Mettete nel lettore From The Fires, prima prova sulla lunga distanza dei Greta Van Fleet. Poi, sedetevi, indossate le cuffie e chiudete gli occhi. Quando parte Safari Song, canzone che apre le danze, è molto probabile che facciate un balzo dalla poltrona, esultando come pazzi per quello che penserete essere un nuovo disco dei Led Zeppelin, ricostituitisi con Jason Bonham dietro le pelli al posto del più famoso papà. Già, perché questi quattro ragazzi americani originari del Michigan sono a tutti gli effetti i nipotini cloni della mitica band capitanata da Robert Plant e Jimmy Page.
Il suono è più o meno lo stesso, declinato forse con un accento vagamente sudista; il cantante Josh Kiszka possiede la medesima predisposizione all’acuto del giovane Plant, con cui condivide estensione e potenza ma, a dire il vero, non la stessa versatilità; i suoi fratelli, Jake e Sam, rispettivamente alla chitarra e al basso, ci danno dentro alla grande e suonano maledettamente bene (il secondo più del primo); e Danny Wagner, che si accomoda alla batteria, è molto probabile che sia cresciuto a pane e John Bonham, perché ne replica il drumming alla perfezione.
Non pensiate, però, di essere di fronte a una sorta di cover band: questi ragazzi, pur esplicitando in modo diretto la loro fonte di ispirazione, riescono a essere credibili, non solo per le indubbie qualità tecniche (che se non possiedi nemmeno ti ci metti a imitare gli Zep), ma anche per la capacità di spostare il tiro verso altri bersagli (in scaletta due cover davvero riuscite: A Change Is Gonna Come di Sam Cooke riletta, ovviamente, in chiave rock, e Meet Me On The Ledge dei Fairport Convention, con l’ottimo drumming in levare di Wagner) e per l’originalità di certi arrangiamenti.
La band di Plant e Page resta comunque la spezia principale delle portate servite dai Greta Van Fleet: la citata Safari Song, che sembra un outtake da Led Zeppelin IV, Flower Power che ha il tocco vagamente folk che attraversava il terzo disco della band britannica, e la radiofonica Talk On The Street che ricorda molto gli Zep a fine carriera (qualcuno ha detto All My Love?), sono la prova provata di un’evidente filiazione. Insomma, se il menu è arcinoto, da parte loro i Greta Van Fleet ci mettono freschezza, l’entusiasmo dei vent’anni e una passione che hanno consentito loro di aggiudicarsi in men che non si dica il Grammy per la miglior band emergente del 2017. Amanti del rock seventies e nostalgici del “martello degli dei” prendete buona nota.