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REVIEWSLE RECENSIONI
07/07/2017
Ron Gallo
Heavy Meta
Gallo, per qualità di scrittura, ha un approccio da veterano, mentre per esecuzione, prevale l’indole spavalda e giovanilistica del neofita punk che lancia il cuore oltre la barricata

Un vecchio e saggio proverbio recita:”La mela non cade mai troppo lontano dall’albero”. Il senso della frase è abbastanza ovvio e sta a significare, più o meno, che il dna non inganna e che chi nasce per filiazione difficilmente avrà segni caratteriali opposti a chi l’ha generato. Tuttavia, quello che succede a Ron Gallo, frontman dei Toy Soldier, e qui al suo primo album solista, mette in dubbio un assunto che sembrava non fare una piega. I Toy Soldier arrivano da Philadelphia (Pennsylvania), sono in attività da una decina d’anni e frequentano con maestria un genere in cui confluiscono blues, folk, soul e roots rock. Un suono decisamente americano e legato alle radici che, evidentemente, a Ron Gallo sta stretto. Il cantante e chitarrista, infatti, non ha mai nascosto una passione giovanile per grandi gruppi e artisti, che col suono americano più tradizionale hanno ben poco a che vedere: Marc Bolan, Lou Reed, The Who, Mott The Hoople e Beatles. Una serie di riferimenti, quindi, prevalentemente britannici che costituiscono l’ossatura di Heavy Meta (non è un errore di battitura, nel titolo manca proprio la L), album d’esordio pubblicato per la celebre New West Label, etichetta americana dedita prevalentemente a sonorità roots. Tutto il contrario, cioè, dei suoni che ascolterete in un disco già accreditato da certa stampa americana come tra i più interessanti (ed entusiasmanti) del 2017. In undici canzoni, racchiuse in un packaging che più glamour non si può, Gallo sfodera tutto il suo armamentario chitarristico, costruendo un disco in cui i riferimenti citati ci sono proprio tutti. Eppure, nonostante le infinite citazioni, non c’è una solo nota che sembra il frutto di nostalgico passatismo. Gallo, per qualità di scrittura, ha un approccio da veterano, mentre per esecuzione, prevale l’indole spavalda e giovanilistica del neofita punk che lancia il cuore oltre la barricata, sfoderando un’energia e una grinta che da tempo non ascoltavo. La miscela è esplosiva: punk’n’roll, garage, brit pop e generose pennellate di glam rock. Per intenderci è come se i primi Arctic Monkeys suonassero il repertorio dei T-Rex. La produzione è pressoché perfetta e si percepisce una compattezza stilistica, non certo riferibile a un esordiente, ma a chi ha già creato un suono ben identificabile, solido e urticante. Un esordio ribollente, in cui i momenti topici si sprecano, come nel garage 3.0 di Puts The Kids To Bed, nel mid – tempo rock di Poor Traits Of The Artist, nella ballata beatlesiana in quota Lennon di Can’t Stand You o nelle schitarrate glam della magnifica Young Lady, You Scaring Me. A chiosa del disco, arriva All The Punks Are Domesticated, una ballata che è già un istant classic, un pezzo che odora di leggenda fin dalle prime note, con cui Gallo si sofferma con sarcasmo sullo stato dell’arte dell’attuale movimento punk rock (“All the rock stars are behind the bar/ serving computers with acoustic guitars/ It’s a travesty”). Heavy Meta non è solo un esordio fulminante ma anche un disco che è davvero impossibile togliere dal lettore. Di questa uscita, in Italia, se ne sono accorti in pochissimi, ma sono pronto a scommettere che, non appena il nome di Gallo inizierà a circolare, le riviste specializzate verseranno fiumi d’inchiostro.