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REVIEWSLE RECENSIONI
13/11/2025
The Last Dinner Party
From The Pyre
Secondo album per la band inglese che sorprende ancora portando all’estremo la scelta di un genere musicale stupendamente fuori moda.

Una delle suggestioni che Prelude To Ecstasy mi aveva evocato, sin dai primi ascolti, era quella di essere una lunga citazione di “This Town Ain't Big Enough For Both Of Us” degli Sparks. Tutto l’album, intendo.

Per essere certo della mia sbalorditiva capacità predittiva, mi sono precipitato a controllare la data della pubblicazione della mia recensione (era il 18/02/2024) e a trovare traccia della prima testimonianza live della cover di quel brano nelle esibizioni delle The Last Dinner Party. Questa ufficiale registrata alla BBC Radio 2, per esempio, risale al 10/10 dello stesso anno, otto mesi dopo. Sicuramente sarete più bravi di me a scartabellare a ritroso negli angoli più remoti di YouTube e a trovarne una precedente alla mia intuizione. Io però, vi giuro, l’ho sentita la prima volta in quel live all’emittente britannica, e sono trasecolato. Ci avevo visto e sentito giusto. 

 

Mi ha fatto anche molto piacere che tutte le altre similitudini che avevo colto tra la band londinese rivelazione dello scorso anno e il mio universo sonoro, formatosi a mia insaputa da bambino a metà degli anni '70 e alimentato dal pop glam dell’età dell’oro degli Eurovision Song Contest e di band del calibro dei The Rubettes, non erano solo una trovata marketing studiata per rompere la monotonia dei soliti esordi della nuova british invasion. Kate Bush, Elton John, i Queen, persino i Cheap Trick, sono stati prontamente confermati e potete trovarli ancora tutti nel seguito di quella dirompente opera prima che ci ha fatto cantare un passaggio del loro più iconico ritornello all’infinito, come se niente importasse.

E mi riempie di gioia anche sapere che il gruppo di Abigail Morris, Lizzie Mayland, Emily Roberts, Georgia Davies e Aurora Nishevci (il fatto che non abbiano una batterista fissa mi indispone non poco) abbia raccolto la sfida di un esordio dal successo così impegnativo riuscendo a non spostare di una tacca il proprio posizionamento. C’è da dire che, per una band così intensamente impegnata dal vivo e così richiesta in ogni angolo del pianeta, trovare il tempo per comporre il disco della conferma si delineava come un’impresa più che ardua. Non a caso, ci sono spunti e composizioni più o meno contemporanee a Prelude To Ecstasy, tra i solchi di From The Pyre, se non risalenti a prima. Questo spiega la straordinaria linearità tra i due lavori, resa meno credibile solo dalla maturità superiore con cui il nuovo disco è stato realizzato (e dalla produzione di Markus Dravs). In poche parole, From The Pyre è un album di cover della band che ha pubblicato Prelude To Ecstasy suonato da una versione evoluta delle stesse musiciste ancora più consapevoli delle proprie potenzialità. 

 

Una ricerca autoriferita e volta a perfezionare al massimo lo stile pop barocco di cui rappresentano, ad oggi, le interpreti più convincenti e divertenti. In tutte le dieci tracce le ragazze confermano di essere pienamente sicure di sé e di essere strumentiste di altissimo livello (le esecuzioni live rendono impeccabilmente come sul disco). L’approccio drama e teatrale di From The Pyre è alimentato da connotazioni decadenti al limite del grottesco, influenzato ancora una volta dalla componente estetica della loro proposta e dal modo di allestire la scenografia in cui esercitano la loro arte e di posizionarla come quinta di tutte le dimensioni dei loro brani. 

L’album comprende una raccolta di storie che variano dall’immaginario un po’ macabro e a tratti granguignolesco imposto dal background culturale a cui il progetto è ispirato (“This Is The Killer Speaking” su tutte, una ballata di un fantasma parlante) ed esplicitamente rappresentate dal riuscitissimo effetto kitsch della terribile photoshoppata della copertina, che vanno a completare alcuni episodi, decisamente più sentiti, ispirati dal vissuto personale.

È verso la coda del disco, infatti, che la band si spoglia degli abiti da palcoscenico e ci lascia con le composizioni più intime e personali e, per questo, decisamente più convincenti, a partire dall’esplicita dedica alla genitorialità di “Hold Your Anger” (“Non so se sarei una brava madre, ho sognato che ti tagliavi un braccio e la colpa è mia, avrei dovuto dirti di stare più attenta”) e soprattutto con “The Scythe”, che rende complementari due esperienze della cantante come il dolore di una separazione sentimentale sovrapposta alla morte del padre (il video è decisamente struggente, peraltro). Inutile sottolineare quanto sia questo l’aspetto delle The Last Dinner Party in grado di restituirne il valore più autentico.

 

From The Pyre, più che la conferma di un debutto, è la riuscita consacrazione di un ensemble temerario che ha saputo non scendere a compromessi ma anzi, laddove possibile, a rendere ancora più piacevolmente leziosa e audace la sua improbabile proposta senza rinunciare alla profondità dei contenuti.