Cerca

logo
REVIEWSLE RECENSIONI
15/02/2023
Laura Cox
Head Above Water
Terzo album per la chitarrista francese, che raggiunge la piena maturità con undici canzoni in bilico fra vibrante energia e appassionate ballate dal retrogusto southern.

Laura Cox ha costruito l’immagine e la carriera partendo da Youtube, piattaforma su cui ha spopolato grazie alle sue genuine e appassionate riletture di classici blues e rock. Una mossa astuta, che le ha garantito visibilità, ma non certo fine a se stessa, visto che la ragazza parigina è artista a tutto tondo, suona la chitarra da Dio, scrive ottime canzoni e quando sale sul palco sa esattamente come surriscaldare la platea.

Questo nuovo Head Above Water è il suo terzo album in studio, il secondo a proprio nome (il primo uscì come Laura Cox Band), ed arriva ben quattro anni dopo il celebrato Burning Bright, quello che fu il disco della definitiva consacrazione. In questo periodo, al netto dei problemi creati dalla pandemia e dell’impossibilità di suonare dal vivo, la Cox non è rimasta, però, con le mani in mano, ha composto, ha affinato la sua tecnica e ha preso lezioni di canto, per potersi migliorare anche sotto questo aspetto, che era forse il suo punto debole.

Oggi, la chitarrista francese è più matura e consapevole, ha sviluppato ulteriormente il suo approccio non convenzionale al genere, che ha entusiasmato tanto la scena francese (ed europea) che quella americana, ma non ha perso la sua autenticità, grazie alla vitale energia magnetica dei suoi riff esplosivi e all’amore incondizionato per quelle sonorità classiche mutuate dagli States e rielaborate con gusto personalissimo.

Se Burning Bright era un disco arrembante, diretto, che prendeva a sportellate l’ascoltatore con un impatto sonoro potentissimo da rock in purezza, Head Above Water imbocca anche strade diverse, è più misurato nella produzione e nei suoni, più ragionato negli arrangiamenti, e ciò nonostante non ha perso un grammo della veracità che caratterizza le belle canzoni della chitarrista parigina.

La title track apre il disco sfoggiando un riff stonesiano, rock blues vibrante, connubio fra melodia ed elettricità, un lavoro alla chitarra efficace ma misurato. Sulla stessa autostrada rock blues, proseguono le successive "So Long" e "One Big Mess", la prima più cadenzata e sorniona, la seconda, che ammalia con una breve intro atmosferica, più scattante e sanguigna (e con un assolo da capogiro). Tre canzoni che rappresentano al meglio il tiro a cui la Cox ci ha abituati da sempre, ma che non esauriscono certo un arsenale di gran lunga più vario.

Head Above Water, infatti, più che negli album che l’hanno preceduto, esplora i territori della ballata con risultati eccellenti, grazie a un mix perfettamente equilibrato di melodie uncinanti, airplay radiofonico e una strumentazione (banjo e lap steel) che evoca sonorità roots americane. In tal senso, la malinconica "Old Soul", punteggiata da un godurioso arpeggio di banjo, "Before We Get Burned", perfetta per scorrazzare in pick up tra le strade polverose del Tennessee, e, soprattutto, l’ombrosa "Seaside" e la meditabonda, conclusiva, "Glassy Days", sono espressione di una maturità compositiva che ha trovato oggi la sua più compiuta realizzazione. Brani che, oltretutto, contribuiscono a rendere varia la composizione della scaletta e a stemperare il sacro fuoco del rock che anima canzoni sferraglianti come "Fever" e la dardeggiante "Swing It Out".

Head Above Water è quello che, banalmente, potremmo definire il disco della maturità, la conclusione di un percorso di crescita che ha portato Laura Cox a essere, lei, francese di nascita, una delle più credibili interpreti femminili di un americanissimo rock blues dagli accenti southern e roots. Undici canzoni coese, ben amalgamate, che sanno toccare corde diverse e uscire dalla logica di certi dischi di genere che esibiscono solo muscoli e poco pathos. Tecnica, songwriting, grinta e un po' french touch malinconico che non guasta: ottimo ascolto.