“Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni. Si tratta di relazioni la cui durata e la cui intensità differiscono sensibilmente, ma che tendono ad attraversare fasi molto simili: riconoscimento, identificazione, organizzazione, struttura, complicazione e così via.
La storia di Stella Raphael è una delle più tristi che io conosca”.
Patrick McGrath è nato a Londra nel 1950. Fin da bambino ha vissuto a stretto contatto con l’universo della follia, in quanto suo padre era il direttore medico di un ospedale psichiatrico. Iscrittosi alla facoltà di psichiatria, sembrava destinato a seguirne le orme, ma il suo amore per la scrittura ha prevalso su tutto. L’imprinting paterno, i ricordi d’infanzia e i suoi studi, però, hanno inevitabilmente plasmato la sua immaginazione letteraria. Trasferitosi negli Stati Uniti, è diventato una delle voci più autorevoli del cosiddetto gothic contemporaneo, capace di unire atmosfere cupe a indagini psicologiche complesse.
Follia è probabilmente il suo romanzo più noto. Venne pubblicato nel 1996, nel momento in cui la narrativa mostrava un’attrazione particolare per le storie impregnate di ossessioni interiori, dove i confini tra razionalità e desiderata si facevano particolarmente labili. La critica accolse il libro con grande interesse, riconoscendone la potenza visionaria e la capacità di scandagliare le zone oscure della psiche attraverso l’uso di un linguaggio elegante e inquieto. A distanza di anni, l’interesse dei lettori per questo romanzo non sembra scemare. Nel 2005 ha anche ispirato un adattamento cinematografico che ha contribuito a farlo conoscere a un pubblico sempre più ampio.
La storia è ambientata negli anni Sessanta, all’interno di un ospedale psichiatrico. È qui si intrecciano le vite di tutti i personaggi, che sono tratteggiati dall’autore con una precisione quasi clinica.
Stella Raphael, moglie di uno dei medici della struttura, è il ritratto di una donna affascinate, colta e intelligente, “prigioniera" di un matrimonio freddo e di una vita borghese soffocante e priva di stimoli. Suo marito, Max Raphael, psichiatra criminale, ambizioso e stimato, è l’immagine della sicurezza. Inquadrato e rispettoso delle convenzioni, è un uomo “distante”, incapace di offrirle reale calore o ascolto. La sua rigidità e il suo attaccamento all’ordine sociale diventano terreno fertile per la ribellione silenziosa di Stella, che trova in Edgar Stark, uno dei pazienti della clinica, detenuto per un crimine efferato, un’attrazione devastante.
Edgar, artista magnetico e tormentato, incarna al tempo stesso fascino e pericolo. È l’antitesi di Max, e come tale, diventa facilmente specchio e catalizzatore delle pulsioni represse della protagonista.
Tra i due nasce una relazione proibita, un legame che potremmo paragonare a un incendio sotterraneo che lentamente divampa, divorando certezze, ruoli e logiche sociali. Stella è come prosciugata, plagiata, annientata. Riplasmata a immagine e somiglianza del suo amante.
“La sua identificazione con Edgar diventava ogni giorno più profonda. Mi disse che stava assumendo consapevolmente tutti i suoi gusti, le sue idee, i suoi sentimenti. L’indifferenza di Edgar alle comodità domestiche la faceva vergognare di tutti gli anni in cui la sua unica occupazione era stata assicurare una vita materialmente piacevole a suo marito e a suo figlio”.
Attorno a loro si muove Peter Cleave, nella duplice veste di voce narrante e psichiatra. Collega di Max Raphael e caro amico della coppia, è una figura ambigua, che dietro l’apparente razionalità, rivela un coinvolgimento emotivo e personale tutt’altro che neutrale. In questo intreccio si gioca un dramma di attrazioni, manipolazioni e dipendenze che mette in discussione i confini stessi della sanità mentale, portando Stella a sacrificare tutto ciò che ha di più caro, come il rapporto con suo figlio Charlie che, portando sulle spalle il peso delle scelte materne, convinto di esserne il responsabile, si trasforma in una sorta di vittima collaterale. Il bambino altro non è che il simbolo dell’innocenza tradita, in quanto la sua sofferenza incarna le conseguenze più profonde e laceranti dell’alienazione della madre.
In questo senso, McGrath costruisce un ritratto implacabile: l’amore di Stella per Charlie non scompare, ma viene progressivamente fagocitato dalla sua passione. La maternità, il più sacro dei vincoli, che per la protagonista avrebbe potuto rappresentare un’ancora di salvezza diventa, invece, il terreno su cui si consuma la sua disfatta. Così, l’incapacità di proteggere suo figlio proprio nel momento del bisogno, la fa sprofondare nelle sabbie mobili dei sensi di colpa.
McGrath ci mostra che la follia, in forme e intensità diverse, può appartenere a tutti, pazienti o medici, amanti o spettatori, può mietere vittime innocenti e avere anche volti diversi, non solo quello clinico di Edgar, ma anche quello emotivo di Stella che, per il suo amante, arriva al punto di cancellare ogni altro ruolo: quello di moglie, di madre e persino quello di individuo raziocinante.
“Della nuova vita le piaceva tutto, persino che lei e Edgar fossero due fuggitivi e non potessero uscire alla luce del sole per paura di venire scoperti e arrestati. Era inebriante, le faceva assaporare quel profumo di pericolo connaturato all’esistenza di ogni vero artista”.
L’eros si trasforma in mania e la fragilità dei legami affettivi affiora davanti alla devastazione interiore che travolge chi non riesce a controllare i propri istinti, mostrando quanto imprevedibili possano essere gli impulsi e quanto sottile sia il confine tra amore e ossessione. In fondo, ciò che emerge, è che nessuno dei personaggi tratteggiati dall’autore è veramente “sano”, “normale”. Che poi, cosa significa essere “normali”?
Follia è un romanzo che cresce pian piano, che inquieta e seduce il lettore, mettendolo dinnanzi all’impossibilità di ridurre la vita emotiva a schemi razionali. Pagina dopo pagina, affiorano inevitabilmente delle riflessioni sul bisogno di libertà, sull’inganno della normalità e delle apparenze, e sul prezzo carissimo che, a volte, siamo disposti a pagare pur di sentirci vivi… Un prezzo che, in questo caso, coincide con l’autodistruzione.
“Stella mi disse di aver capito in quel momento che in ciascuno di noi c’è come l’anelito a gridare al mondo la verità, a qualsiasi costo. O a distruggersi. Lei in quel momento lo sentì, sentì il piacere che le avrebbe dato dire a Max, a me, a tutti noi che amava Edgar Stark, e che non sopportava più di doverlo nascondere!”

