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REVIEWSLE RECENSIONI
Graduated Unskilled: un tributo ai Replacements
AA.VV.
2022  (Moquette Records/Dischi Soviet Studio/Dynamic and Economic Records)
PUNK ALTERNATIVE ROCK
8/10
all REVIEWS
16/12/2022
AA.VV.
Graduated Unskilled: un tributo ai Replacements
Graduated Unskilled è un atto d’amore talmente intenso che è impossibile non parlarne. Una compilation di 19 brani per un’ora abbondante di durata che onora i Replacements, una band che “esiste” in chiunque abbia un passato o un presente Indie, Punk o affini. Se amate i Replacements, ma anche se non li avete mai sentiti nominare, Graduated Unskilled è un disco da avere a tutti i costi.

Tra le tante affermazioni che si potrebbero sottoscrivere sui Replacements, basterebbe quella di Carlo Pinchetti, uno degli artefici principali di questo monumentale progetto: “I Replacements sono una band che “esiste” in chiunque abbia un passato o un presente Indie, Punk o affini”.

Già, perché in generale le band, per lo meno quelle che hanno lasciato una qualche traccia di sé, si potrebbero dividere in tre gruppi: quelle che hanno avuto il successo commerciale, quelle che hanno influenzato artisticamente i gruppi che sono venuti dopo e, infine, quelle poche fortunate che sono state in grado di ottenere entrambe le cose.

I Replacements, va da sé, appartengono alla seconda categoria. Amati incondizionatamente dagli artisti e dagli appassionati di musica (nel mio piccolo non ho mai incontrato nessuno che dicesse: “Non mi piacciono” o che li considerasse poca roba), ignorati nel modo più completo dagli ascoltatori più generalisti e impreparati. Accade ovviamente in Italia ma non credo che all’estero sia molto diverso: chiunque abbia mai preso in mano uno strumento per suonare qualunque cosa rientri sotto l’etichetta “Rock alternativo” ha prima o poi dovuto confrontarsi col loro repertorio; tutti gli altri difficilmente li hanno mai sentiti nominare.

Il che è abbastanza assurdo, se si pensa che Paul Westerberg ha sempre avuto uno spessore ed un carisma per nulla inferiore a quello di una qualunque rockstar dalla fama planetaria, oltre ad essere dotato di una capacità disarmante di sfornare potenziali hit una dopo l’altra.

Davvero, ad ascoltare tutti di fila i (pochi) dischi che hanno fatto, quasi non ci si crede: dall’Hardcore brutale e al contempo lucidissimo degli esordi, passando attraverso il Punk, l’alternative, il sound più muscolare degli stadi e addirittura una fase da cantautore di razza, tra ballate acustiche ed incursioni nel Country, l’artista di Minneapolis ha sempre fatto viaggiare la propria creatura a livelli altissimi e la domanda sul perché non sia annoverato tra le grandi icone del rock non sembra proprio avere una risposta semplice.

 

Graduated Unskilled non cambierà di certo le cose dalle nostre parti, ma è un atto d’amore talmente intenso che è impossibile non parlarne. Partiamo dal fatto che questa compilation di 19 brani per un’ora abbondante di durata proviene dagli sforzi di musicisti che del loro padre putativo hanno condiviso anche il destino artistico. I nomi qui presenti sono davvero dei Beautiful Losers, gente che ci ha provato indefessamente per anni (in qualche caso decenni) ma che non ha mai raccolto nulla o quasi; nomi che, a leggerli tutti quanti uno dopo l’altro, bisognerà essere davvero dei cultori della scena indipendente per ricordarne anche solo una manciata.

Ma va bene così, in fondo. Le tre etichette che hanno creduto nel progetto (Moquette Records, Dischi Soviet Studio, Dynamic and Economic Records) lo hanno fatto anche loro per passione, e la qualità media è talmente alta che l’unica cosa sensata da fare e godersi questi brani in successione senza troppi commenti.

 

Impossibile in questa sede dedicare una parola ad ogni singola traccia. Basterà dire che i titoli sono stati scelti da tutto il repertorio dei Replacements, con ogni artista che si è cimentato in ciò che riteneva più significativo per lui, senza troppa preoccupazione di compilare un ideale greatest hits. Per cui, se aprire con “Bastards of Young” (una rilettura molto credibile da parte dei The Junction, che ne conserva intatto lo spirito originario) può apparire un atto doveroso, è altrettanto interessante constatare la presenza di alcune gemme minori del catalogo del gruppo di Minneapolis. Da una oscura “Nightclub Jitters” fatta magnificamente propria da Claudia Buzzetti (oltretutto la sua band Hootenanny è un ulteriore omaggio, che sia diretto o meno), che ne accentua la componente jazzy, per arrivare poi a Carlo Pinchetti, che rifà benissimo “Sadly Beautiful”, direttamente da quel All Shook Down che rappresentò il canto del cigno per Westerberg e compagni e che i fa irriducibili non hanno mai amato particolarmente. Si tratta invece di una gran bella versione, impreziosita dal violoncello di Elena Ghisleri e dagli apporti di Pete Mayhew dei Gently Tender, che fa capire molto bene dove stanno piantate le radici del musicista bergamasco. Che è presente anche con i suoi Lowinsky, scioltisi durante la pandemia, poco dopo la pubblicazione, in circostanze non proprio favorevoli, del loro Oggetti smarriti. Qui c’è “Waitress in the Sky”, e questa rilettura insolitamente malinconica rappresenta oltretutto l’ultima testimonianza di quella line up, essendo l’ultimo brano in assoluto da loro registrato.

Di doppia partecipazione si parla anche per Edward Abbiati, tra i nomi più noti in elenco, che da solista si cimenta con la cantautorale “If Only You Were Lonely”, e ripesca dagli archivi dei defunti Lowlands il classico “Left of the Dial”, molto presente nelle prime setlist della band.

Tra gli act ormai scomparsi e ripescati ad hoc per il progetto, quello che fa battere maggiormente il cuore sono i Dust, che in “Rock N’ Roll Ghost” infondono la loro più intima essenza, rendendola più scura che mai, coi soliti riferimenti ai The National che erano un po’ il loro marchio di fabbrica.

 

Per quanto riguarda la fase Punk del repertorio, c’è stata una certa cura filologica nelle riproposizioni, per cui sia la “Good Damn Job” di Lester Greenpwsky sia la “Stuck in the Middle” dei Temporal Sluts funzionano alla grande pur senza aggiungere nulla; stesso discorso potremmo fare per inni senza tempo come “Answering Machine”, interpretata dai Laser Geyser in modo molto potente e anthemico, con un suono generalmente più “spesso” che nella versione originale. Fedeli al modello anche i The Crooks, icona minore del Punk nostrano, con una credibilissima “I’m in Trouble”.

Sul lato Folk invece, molto bene Irene Sciacovelli, che si comporta ottimamente con una “Achin’ to Be” particolarmente pulita, mentre i Broomdogs donano a “Portland” una leggerezza quasi eterea.

 

Se dovessi però indicare le prove più coraggiose, quelle che più mi hanno sorpreso, punterei l’attenzione su queste tre: “Kiss Me on the Bus” dell’Armata delle Tenebre, che trasforma un brano tutto sommato romantico e festaiolo un uno spettrale Shoegaze, con un muro di chitarre a dominare ed una voce che sembra provenire da un’altra dimensione; “I Will Dare” di Jim Mannez (ex Madre degli Orfani), versione lenta e trasandata, quasi a la Tom Waits, per la celebre traccia di apertura di Let It Be, che si muoveva ovviamente su tutt’altre coordinate; e per finire, quella che per il sottoscritto rappresenta il punto più alto di questa raccolta, vale a dire “The Ledge”, che nelle mani dei Soviet Malpensa (band tanto brava quanto sottovalutata, recuperate le loro cose se potete) si trasforma in una straniante marcia Dark Wave, resa ancora più bella da un’accelerazione ritmica nella parte finale.

 

Se amate i Replacements, ma anche se non li avete mai sentiti nominare, Graduated Unskilled è un disco da avere a tutti i costi.