. La stessa title track, dall’irresistibile groove funky, invita a “combattere per la propria mente”, a non fermare la propria crescita intellettuale.

 

«Il songwriting e la Weissenborn sono cresciuti insieme a me. Ho iniziato a fare entrambe le cose contemporaneamente, e la prima canzone che ho pensato di poter chiamare canzone è stata scritta su questa particolare chitarra. Ha un suono ricco e molto vocale, davvero simile alla voce: il legno di Koa hawaiano, il manico cavo e le dimensioni, la geometria dello strumento, le hanno dato qualcosa che si distingue». (Estratto da un’intervista con Christopher Paul Stelling ad acousticguitar.com)

 

La solidale "Give a Man a Home", splendida ballad carica di pathos, rispecchia perfettamente i concetti esposti da Harper, con le corde pizzicate magicamente a creare un’atmosfera unica insieme al suo canto, dimesso per l’occasione, ma espressivo, figlio di un orgoglio ferito pronto a riprendersi la scena in un pianeta da cambiare profondamente, per farvi tornare un barlume di giustizia e uguaglianza sociale. "By My Side", dolce dichiarazione d’intenti alla propria metà, scorre invece piacevolmente allietata da un Hammond B3 da brividi (Ervin Pope) ed evidenzia la predilezione per gli arrangiamenti minimali condivisa insieme al coproduttore JP Plunier.

 

Certamente l’intreccio etnico presente nella storia del cantautore ne ha arricchito il background culturale e filosofico; l’artista statunitense, pur manifestando la credenza in un ordine supremo, non si è mai perso nei sentieri impervi di una vera e propria religione, attribuendo l’esistenza di Dio solo a un bisogno assolutamente umano di dare un senso alla morte. Nato a Pomona, in California, ha avuto padre di origini afroamericane e Cherokee, mentre la madre, da sempre immersa nell’arte (i suoi genitori fondarono il Folk Music Center a Claremont) è ebrea di origini russo-lituane. Tutte queste premesse hanno forgiato il giovane Ben, e l’hanno accompagnato nella crescita, fino alla maturità, raggiunta dopo sacrifici e rinunce, ma soprattutto, come accennato all’inizio, dopo un lungo percorso interiore e l’abbandono dei vizi.

Proprio poco tempo fa è uscito Wide Open Light, nuovo sorprendente lavoro che rappresenta le sue radici e mette al centro la musica, senza pensare alle radio e all’industria discografica. Un album pieno di vita che, come un circolo virtuoso lo riporta con nuovi stimoli da dove era partito, da quel Fight for Your Mind che “Ben” incarnava la sua coscienza, i suoi pensieri e la sua idea di Musica.