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REVIEWSLE RECENSIONI
25/10/2022
Russian Circles
Gnosis
Il disco più estremo dei Russian Circles, crocevia della morte fra sludge metal e post rock.

Gnosis, l'ottavo album della band post rock americana dei Russian Circles, deriva il proprio titolo dallo gnosticismo, il termine si riferisce alla conoscenza spirituale, in particolare ai mezzi esoterici attraverso i quali gli esseri umani possono intravedere la vera natura del divino.

La band di Chicago è da sempre abituata a esplorare questo tipo di temi concettualmente impegnativi, e lo fa utilizzando trame sonore dense, bordate elettriche, groove ipnotici e un’esposizione semplice del movimento, per trasmettere, in modo immediato, una vasta gamma di emozioni. La solennità della loro musica, a dire il vero, potrebbe essere un macigno da portare, se non fosse così abilmente bilanciata dalla loro abilità compositiva e da una vibrante profondità emotiva.

Gnosis è probabilmente l'album più pesante, cupo e immediato dei Russian Circles, una sorta di crocevia in cui si scontrano la potenza dello sludge metal e le suggestioni cinematografiche del post rock. A causa della pandemia, il disco è stato concepito in maniera diametralmente opposta al consueto modus operandi (idee sviluppate e arricchite tramite sessioni in sala prove), e si compone di tracce scritte a distanza dai singoli membri del trio. Ciò conferisce alla scaletta un’esposizione chiara e, strano a dirsi, un più intenso senso di urgenza.

Se, infatti, i precedenti album della band esploravano trame prog-rock e dolci inflessioni psichedeliche, Gnosis raramente si abbandona a queste modalità espressive, cercando invece la forza e la brutalità come mood predominante. I riff di chitarra sono tra i più violenti che la band abbia mai scritto, basta ascoltare il fragore di "Tupilak" o le esplosioni black metal che aprono "Betrayal", per rendersi conto di quanta rabbia bruci in queste sette composizioni. Inevitabile, quindi, che Gnosis si incammini verso direzioni oscure e cupe, senza, tuttavia, perdere il consueto timbro maestoso e quelle suggestioni cinematiche che sono un marchio di fabbrica della band.

Ci sono, tuttavia, anche momenti di leggerezza all'interno di questo ribollente magma elettrico. La prima metà della title track riecheggia le esplorazioni sui precedenti album dei Russian Circles attraverso strutture di rock progressive, mentre la conclusiva "Bloom" è avvolta di malinconica dolcezza, quasi una luce alla fine del tunnel, un momento di stasi emotiva. Queste tracce sono rari barbagli di sole che attraversano l'oscurità viscosa della scaletta e portano lenimento ai padiglioni auricolari.

Come nel caso di ogni uscita dei Russian Circles, la produzione di Gnosis è straordinariamente ben realizzata, il nucleo fondante della registrazione è basata su una combinazione da sogno fra basso e batteria, realizzata presso l'Electric Audio di Steve Albini e mixata da Kurt Ballou nel suo studio God City. Questo ensemble di alto livello ha costruito una tavolozza sonora che si traduce in un suono diretto, verace e, comunque, abilmente organizzato.

Gnosis è uno degli album più duri e spietati dei Russian Circles, un disco che esplora gli angoli cupi del precedente Blood Year, iniettandoli, però, con rinnovata pesantezza e intensità. È allo stesso tempo, un album in cui il corporeo, una materia carnale e sanguinea, convive con una dimensione più cerebrale, in un'esplorazione intenzionalmente livida del mondo post pandemia, che pesa tanto sulla testa quanto sull'anima. Da ascoltare a volumi esagerati.