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REVIEWSLE RECENSIONI
For Those That Wish To Exist
Architects
2021  (Epitaph Records)
IL DISCO DELLA SETTIMANA HARDCORE METAL / HARD ROCK ALTERNATIVE
8,5/10
all REVIEWS
15/03/2021
Architects
For Those That Wish To Exist
Come si guarda al futuro dopo anni di riflessione sul dolore dell’animo umano? Quale strada si percorre dopo che si è già realizzato l’album più profondo, poetico e tecnico della carriera? Per chi desidera ancora esistere, la migliore opzione è iniziare a guardare di nuovo fuori da sé, sperimentare con tutto ciò che non si è mai osato prima e scrivere - liberi - un nuovo capitolo della propria storia.

Gli Architects sono dei sopravvissuti. Sono quel tipo di persone e di artisti che, nonostante vengano travolti dalla disperazione e accettino di sopportare anni di dolore, trovano il modo di trasformarlo, condividerlo e di uscirne vivi: inevitabilmente cambiati ma sempre se stessi, con più coraggio, più consapevolezza e più sfumature di prima.

I cinque inglesi di Brighton hanno affrontato la sofferenza e la disperazione sin dal 2014, quando la traccia numero 7 di Lost Forever/Lost Together annunciava la malattia di Tom Searle (chitarrista, tastierista, principale compositore e membro fondatore del gruppo). Nel 2016 hanno sviscerato l’afflizione in un intero album, All Our Gods Have Abandoned Us, attraverso le parole e le composizioni di Tom, per poi arrivare al 2018, dove con Holy Hell, a due anni dalla morte del loro compagno (e fratello, del batterista Dan Searle), hanno rielaborato il lutto con quello che è probabilmente uno degli album più belli, eleganti, profondi e tecnicamente ineccepibili mai pubblicati nella scena metalcore mondiale.

Sono passati un altro paio di anni e la band, dopo aver risposto affermativamente alla domanda “dobbiamo continuare a suonare?” (essendosi resi conto che riuscivano a comporre anche senza la persona che l’aveva sempre fatto) si è trovata dinnanzi ad una nuova questione: con Holy Hell si è chiuso un capitolo importante, ora, se si vuole continuare ad esistere, cosa si fa? In che direzione si va?

Dopo aver passato anni ad esplorare ogni doloroso sentimento dell’animo umano, la necessità è quella di guardare di nuovo fuori da sé, riprendendo in mano i temi e le battaglie che sono sempre state a loro care: il cambiamento climatico e il futuro del nostro pianeta.

Sorpresi? Chi conosce già gli Architects non dovrebbe, perché da anni tutti i membri della band sono dichiaratamente vegani, si concentrano sulla sostenibilità dei loro tour e del loro merchandising e sono aperti sostenitori della Sea Shepherd Conservation Society (un’organizzazione di “eco-pirati” di bandiera olandese, impegnati nella salvaguardia della fauna ittica e degli ambienti marini), di cui il cantante Sam Carter è anche uno degli ambasciatori britannici.

Liricamente parlando, le 15 tracce di For Those That Wish To Exist trattano dell’enorme impatto della catastrofe climatica che si sta abbattendo sulle nostre teste da due punti di vista. Da un lato la rabbia, il cinismo e lo sconforto per una situazione di cui si è consapevoli da decenni e per cui si è sempre scelto di non fare nulla, demandandola ad un futuro che inizia a non esserci più, perché ha preso ormai il nome di presente. Dall’altro lato una positività che non demorde e una speranza che non muore e si fa appello: ad alzarci e a sfidare una volta ancora i modelli che ci vengono proposti, lottando con passione e consapevolezza per un miglioramento collettivo.

Musicalmente parlando, invece, nei 58 minuti di quello che inizialmente avrebbe dovuto essere un doppio disco, troviamo l’altra parte della risposta alla domanda “e ora, in che direzione si va?”.

Dopo aver realizzato quanto di meglio fosse possibile in ambito di tecnicismi e di metalcore duro, puro e sofferente, cosa si può ancora offrire? Si ha a disposizione dei musicisti eccezionali e la notevole voce di Sam Carter, perché quindi non provare a usare una tavolozza di colori più ampia e sperimentare sfumature, riff, emozioni e melodie diverse?

Arriva un momento, per tutte le band che hanno raggiunto una certa notorietà e una cifra stilistica riconoscibile, in cui è necessario compiere una scelta fondamentale: continuare a riproporre in eterno la formula che ha avuto più successo o continuare ad evolversi, seguendo di volta in volta l’onda della propria creatività?

Trovandosi dinnanzi a questa dicotomica opzione e alla necessità di iniziare a scrivere un nuovo capitolo della loro storia, gli Architects hanno fatto la scelta più rischiosa e più sincera, dicendo basta alla preoccupazione di dover rispondere alle aspettative dei fan o della scena musicale di riferimento: basta al porsi continuamente dei limiti. Hanno deciso che era giunto il momento di essere onesti con se stessi, come artisti, e di creare in libertà, indipendentemente da tutto.

Suonare, in inglese, utilizza il verbo “to play”, che significa anche giocare. E un artista è giusto che giochi, si evolva e sperimenti: se è consapevole di quale è il suo suono più proprio, che si diverta a declinarlo nelle maniere che trova più interessanti per il suo percorso.

Groove industriali, momenti di ampio respiro ricchi di sintetizzatori e archi, il fascino del rock alternativo più mainstream e radio-friendly, la possibilità di far emergere le incredibili doti vocali di Sam Carter non solo come urlatore disperato ma anche come cantante, il tutto fuso in un approccio prepotentemente cinematografico nell’utilizzo della strumentazione a disposizione. La regola del gioco è una sola: divertirsi a rendere proprio anche quel mondo, non il contrario.

Anche nelle tre tracce che vedono la band collaborare con artisti del calibro di Winston McCall dei Parkway Drive, Mike Kerr dei Royal Blood e Simon Neil dei Biffy Clyro sono sempre gli Architects a tenere il coltello dalla parte del manico. Le influenze sperimentate sono sempre al servizio del loro suono e della loro identità, la quale non è mai messa in discussione, quanto piuttosto arricchita della possibilità di poter risplendere anche sotto una luce differente.

For Those That Wish To Exist è una scommessa vinta. Sam, Dan, Alex, Adam e Josh riescono a mantenere in ogni canzone un riconoscibile marchio Architects, fatto di riff caratteristici, scream sofferto e vibrante pesantezza, ma al tempo stesso a rinnovare quella formula, permettendole nuove sfumature grazie alle ibridazioni che le vengono offerte in pasto.

Se nel 2018 avevano realizzato quello che può essere definito solo come un capolavoro, nel 2021 gli Architects hanno compiuto il miracolo: rinascere e rinnovarsi con intelligenza, competenza e passione, affermandosi una volta di più come padroni del proprio destino, per un futuro che vedrà il loro nome risplendere ancora a lungo, e con inequivocabile merito.


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