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REVIEWSLE RECENSIONI
Getting Killed
Geese
2025  (Partisan/Play It Again Sam)
IL DISCO DELLA SETTIMANA INDIE ROCK
8,5/10
all REVIEWS
29/09/2025
Geese
Getting Killed
E ora qualcosa di completamente diverso.

Un aspetto che non passa inosservato dei tre album e mezzo pubblicati dai Geese nel corso della loro carriera è l’inspiegabile resa finale che hanno il timbro di Cameron Winter e il suo modo di modulare la voce uniti alle trovate armoniche e ritmiche utilizzate per le canzoni, una combo che un ascolto poco preparato alla fisionomia artistica di questa band indurrebbe chiunque allo skip dopo pochi secondi. La prova è che sia l’involontario post-punk di Projector, sia l’improbabile indie country di 3D Country, e, più di ogni altro, l’eclettico e squilibrato pop rock blues di Getting Killed, alla resa dei conti non fanno una piega. Irresistibili come pochi, finisce il disco e lo rimetti per ricominciare da capo, con quell’ebbrezza indotta solo dalla consapevolezza che stai perdendo tempo ma non puoi farne a meno.

Ci vorrebbe piuttosto un procedimento inverso, abbastanza alla portata di tutti ai tempi dell’IA: se è innegabile che nelle tracce dei Geese gli strumenti facciano il loro dovere, anche con sorprendenti vette di originali tecnicismi, allora un cantante meno irritante e più sui generis potrebbe anche fare miracoli. Ma Cameron Winter, un personalissimo crooner a sua insaputa per due quarti Julian Casablancas, un quarto Mick Jagger e un quarto Ian McCulloch, se la cava egregiamente anche da solo - formula già testata nel suo album realizzato senza il resto della band - e consente all’ensemble newyorkese quel vantaggio competitivo che è solo loro e di nessun altro.

Dirompente come tutte le intuizioni proposte da persone così sfacciate da fare il giro della presunzione e risultare sinceramente sicure delle proprie possibilità, Getting Killed vi convincerà a tal punto da farvi dubitare sul motivo per cui i Geese non siano ancora universalmente riconosciuti come il nuovo fenomeno della musica contemporanea, in grado di influenzare senza possibilità di ritorno tutto ciò che verrà dopo.

 

Le decostruzioni di genere ai confini del noise-free jazz urlato di “Trinidad” vi sembreranno la cosa più naturale sulla terra, e tutte le volte che vi sentirete chiamare baby in “Cobra” vi faranno capitolare come frutta matura dall’albero. Il gospel di “Husbands” vi persuaderà dell’urgenza di partecipare a un’opera così collettiva e trascinante, mentre i cori in ucraino campionati sotto il riff di chitarra fuzz della title track metteranno sotto una luce diversa le bizzarre risoluzioni e i pattern dispari di batteria e percussioni a cui vi troverete esposti di lì a poco.

I virtuosismi blues della melodia faranno trascorrere più in fretta l’apparente lungaggine di “Islands Of Men” (tenete duro fino alla fine e scoprirete perché), e il groove psichedelico di “100 Horses” (o forse 124, d’altronde “tutti i cavalli devono ballare perché c'è musica da ballo solo in tempo di guerra”, così dice il testo) vi travolgerà definitivamente. “Half Real” vi metterà a dura prova, ma sarete ricompensati dalla accomodante leggerezza di “Au Pays du Cocaine” e dall’intrigante crescendo della coda.

La portata non convenzionale e l’ermetismo lirico di “Bow Down” vi faranno riflettere sul disprezzo nei confronti di qualunque stile precostituito maneggiato da questi ragazzi, ma il pop facilone in cui sfocia il brano successivo, “Taxes”, vi farà tornare sui vostri passi, rendendovi di certo più indulgenti. E, in chiusura, “Long Island City Here I Come”, perfetta sintesi artistica di tutto il resto dell’album, influenzerà - come successo con me - il vostro giudizio finale su un lavoro reso così accuratamente alieno, complice la produzione di Kenneth Blume.

 

Con Getting Killed i Geese riemergono dal calderone in cui la critica li aveva gettati marchiandoli irrimediabilmente ai tempi dell’esordio, accostandoli al prog-post punk di Black Midi e Squid. Il loro è probabilmente l’approccio compositivo più naif e no-jazz di tutta la musica che si sente in giro. A fronte di un lavoro così audace non dovete aspettarvi nulla perché potete aspettarvi di tutto. Un gesto estremo e ribelle di rinuncia all’ordine, agito con coraggioso rigore e condotto con ineccepibile metodo.